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martedì 3 agosto 2010

Luigi Pirandello - * * * L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA * * * - Atto Unico


Luigi Pirandello
L'uomo dal fiore in bocca
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: L'uomo dal fiore in bocca
AUTORE: Pirandello, Luigi
TRADUZIONE E NOTE:
NOTE:
DIRITTI D'AUTORE: sì
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
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TRATTO DA: L'uomo dal fiore in bocca, di Luigi Pirandello.
CODICE ISBN: informazione non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 13 gennaio 1996
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L'uomo dal fiore in bocca
di Luigi Pirandello
Persone del dialogo
L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA
UN PACIFICO AVVENTORE
N. B. -Verso la fine, ai luoghi indicati, sporgerà due volte il capo dal cantone un'ombra di donna, vestita di
nero, con un vecchio cappellino dalle piume piangenti.
Si vedranno in fondo gli alberi d'un viale, con le lampade elettriche che traspariranno di tra le foglie. Ai
due lati, le ultime case d'una via che immette in quel viale. Nelle case a sinistra sarà un misero Caffè
notturno con tavolini e seggiole sul marciapiede. Davanti alle case di destra, un lampione acceso. Allo
spigolo dell'ultima casa a sinistra, che farà cantone sul viale, un fanale anch'esso acceso. Sarà passata
da poco la mezzanotte. S'udrà da lontano, a intervalli, il suono titillante d'un mandolino.
Al levarsi della tela, l'Uomo dal fiore in bocca, seduto a uno dei tavolini, osserverà a lungo in silenzio
l'Avventore pacifico che, al tavolino accanto, succhierà con un cannuccio di paglia uno sciroppo di
menta.
L'UOMO DAL FIORE. Ah, lo volevo dire! Lei dunque un uomo pacifico è... Ha perduto il treno?
L'AVVENTORE. Per un minuto, sa? Arrivo alla stazione, e me lo vedo scappare davanti.
L'UOMO DAL FIORE. Poteva corrergli dietro!
L'AVVENTORE. Già. E` da ridere, lo so. Bastava, santo Dio, che non avessi tutti quegli impicci di
pacchi, pacchetti, pacchettini... Più carico d'un somaro! Ma le donne - commissioni... commissioni... - non
la finiscono più. Tre minuti, creda, appena sceso di vettura, per dispormi i nodini di tutti quei pacchetti
alle dita; due pacchetti per ogni dito.
L'UOMO DAL FIORE. Doveva esser bello! Sa che avrei fatto io? Li avrei lasciati nella vettura.
L'AVVENTORE. E mia moglie? Ah sí le mie figliuole? E tutte le loro amiche?
L'UOMO DAL FIORE. Strillare! Mi ci sarei spassato un mondo.
L'AVVENTORE. Perché lei forse non sa che cosa diventano le donne in villeggiatura!
L'UOMO DAL FIORE. Ma sí che lo so. Appunto perché lo so.
Pausa
Dicono tutte che non avranno bisogno di niente.
L'AVVENTORE. Questo soltanto? Capaci anche di sostenere che ci vanno per risparmiare. Poi, appena
arrivano in un paesello qua dei dintorni, piú brutto è, piú misero e lercio, e piú imbizzarriscono a pararlo
con tutte le loro galanterie più vistose! Eh, le donne, caro signore! Ma del resto è la loro professione... -
“Se tu facessi una capatina in città, caro! Avrei proprio bisogno di questo... di quest'altro... e potresti
anche, se non ti secca (caro, il “se non ti secca”) ... e poi, giacché ci sei, passando di là...” - Ma come vuoi,
cara mia, che in tre ore ti sbrighi tutte codeste faccende? - “Uh, ma che dici? Prendendo una vettura...” - Il
guajo è che, dovendo trattenermi tre ore sole, sono venuto senza le chiavi di casa.
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L'UOMO DAL FIORE. Oh bella! E perciò?
L'AVVENTORE. Ho lasciato tutto quel monte di pacchi e pacchetti in deposito alla stazione; me ne sono
andato a cenare in trattoria; poi, per farmi svaporar la stizza, a teatro. Si crepava dal caldo. All'uscita,
dico, che faccio? Sono già le dodici; alle quattro prendo il primo treno; per tre orette di sonno, non vale la
spesa. E me ne sono venuto qua. Questo caffè non chiude, è vero?
L'UOMO DAL FIORE. Non chiude, nossignore.
Pausa
E cosí ha lasciato tutti quei pacchetti in deposito alla stazione?
L'AVVENTORE. Perché me lo domanda? Non vi stanno forse sicuri? Erano tutti ben legati...
L'UOMO DAL FIORE. No, no, non dico!
Pausa
Eh, ben legati, me l'immagino: con quell'arte speciale che mettono i giovani di negozio nell'involtare la
roba venduta...
Pausa
Che mani! Un bel foglio grande di carta doppia, rossa, levigata... ch'è per se stessa un piacere vederla...
cosí liscia, che uno ci metterebbe la faccia per sentirne la fresca carezza... La stendono sul banco e poi con
garbo disinvolto vi collocano su, in mezzo, la stoffa lieve, ben piegata. Levano prima da sotto, col dorso
della mano, un lembo; poi, da sopra, vi abbassano l'altro e ci fanno anche, con svelta grazia, una
rimboccaturina, come un di piú per amore dell'arte; poi ripiegano da un lato e dall'altro a triangolo e
cacciano sotto le due punte; allungano una mano alla scatola dello spago; tirano per farne scorrere quanto
basta a legare l'involto, e legano cosí rapidamente, che lei non ha neanche il tempo d'ammirar la loro
bravura, che già si vede presentare il pacco col cappio pronto a introdurvi il dito.
L'AVVENTORE. Eh, si vede che lei ha prestato molta attenzione ai giovani di negozio.
L'UOMO DAL FIORE. Io? Caro signore, giornate intere ci passo. Sono capace di stare anche un'ora
fermo a guardare dentro una bottega attraverso la vetrina. Mi ci dimentico. Mi sembra d'essere, vorrei
essere veramente quella stoffa là di seta... quel bordatino... quel nastro rosso o celeste che le giovani di
merceria, dopo averlo misurato sul metro, ha visto come fanno? se lo raccolgono a numero otto intorno al
pollice e al mignolo della mano sinistra, prima d'incartarlo.
Pausa
Guardo il cliente o la cliente che escono dalla bottega con l'involto appeso al dito o in mano o sotto il
braccio... Li seguo con gli occhi, finché non li perdo di vista... immaginando... - uh, quante cose
immagino! Lei non può farsene un'idea.
Pausa - Poi, cupo, come a se stesso:~
Ma mi serve. Mi serve questo.
L'AVVENTORE. Le serve? Scusi... che cosa?
L'UOMO DAL FIORE. Attaccarmi cosí - dico con l'immaginazione - alla vita. Come un rampicante
attorno alle sbarre d'una cancellata.
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Pausa
Ah, non lasciarla mai posare un momento l'immaginazione: - aderire, aderire con essa, continuamente, alla
vita degli altri... - ma non della gente che conosco. No, no. A quella non potrei! Ne provo un fastidio, se
sapesse, una nausea. Alla vita degli estranei, intorno ai quali la mia immaginazione può lavorare
liberamente, ma non a capriccio, anzi tenendo conto delle minime apparenze scoperte in questo e in
quello. E sapesse quanto e come lavora! fino a quanto riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e di
quello; ci vivo; mi ci sento proprio, fino ad avvertire... sa quel particolare alito che cova in ogni casa?
nella sua, nella mia. - Ma nella nostra, noi, non l'avvertiamo più, perché è l'alito stesso della nostra vita, mi
spiego? Eh, vedo che lei dice di sí...
L'AVVENTORE. Sí, perché... dico, deve essere un bel piacere codesto che lei prova, immaginando tante
cose...
L'UOMO DAL FIORE (con fastidio, dopo averci pensato un po'). Piacere? Io?
L'AVVENTORE. Già... mi figuro...
L'UOMO DAL FIORE. Mi dica un po'. E` stato mai a consulto da qualche medico bravo?
L'AVVENTORE. Io no, perché ? Non sono mica malato!
L'UOMO DAL FIORE. Non s'allarmi! Glielo domando per sapere se ha mai veduto in casa di questi
medici bravi la sala dove i clienti stanno ad aspettare il loro turno per essere visitati.
L'AVVENTORE. Ah, sí. Mi toccò una volta d'accompagnare una mia figliuola che soffriva di nervi.
L'UOMO DAL FIORE. Bene. Non voglio sapere. Dico, quelle sale...
Pausa
Ci ha fatto attenzione? Divano di stoffa scura, di foggia antica... quelle seggiole imbottite, spesso
scompagne... quelle poltroncine... E` roba comprata di combinazione, roba di rivendita, messa lí per i
clienti; non appartiene mica alla casa. Il signor dottore ha per sé, per le amiche della sua signora, un ben
altro salotto, ricco, bello. Chi sa come striderebbe qualche seggiola, qualche poltroncina di quel salotto
portata qua nella sala dei clienti a cui basta questo arredo cosi, alla buona, decente, sobrio. Vorrei sapere
se lei, quando andò con la sua figliuola, guardò attentamente la poltrona o la seggiola su cui stette seduto,
aspettando.
L'AVVENTORE. Io no, veramente...
L'UOMO DAL FIORE. Eh già; perché non era malato...
Pausa
Ma neanche i malati spesso ci badano, compresi come sono del loro male.
Pausa
Eppure, quante volte certuni stanno lí intenti a guardarsi il dito che fa segni vani sul bracciuolo lustro di
quella poltrona su cui stan seduti! Pensano e non vedono.
Pausa
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Ma che effetto fa, quando poi si esce dalla visita, riattraversando la sala, il rivedere la seggiola su cui
poc'anzi, in attesa della sentenza sul nostro male ancora ignoto, stavamo seduti! Ritrovarla occupata da un
altro cliente, anch'esso col suo male segreto; o là, vuota, impassibile, in attesa che un altro qualsiasi venga
a occuparla.
Pausa
Ma che dicevamo? Ah, già... I1 piacere dell'immaginazione. - Chi sa perché, ho pensato subito a una
seggiola di queste sale di medici, dove i clienti stanno in attesa del consulto!
L'AVVENTORE. Già... veramente...
L'UOMO DAL FIORE. Non vede la relazione? Neanche io.
Pausa
Ma è che certi richiami d'immagini, tra loro lontane, sono cosí particolari a ciascuno di noi; e determinati
da ragioni ed esperienze cosí singolari, che l'uno non intenderebbe più l'altro se, parlando, non ci
vietassimo di farne uso. Niente di piú illogico, spesso, di queste analogie.
Pausa
Ma la relazione, forse, può esser questa, guardi: - Avrebbero piacere quelle seggiole d'immaginare chi sia
il cliente che viene a sedere su loro in attesa del consulto? che male covi dentro? dove andrà, che farà
dopo la visita? - Nessun piacere. E cosí io: nessuno! Vengono tanti clienti, ed esse sono là, povere
seggiole, per essere occupate. Ebbene, è anche un'occupazione simile la mia. Ora mi occupa questo, ora
quello. In questo momento mi sta occupando lei, e creda che non provo nessun piacere del treno che ha
perduto, della famiglia che lo aspetta in villeggiatura, di tutti i fastidi che posso supporre in lei.
L'AVVENTORE. Uh, tanti, sa!
L'UOMO DAL FIORE. Ringrazii Dio, se sono fastidi soltanto.
Pausa
C'è chi ha di peggio, caro signore.
Pausa
Io le dico che ho bisogno d'attaccarmi con l'immaginazione alla vita altrui, ma così, senza piacere, senza
punto interessarmene, anzi... anzi... per sentirne il fastidio, per giudicarla sciocca e vana, la vita, cosicché
veramente non debba importare a nessuno di finirla.
Con cupa rabbia:~
E questo è da dimostrare bene, sa? con prove ed esempi continui, a noi stessi, implacabilmente. Perché,
caro signore, non sappiamo da che cosa sia fatto, ma c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia
nella gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai soddisfare, perché la vita,
nell'atto stesso che la viviamo, è cosí sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare. I1 sapore è
nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto della vita ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati.
Ma legati a che cosa? A questa sciocchezza qua... a queste noje... a tante stupide illusioni... insulse
occupazioni... Sí, sí. Questa che ora qua è una sciocchezza... questa che ora qua è una noja... e arrivo
finanche a dire, questa che ora è per noi una sventura, una vera sventura... sissignori, a distanza di quattro,
cinque, dieci anni, chi sa che sapore acquisterà... che gusto, queste lagrime... E la vita, perdio, al solo
pensiero di perderla... specialmente quando si sa che è questione di giorni. .
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A questo punto dal cantone a destra sporgerà il capo a spiare la donna vestita di nero.
Ecco... vede là? dico là, a quel cantone... vede quell'ombra di donna? - Ecco, s'è nascosta!
L'AVVENTORE. Come ? Chi. . . chi era ?...
L'UOMO DAL FIORE. Non l'ha vista? S'è nascosta.
L'AVVENTORE. Una donna?
L'UOMO DAL FIORE. Mia moglie, già.
L'AVVENTORE. Ah! la sua signora ?
L'UOMO DAL FIORE (dopo una pausa). Mi sorveglia da lontano. E mi verrebbe, creda, d'andarla a
prendere a calci. Ma sarebbe inutile. E` come una di quelle cagne sperdute, ostinate, che piú lei le prende
a calci, e piú le si attaccano alle calcagna.
Pausa
Ciò che quella donna sta soffrendo per me, lei non se lo può immaginare. Non mangia, non dorme piú. Mi
viene appresso, giorno e notte, cosí, a distanza. E si curasse almeno di spolverarsi quella ciabatta che tiene
in capo, gli abiti. - Non pare piú una donna, ma uno strofinaccio. Le si sono impolverati per sempre anche
i capelli, qua sulle tempie; e ha appena trentaquattro anni.
Pausa
Mi fa una stizza, che lei non può credere. Le salto addosso, certe volte, le grido in faccia: - Stupida! -
scrollandola. Si piglia tutto. Resta lí a guardarmi con certi occhi... con certi occhi che, le giuro, mi fan
venire qua alle dita una selvaggia voglia di strozzarla. Niente. Aspetta che mi allontani per rimettersi a
seguirmi a distanza.
Di nuovo a questo punto, la donna sporgerà il capo.
Ecco, guardi... sporge di nuovo il capo dal cantone.
L'AVVENTORE. Povera signora!
L'UOMO DAL FIORE. Ma che povera signora! Vorrebbe, capisce? ch'io me ne stessi a casa, quieto,
tranquillo, a coccolarmi in mezzo a tutte le sue più amorose e sviscerate cure; a godere dell'ordine perfetto
di tutte le stanze, della lindura di tutti i mobili, di quel silenzio di specchio che c'era prima in casa mia,
misurato dal tic-tac della pendola del salotto da pranzo. - Questo vorrebbe! Io domando ora a lei, per farle
intendere l'assurdità... ma no, che dico l'assurdità! la màcabra ferocia di questa pretesa, le domando se
crede possibile che le case d'Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di lí a poco le
avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e
le piazze, obbedienti al piano regolatore della commissione edilizia municipale. Case, perdio, di pietra e
travi, se ne sarebbero scappate! Immagini i cittadini di Avezzano, i cittadini di Messina, spogliarsi placidi
placidi per mettersi a letto, ripiegare gli abiti, mettere le scarpe fuori dell'uscio, e cacciandosi sotto le
coperte godere del candor fresco delle lenzuola di bucato, con la coscienza che fra poche ore sarebbero
morti. - Le sembra possibile?
L'AVVENTORE. Ma forse la sua signora...
L'UOMO DAL FIORE. Mi lasci dire ! Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani,
schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso... Lei passa per via; un altro passante,
all'improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: “Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha
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la morte addosso ”. E con quelle due dita protese, la piglia e butta via... Sarebbe magnifica! Ma la morte
non è come uno di questi insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l'hanno
addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l'altro. Ora
io,
Si alzerà.
caro signore, ecco... venga qua...
Lo farà alzare e lo condurrà sotto il lampione acceso.
qua sotto questo lampione... venga... le faccio vedere una cosa... Guardi, qua, sotto questo baffo... qua,
vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo... più dolce d'una
caramella: - Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte, capisce? è
passata. M'ha ficcato questo fiore in bocca, e m'ha detto: - “Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!”
Pausa
Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa tranquillo e quieto, come quella
disgraziata vorrebbe.
Pausa
Le grido: - Ah sì, e vuoi che ti baci? - “Sì, baciami” - Ma sa che ha fatto? Con uno spillo, l'altra settimana,
s'è fatto uno sgraffio qua, sul labbro, e poi m'ha preso la testa e mi voleva baciare... baciare in bocca...
Perché dice che vuol morire con me.
Pausa
E` pazza...
Poi con ira:
A casa io non ci sto. Ho bisogno di starmene dietro le vetrine delle botteghe, io, ad ammirare la bravura
dei giovani di negozio. Perché, lei capisce, se mi si fa un momento di vuoto dentro... lei lo capisce, posso
anche ammazzare come niente tutta la vita in uno che non conosco... cavare la rivoltella e ammazzare uno
che come lei, per disgrazia, abbia perduto il treno...
Riderà.
No no, non tema, caro signore: io scherzo!
Pausa
Me ne vado.
Pausa
Ammazzerei me, se mai...
Pausa
Ma ci sono, di questi giorni, certe buone albicocche... Come le mangia lei? con tutta la buccia, è vero? Si
spaccano a metà; si premono con due dita, per lungo... come due labbra succhiose... Ah, che delizia!
Riderà. - Pausa
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Mi ossequi la sua egregia signora e anche le sue figliuole in villeggiatura.
Pausa
Me le immagino vestite di bianco e celeste, in un bel prato verde in ombra...
Pausa
E mi faccia un piacere, domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello disterà un poco dalla
stazione. - All'alba, lei può fare la strada a piedi. - Il primo cespuglietto d'erba su la proda. Ne conti i fili
per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò.
Pausa
Ma lo scelga bello grosso, mi raccomando.
Riderà. Poi:~
Buona notte, caro signore.
E s'avvierà, canticchiando a bocca chiusa il motivetto del mandolino lontano, verso il cantone di destra;
ma a un, certo punto, pensando che la moglie sta li ad aspettarlo, volterà e scantonerà dall'altra parte,
seguito con gli occhi dal pacifico avventore quasi basito.

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