sabato 7 agosto 2010
GIOVANNI BOCCACCIO = * * *D E C A M E R O N* * *- Integrale PDF
* * *G I O V A N N I B O C C A C C I O - D E C A M E R O N* * *
Giovanni Boccaccio nacque nel 1313 (giugno o luglio) in Toscana, forse a Certaldo, o a Firenze (oggi non si ritiene più attendibile la notizia di una sua nascita a Parigi).
Era figlio "naturale" - nato cioè al di fuori del matrimonio - di un mercante: Boccaccio di Chellino, e di una donna di cui non si sa il nome, ma venne riconosciuto e legittimato dal padre, e visse in famiglia con pari diritti rispetto ai fratelli. Dopo i primi studi a Firenze, nel 1327 venne mandato dal padre a Napoli prima a far pratica mercantile, poi, vista la sua svogliata applicazione a questa attività, a studiare diritto canonico.
In quegli anni Giovanni studiò i classici latini, e la letteratura cortese francese e italiana, e scrisse le sue prime opere: Filocolo (1336-38), Filostrato (1335), Teseida (1339-41), Caccia di Diana (1334/38 ) e le Rime (la cui composizione rimanda ad anni diversi). Ebbe anche presumibilmente relazioni amorose, che più tardi esprime, secondo un costume stilnovistico, nella figura di Fiammetta, identificata un tempo con una Maria figlia naturale (anche lei!) di re Roberto d'Angiò e maritata nella casa dei conti d'Aquino: la consistenza storica di questa donna è però oggi largamente messa in dubbio dagli studiosi.
Nel 1341 dovette tornare a Firenze dal padre il quale aveva difficoltà economiche a causa del fallimento della banca di Bardi. Comporrà nuove opere poetiche e narrative: Ninfale d'Ameto o Commedia delle Ninfe fiorentine (1341-42), Elegia di madonna Fiammetta (1343-44), Ninfale fiesolano (1344-46). Boccaccio frequenta le corti della Romagna (Ravenna, Forlì) in cerca di un impiego. Nel 1348 è di nuovo a Firenze, dove assiste alla peste e dopo la morte del padre (1350?) vi rimase per amministrare lo scarso patrimonio. Cominciò a partecipare in vario modo alla vita pubblica e culturale della sua città, e gli furono affidati uffici e ambascerie. Nel frattempo andava componendo quella che noi consideriamo la sua opera maggiore, il Decameron, terminato nel 1351.
Negli ultimi anni si stringe il rapporto di amicizia con Francesco Petrarca, il "glorioso maestro" che lo aveva persuaso a dirigere la mente verso le cose eterne lasciando da parte il diletto di quelle temporali. Il Petrarca lo aiutò a superare una crisi religiosa, indirizzando l'attività del Boccaccio verso la cultura letteraria di tipo "umanistico": le opere tarde del Boccaccio saranno in latino, e fra queste va citata la Genealogia deorum gentilium, un grande trattato di mitologia greco-romana, che per oltre due secoli rimase il libro più consultato su questo argomento.
Negli stessi anni si dedica allo studio dell'opera di Dante, per cui ebbe un vero e proprio culto: di questa attività resta il Trattatello in laude di Dante, e le lezioni con cui commentava pubblicamente la "Divina" Commedia (è stato il Boccaccio ad usare e ad imporre nell'uso questo aggettivo). Morì il 21 dicembre 1375.
D E C A M E R O N (Introduzione):
La raccolta di novelle è stata quasi certamente scritta fra il 1349 e il 1353, all'indomani cioè della terribile pestilenza che dal 1348 devastò l'Europa. Come dice il titolo grecizzante l'azione si svolge e si chiude nel giro di dieci giorni. Dopo un "proemio" indirizzato alle "vaghe donne" che per prova conoscano l'amore, la lunga introduzione alla prima giornata dà un quadro terrificante dell'atmosfera di orrore e di morte che circonda Firenze in preda alla peste. Boccaccio immagina che sette fanciulle e tre giovani uomini si rifugino in una villa dei vicini colli per sfuggire al contagio e per trascorrere un po' di tempo allegramente fra amabili conversari, banchetti e danze. Ogni giorno, tranne il venerdì e il sabato dedicati a pratiche religiose, i giovani si radunano su un prato, per raccontare novelle, una per ciascuno; queste si svolgono intorno a un tema prestabilito, proposto ogni volta dal re o dalla regina eletti quotidianamente dalla compagnia. Dopo ciascun gruppo di racconti trova posto una "conclusione" suggellata da una ballata.
Nel 1976 l’Accademia della Crusca ha pubblicato un’edizione critica del Decameron, che da quel momento ne è divenuta l’edizione canonica. Il curatore Vittore Branca (che in precedenza aveva posto mano ad altre edizioni di stampo tradizionale) l’ha fondata sul codice berlinese Hamilton 90, mostrando che in esso il testo era stato scritto, corretto e illustrato di propria mano dal Boccaccio negli ultimi tempi della sua vita. Le edizioni precedenti avevano ignorato quel codice, e semmai avevano ereditato da altre fonti certe “piallature e levigature” linguistiche imputabili a un mito cinquecentesco, che aveva fatto del Decameron il “regolo di Policleto” della prosa italiana.
Inseriamo ora nella Biblioteca questo testo canonico che rappresenta l’ultima volontà dell’autore, rimpiangendo che i meandri del copyright non ci permettano d’inserire anche le vignette autografe.
Il testo incide anche sull’immagine tradizionale dell’autore, alle prese con ciò che è stato presentato come il “lato nero” dell’opera sua: la filosofia di vita – assennata, solare, e non pia; la satira del malcostume ecclesiastico; la satira della “comunione dei santi” – per esempio nella confessione di San Ciappelletto, nella predica di frate Cipolla, o nelle esibizioni di frate Alberto in veste di Agnolo Gabriello.
Scrivere il Decameron in Italia si poteva nel Trecento, ma non più ai tempi di Riforma e Controriforma. Allora l’autore avrebbe dovuto correre a rifugiarsi in un paese riformato, per non finire decapitato in piazza (come Ferrante Pallavicino) o pugnalato in un vicolo buio dallo “stylum Romanae Curiae” (come fra’ Paolo Sarpi).
Ormai non si poteva cancellare la gloria letteraria e linguistica di quello sciagurato libro (neppure riservato ai dotti, bensì pericolosamente votato alla diffusione popolare); ci si dovette accontentare di inserirlo nell’Index librorum prohibitorum, dove entrò fin dall’inizio e sempre rimase. Ormai non si poteva ammazzare l’autore; ma si potevano stigmatizzare i suoi “eccessi” e favoleggiare il suo “pentimento” in vecchiaia. A questo si trovarono a collaborare per leggerezza persino studiosi eccellenti e insospettabili (per esempio De Sanctis sul “pentimento”, o Auerbach sugli “eccessi”).
Il codice Hamilton getta sulla vicenda del Boccaccio tutt’altra luce. Narra Branca: «Per lui, invecchiato precocemente, tormentato successivamente dall’idropisia e da una dolorosissima forma di scabbia, la solitudine della casa di Certaldo […] è ormai popolata soltanto dagli estremi appassionati atti di fede […], cioè dalla trascrizione accurata e impegnata stilisticamente e figurativamente del suo Decameron (l’autografo ora alla Biblioteca di Berlino con gustose illustrazioni pure autografe)…»
D E C A M E R O N (Opera Integrale di Giovanni Boccaccio):
http://www.liberliber.it/biblioteca/b/boccaccio/decameron_branca/pdf/boccaccio_decameron_branca.pdf
martedì 3 agosto 2010
Luigi Pirandello - * * * L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA * * * - Atto Unico
Luigi Pirandello
L'uomo dal fiore in bocca
www.liberliber.it
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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: L'uomo dal fiore in bocca
AUTORE: Pirandello, Luigi
TRADUZIONE E NOTE:
NOTE:
DIRITTI D'AUTORE: sì
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
specificata al seguente indirizzo Internet:
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TRATTO DA: L'uomo dal fiore in bocca, di Luigi Pirandello.
CODICE ISBN: informazione non disponibile
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 13 gennaio 1996
INDICE DI AFFIDABILITA': 1
0: affidabilità bassa
1: affidabilità media
2: affidabilità buona
3: affidabilità ottima
ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO:
Domenico Viggiani
REVISIONE:
Giampaolo Giuseppe Rugo
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L'uomo dal fiore in bocca
di Luigi Pirandello
Persone del dialogo
L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA
UN PACIFICO AVVENTORE
N. B. -Verso la fine, ai luoghi indicati, sporgerà due volte il capo dal cantone un'ombra di donna, vestita di
nero, con un vecchio cappellino dalle piume piangenti.
Si vedranno in fondo gli alberi d'un viale, con le lampade elettriche che traspariranno di tra le foglie. Ai
due lati, le ultime case d'una via che immette in quel viale. Nelle case a sinistra sarà un misero Caffè
notturno con tavolini e seggiole sul marciapiede. Davanti alle case di destra, un lampione acceso. Allo
spigolo dell'ultima casa a sinistra, che farà cantone sul viale, un fanale anch'esso acceso. Sarà passata
da poco la mezzanotte. S'udrà da lontano, a intervalli, il suono titillante d'un mandolino.
Al levarsi della tela, l'Uomo dal fiore in bocca, seduto a uno dei tavolini, osserverà a lungo in silenzio
l'Avventore pacifico che, al tavolino accanto, succhierà con un cannuccio di paglia uno sciroppo di
menta.
L'UOMO DAL FIORE. Ah, lo volevo dire! Lei dunque un uomo pacifico è... Ha perduto il treno?
L'AVVENTORE. Per un minuto, sa? Arrivo alla stazione, e me lo vedo scappare davanti.
L'UOMO DAL FIORE. Poteva corrergli dietro!
L'AVVENTORE. Già. E` da ridere, lo so. Bastava, santo Dio, che non avessi tutti quegli impicci di
pacchi, pacchetti, pacchettini... Più carico d'un somaro! Ma le donne - commissioni... commissioni... - non
la finiscono più. Tre minuti, creda, appena sceso di vettura, per dispormi i nodini di tutti quei pacchetti
alle dita; due pacchetti per ogni dito.
L'UOMO DAL FIORE. Doveva esser bello! Sa che avrei fatto io? Li avrei lasciati nella vettura.
L'AVVENTORE. E mia moglie? Ah sí le mie figliuole? E tutte le loro amiche?
L'UOMO DAL FIORE. Strillare! Mi ci sarei spassato un mondo.
L'AVVENTORE. Perché lei forse non sa che cosa diventano le donne in villeggiatura!
L'UOMO DAL FIORE. Ma sí che lo so. Appunto perché lo so.
Pausa
Dicono tutte che non avranno bisogno di niente.
L'AVVENTORE. Questo soltanto? Capaci anche di sostenere che ci vanno per risparmiare. Poi, appena
arrivano in un paesello qua dei dintorni, piú brutto è, piú misero e lercio, e piú imbizzarriscono a pararlo
con tutte le loro galanterie più vistose! Eh, le donne, caro signore! Ma del resto è la loro professione... -
“Se tu facessi una capatina in città, caro! Avrei proprio bisogno di questo... di quest'altro... e potresti
anche, se non ti secca (caro, il “se non ti secca”) ... e poi, giacché ci sei, passando di là...” - Ma come vuoi,
cara mia, che in tre ore ti sbrighi tutte codeste faccende? - “Uh, ma che dici? Prendendo una vettura...” - Il
guajo è che, dovendo trattenermi tre ore sole, sono venuto senza le chiavi di casa.
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L'UOMO DAL FIORE. Oh bella! E perciò?
L'AVVENTORE. Ho lasciato tutto quel monte di pacchi e pacchetti in deposito alla stazione; me ne sono
andato a cenare in trattoria; poi, per farmi svaporar la stizza, a teatro. Si crepava dal caldo. All'uscita,
dico, che faccio? Sono già le dodici; alle quattro prendo il primo treno; per tre orette di sonno, non vale la
spesa. E me ne sono venuto qua. Questo caffè non chiude, è vero?
L'UOMO DAL FIORE. Non chiude, nossignore.
Pausa
E cosí ha lasciato tutti quei pacchetti in deposito alla stazione?
L'AVVENTORE. Perché me lo domanda? Non vi stanno forse sicuri? Erano tutti ben legati...
L'UOMO DAL FIORE. No, no, non dico!
Pausa
Eh, ben legati, me l'immagino: con quell'arte speciale che mettono i giovani di negozio nell'involtare la
roba venduta...
Pausa
Che mani! Un bel foglio grande di carta doppia, rossa, levigata... ch'è per se stessa un piacere vederla...
cosí liscia, che uno ci metterebbe la faccia per sentirne la fresca carezza... La stendono sul banco e poi con
garbo disinvolto vi collocano su, in mezzo, la stoffa lieve, ben piegata. Levano prima da sotto, col dorso
della mano, un lembo; poi, da sopra, vi abbassano l'altro e ci fanno anche, con svelta grazia, una
rimboccaturina, come un di piú per amore dell'arte; poi ripiegano da un lato e dall'altro a triangolo e
cacciano sotto le due punte; allungano una mano alla scatola dello spago; tirano per farne scorrere quanto
basta a legare l'involto, e legano cosí rapidamente, che lei non ha neanche il tempo d'ammirar la loro
bravura, che già si vede presentare il pacco col cappio pronto a introdurvi il dito.
L'AVVENTORE. Eh, si vede che lei ha prestato molta attenzione ai giovani di negozio.
L'UOMO DAL FIORE. Io? Caro signore, giornate intere ci passo. Sono capace di stare anche un'ora
fermo a guardare dentro una bottega attraverso la vetrina. Mi ci dimentico. Mi sembra d'essere, vorrei
essere veramente quella stoffa là di seta... quel bordatino... quel nastro rosso o celeste che le giovani di
merceria, dopo averlo misurato sul metro, ha visto come fanno? se lo raccolgono a numero otto intorno al
pollice e al mignolo della mano sinistra, prima d'incartarlo.
Pausa
Guardo il cliente o la cliente che escono dalla bottega con l'involto appeso al dito o in mano o sotto il
braccio... Li seguo con gli occhi, finché non li perdo di vista... immaginando... - uh, quante cose
immagino! Lei non può farsene un'idea.
Pausa - Poi, cupo, come a se stesso:~
Ma mi serve. Mi serve questo.
L'AVVENTORE. Le serve? Scusi... che cosa?
L'UOMO DAL FIORE. Attaccarmi cosí - dico con l'immaginazione - alla vita. Come un rampicante
attorno alle sbarre d'una cancellata.
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Pausa
Ah, non lasciarla mai posare un momento l'immaginazione: - aderire, aderire con essa, continuamente, alla
vita degli altri... - ma non della gente che conosco. No, no. A quella non potrei! Ne provo un fastidio, se
sapesse, una nausea. Alla vita degli estranei, intorno ai quali la mia immaginazione può lavorare
liberamente, ma non a capriccio, anzi tenendo conto delle minime apparenze scoperte in questo e in
quello. E sapesse quanto e come lavora! fino a quanto riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e di
quello; ci vivo; mi ci sento proprio, fino ad avvertire... sa quel particolare alito che cova in ogni casa?
nella sua, nella mia. - Ma nella nostra, noi, non l'avvertiamo più, perché è l'alito stesso della nostra vita, mi
spiego? Eh, vedo che lei dice di sí...
L'AVVENTORE. Sí, perché... dico, deve essere un bel piacere codesto che lei prova, immaginando tante
cose...
L'UOMO DAL FIORE (con fastidio, dopo averci pensato un po'). Piacere? Io?
L'AVVENTORE. Già... mi figuro...
L'UOMO DAL FIORE. Mi dica un po'. E` stato mai a consulto da qualche medico bravo?
L'AVVENTORE. Io no, perché ? Non sono mica malato!
L'UOMO DAL FIORE. Non s'allarmi! Glielo domando per sapere se ha mai veduto in casa di questi
medici bravi la sala dove i clienti stanno ad aspettare il loro turno per essere visitati.
L'AVVENTORE. Ah, sí. Mi toccò una volta d'accompagnare una mia figliuola che soffriva di nervi.
L'UOMO DAL FIORE. Bene. Non voglio sapere. Dico, quelle sale...
Pausa
Ci ha fatto attenzione? Divano di stoffa scura, di foggia antica... quelle seggiole imbottite, spesso
scompagne... quelle poltroncine... E` roba comprata di combinazione, roba di rivendita, messa lí per i
clienti; non appartiene mica alla casa. Il signor dottore ha per sé, per le amiche della sua signora, un ben
altro salotto, ricco, bello. Chi sa come striderebbe qualche seggiola, qualche poltroncina di quel salotto
portata qua nella sala dei clienti a cui basta questo arredo cosi, alla buona, decente, sobrio. Vorrei sapere
se lei, quando andò con la sua figliuola, guardò attentamente la poltrona o la seggiola su cui stette seduto,
aspettando.
L'AVVENTORE. Io no, veramente...
L'UOMO DAL FIORE. Eh già; perché non era malato...
Pausa
Ma neanche i malati spesso ci badano, compresi come sono del loro male.
Pausa
Eppure, quante volte certuni stanno lí intenti a guardarsi il dito che fa segni vani sul bracciuolo lustro di
quella poltrona su cui stan seduti! Pensano e non vedono.
Pausa
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Ma che effetto fa, quando poi si esce dalla visita, riattraversando la sala, il rivedere la seggiola su cui
poc'anzi, in attesa della sentenza sul nostro male ancora ignoto, stavamo seduti! Ritrovarla occupata da un
altro cliente, anch'esso col suo male segreto; o là, vuota, impassibile, in attesa che un altro qualsiasi venga
a occuparla.
Pausa
Ma che dicevamo? Ah, già... I1 piacere dell'immaginazione. - Chi sa perché, ho pensato subito a una
seggiola di queste sale di medici, dove i clienti stanno in attesa del consulto!
L'AVVENTORE. Già... veramente...
L'UOMO DAL FIORE. Non vede la relazione? Neanche io.
Pausa
Ma è che certi richiami d'immagini, tra loro lontane, sono cosí particolari a ciascuno di noi; e determinati
da ragioni ed esperienze cosí singolari, che l'uno non intenderebbe più l'altro se, parlando, non ci
vietassimo di farne uso. Niente di piú illogico, spesso, di queste analogie.
Pausa
Ma la relazione, forse, può esser questa, guardi: - Avrebbero piacere quelle seggiole d'immaginare chi sia
il cliente che viene a sedere su loro in attesa del consulto? che male covi dentro? dove andrà, che farà
dopo la visita? - Nessun piacere. E cosí io: nessuno! Vengono tanti clienti, ed esse sono là, povere
seggiole, per essere occupate. Ebbene, è anche un'occupazione simile la mia. Ora mi occupa questo, ora
quello. In questo momento mi sta occupando lei, e creda che non provo nessun piacere del treno che ha
perduto, della famiglia che lo aspetta in villeggiatura, di tutti i fastidi che posso supporre in lei.
L'AVVENTORE. Uh, tanti, sa!
L'UOMO DAL FIORE. Ringrazii Dio, se sono fastidi soltanto.
Pausa
C'è chi ha di peggio, caro signore.
Pausa
Io le dico che ho bisogno d'attaccarmi con l'immaginazione alla vita altrui, ma così, senza piacere, senza
punto interessarmene, anzi... anzi... per sentirne il fastidio, per giudicarla sciocca e vana, la vita, cosicché
veramente non debba importare a nessuno di finirla.
Con cupa rabbia:~
E questo è da dimostrare bene, sa? con prove ed esempi continui, a noi stessi, implacabilmente. Perché,
caro signore, non sappiamo da che cosa sia fatto, ma c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia
nella gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai soddisfare, perché la vita,
nell'atto stesso che la viviamo, è cosí sempre ingorda di se stessa, che non si lascia assaporare. I1 sapore è
nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto della vita ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati.
Ma legati a che cosa? A questa sciocchezza qua... a queste noje... a tante stupide illusioni... insulse
occupazioni... Sí, sí. Questa che ora qua è una sciocchezza... questa che ora qua è una noja... e arrivo
finanche a dire, questa che ora è per noi una sventura, una vera sventura... sissignori, a distanza di quattro,
cinque, dieci anni, chi sa che sapore acquisterà... che gusto, queste lagrime... E la vita, perdio, al solo
pensiero di perderla... specialmente quando si sa che è questione di giorni. .
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A questo punto dal cantone a destra sporgerà il capo a spiare la donna vestita di nero.
Ecco... vede là? dico là, a quel cantone... vede quell'ombra di donna? - Ecco, s'è nascosta!
L'AVVENTORE. Come ? Chi. . . chi era ?...
L'UOMO DAL FIORE. Non l'ha vista? S'è nascosta.
L'AVVENTORE. Una donna?
L'UOMO DAL FIORE. Mia moglie, già.
L'AVVENTORE. Ah! la sua signora ?
L'UOMO DAL FIORE (dopo una pausa). Mi sorveglia da lontano. E mi verrebbe, creda, d'andarla a
prendere a calci. Ma sarebbe inutile. E` come una di quelle cagne sperdute, ostinate, che piú lei le prende
a calci, e piú le si attaccano alle calcagna.
Pausa
Ciò che quella donna sta soffrendo per me, lei non se lo può immaginare. Non mangia, non dorme piú. Mi
viene appresso, giorno e notte, cosí, a distanza. E si curasse almeno di spolverarsi quella ciabatta che tiene
in capo, gli abiti. - Non pare piú una donna, ma uno strofinaccio. Le si sono impolverati per sempre anche
i capelli, qua sulle tempie; e ha appena trentaquattro anni.
Pausa
Mi fa una stizza, che lei non può credere. Le salto addosso, certe volte, le grido in faccia: - Stupida! -
scrollandola. Si piglia tutto. Resta lí a guardarmi con certi occhi... con certi occhi che, le giuro, mi fan
venire qua alle dita una selvaggia voglia di strozzarla. Niente. Aspetta che mi allontani per rimettersi a
seguirmi a distanza.
Di nuovo a questo punto, la donna sporgerà il capo.
Ecco, guardi... sporge di nuovo il capo dal cantone.
L'AVVENTORE. Povera signora!
L'UOMO DAL FIORE. Ma che povera signora! Vorrebbe, capisce? ch'io me ne stessi a casa, quieto,
tranquillo, a coccolarmi in mezzo a tutte le sue più amorose e sviscerate cure; a godere dell'ordine perfetto
di tutte le stanze, della lindura di tutti i mobili, di quel silenzio di specchio che c'era prima in casa mia,
misurato dal tic-tac della pendola del salotto da pranzo. - Questo vorrebbe! Io domando ora a lei, per farle
intendere l'assurdità... ma no, che dico l'assurdità! la màcabra ferocia di questa pretesa, le domando se
crede possibile che le case d'Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di lí a poco le
avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e
le piazze, obbedienti al piano regolatore della commissione edilizia municipale. Case, perdio, di pietra e
travi, se ne sarebbero scappate! Immagini i cittadini di Avezzano, i cittadini di Messina, spogliarsi placidi
placidi per mettersi a letto, ripiegare gli abiti, mettere le scarpe fuori dell'uscio, e cacciandosi sotto le
coperte godere del candor fresco delle lenzuola di bucato, con la coscienza che fra poche ore sarebbero
morti. - Le sembra possibile?
L'AVVENTORE. Ma forse la sua signora...
L'UOMO DAL FIORE. Mi lasci dire ! Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani,
schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre addosso... Lei passa per via; un altro passante,
all'improvviso, lo ferma e, cauto, con due dita protese le dice: “Scusi, permette? lei, egregio signore, ci ha
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la morte addosso ”. E con quelle due dita protese, la piglia e butta via... Sarebbe magnifica! Ma la morte
non è come uno di questi insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l'hanno
addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l'altro. Ora
io,
Si alzerà.
caro signore, ecco... venga qua...
Lo farà alzare e lo condurrà sotto il lampione acceso.
qua sotto questo lampione... venga... le faccio vedere una cosa... Guardi, qua, sotto questo baffo... qua,
vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo... più dolce d'una
caramella: - Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte, capisce? è
passata. M'ha ficcato questo fiore in bocca, e m'ha detto: - “Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!”
Pausa
Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa tranquillo e quieto, come quella
disgraziata vorrebbe.
Pausa
Le grido: - Ah sì, e vuoi che ti baci? - “Sì, baciami” - Ma sa che ha fatto? Con uno spillo, l'altra settimana,
s'è fatto uno sgraffio qua, sul labbro, e poi m'ha preso la testa e mi voleva baciare... baciare in bocca...
Perché dice che vuol morire con me.
Pausa
E` pazza...
Poi con ira:
A casa io non ci sto. Ho bisogno di starmene dietro le vetrine delle botteghe, io, ad ammirare la bravura
dei giovani di negozio. Perché, lei capisce, se mi si fa un momento di vuoto dentro... lei lo capisce, posso
anche ammazzare come niente tutta la vita in uno che non conosco... cavare la rivoltella e ammazzare uno
che come lei, per disgrazia, abbia perduto il treno...
Riderà.
No no, non tema, caro signore: io scherzo!
Pausa
Me ne vado.
Pausa
Ammazzerei me, se mai...
Pausa
Ma ci sono, di questi giorni, certe buone albicocche... Come le mangia lei? con tutta la buccia, è vero? Si
spaccano a metà; si premono con due dita, per lungo... come due labbra succhiose... Ah, che delizia!
Riderà. - Pausa
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Mi ossequi la sua egregia signora e anche le sue figliuole in villeggiatura.
Pausa
Me le immagino vestite di bianco e celeste, in un bel prato verde in ombra...
Pausa
E mi faccia un piacere, domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello disterà un poco dalla
stazione. - All'alba, lei può fare la strada a piedi. - Il primo cespuglietto d'erba su la proda. Ne conti i fili
per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò.
Pausa
Ma lo scelga bello grosso, mi raccomando.
Riderà. Poi:~
Buona notte, caro signore.
E s'avvierà, canticchiando a bocca chiusa il motivetto del mandolino lontano, verso il cantone di destra;
ma a un, certo punto, pensando che la moglie sta li ad aspettarlo, volterà e scantonerà dall'altra parte,
seguito con gli occhi dal pacifico avventore quasi basito.
giovedì 22 luglio 2010
**CANALIZZAZIONE del 20 LUGLIO 2010 di S.MICHELE ARCANGELO**- ENGLISH VERSION
>>> SAN MICHELE ARCANGELO SCACCIA SATANA DAL PARADISO <<<
Canalizzazione dell’ARCANGELO MICHELE (da Lui Stesso richiesta): 20 LUGLIO 2010
CHANNELING OF F.C. - ROME - July 20, 2010
20/07/2010 ore 22
Io affido al Divino in Ogni Forma tutto quel che scriverò in questo messaggio per il quale mi viene richiesta la Canalizzazione.
L’Energia Divina si esprime nel modo più giusto per mezzo dell’Arcangelo Michele che sono pronta a canalizzare.
Arcangelo Michele:
Grazie cara, puoi cominciare a scrivere. “GESU’ E’ RISORTO”
I concetti sono tre e sono molto semplici: è il percorso che dall’Anima porta alla Mente.
La difficoltà è soltanto nell’infinità di desideri che vi sovrapponiamo, per impedire la trasmissione della Luce, finchè le vostre scorie presenti e passate, saranno state eliminate.
1° CONCETTO.
La Mente è IL DIVINO MANIFESTO, al Servizio dell’Umanità terrena. E’ fatta della sostanza che serve a mantenere i contatti con la Terra e con il Cielo, ponendosi essa come ponte.
Questo ponte rischia di non fare il proprio lavoro di trasmissione quando il Seme Karmico primordiale, è “intasato” da informazioni iniettate ad arte per deviarne il percorso.
Quindi la Mente svolge un importantissimo lavoro di raccordo tra la Potenza di Dio in Lui e i fermenti che l’hanno portato ad evolversi sulla terra.
Quindi LO SPIRITO è il motore, la turbina, l’inizio propulsore che dà inizio a tutte le cose. Tutto questo deve essere recepito dala Mente Divina che, attraverso il Profumo, l’Energia, il Karma della Coscienza che lo ospita, lo mette in atto.
Ovviamente, l’impulso che parte dal Divino, in modo unitario, si manifesta nella Creazione attraverso la Coscienza che lo ospita e del Momento Evolutivo che sta vivendo.
La Mente, quindi, è importante e va nutrita e indirizzata verso il Divino, attraverso gl’impulsi dell’Anima e soprattutto attraverso una Sadhana appropriata che comprenda Conoscenza, Servizio e Amore Manifesto, dando senza aspettativa alcuna.
2° CONCETTO.
Il secondo concetto riguarda la gestione del potere che Anima, Mente e Coscienza concertano per non portare a compimento l’impulso di Luce presente da sempre nello Spirito Primordiale.
E’ l’impulso atavico Coscienziale che si manifesta, in particolare, sul Pianeta Terra; è la fonte della Divisione che le Anime sono chiamate a superare. E’ l’impulso Generatore ed Evolutivo che, per la lotta di sopravvivenza fra Energie, crea l’attrito e il Fuoco necessario per fondere gli elementi e portare a compimento l’evoluzione della Specie.
A volte le Anime scelgono un percorso tortuoso per arrivare ad Essere. Devono passare attraverso le mille tentazioni create ad arte per forgiarne il Carattere, la Resistenza, la Duttilità e il Senso Profondo di Appartenenza a Dio Creatore.
Questo è uno dei compiti dell’Ego, la coesione terrena che crea il Percorso che l’Anima deve superare, finchè le Sirene, durante il Percorso, verranno ascoltate e seguite.
La Mèta agognata sarà difficile da raggiungere! Tutto serve, quindi, per “allenare” al perseguimento finale, il ricongiungimento con il Sé Superiore, il Dio Creatore che è il fine stesso della Sua esistenza e della quale, è soltanto un mezzo di Manifestazione.
3° CONCETTO.
Come riconoscere ciò che siamo?
Come riconoscere e superare gli ostacoli e le trappole sul vostro cammino per impedire il compimento del vostro ESSERE? Il fondersi totalmente in Lui? Nella Creazione Manifesta, ad ogni istante di cui siamo parte Indivisibile ed Eterna?
E’ presto detto: vivere ogni istante consapevolmente, portando la Tua Coscienza nella Manifestazione.
Tu sei Coscienza Divina Manifesta, ogni cosa vive e si esprime nella Coscienza di Essere Unita al Tutto. Tu sei Coscienza Divina di Esistenza Immortale ed Eterna, espressa in un modo sempre diverso, ma del tutto marginale.
Rispetto a ciò che sei realmente, che importanza ha, che importanza hanno i fattori riguardanti “il ruolo”?
Sono come quegli abiti di scena che, alla fine dello spettacolo, vengono lasciati in un angolo a riempirsi di polvere, per poi dissolversi nel tempo, dimenticati e consunti.
Il Ruolo va vissuto per quello che è l’attore. Lo “SPIRITO DIVINO” gli dà la scena, lo fa vivere come un falò che, una volta spento, lascia l’humus di cui si nutre la terra, l’energia, l’esperienza, l’evoluzione, mentre va persa quell’impronta lasciata dalla cenere: è l’humus di cui si nutriranno altre creature, altri Ruoli.
La Manifestazione continua, senza tempo e senza interruzione.
Come…come farvi capire, percepire che Dio, la Creazione Infinita ESISTE PERCHE’ E’ MANIFESTO QUI, come in TUTTI gli Infiniti, attraverso la Consapevolezza di Manifestarlo!
Attraverso la Consapevolezza di Essere Il Suo Gioco Cangiante dalle infinite facce e ruoli in ogni Regno Terreno e Cosmico.
Più porti alla Luce lo SPIRITO DIVINO che ti anima, più SEI e non hai bisogno di essere altro.
Sei già a casa!
Vivi, Consapevolmente ogni attimo, sapendo che, in qualsiasi punto del Gioco Caleidoscopico, TU SEI.
LO RAPPRESENTI!
LO VIVI!
LO SEI!
Con Amore Lucente, con Amore che nulla lascia d’intentato, mai, per aiutare un’Anima ad andare verso SE STESSA!
Michele Arcangelo
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ENGLISH VERSION
Channeling of Archangel Michael (which he himself requested): July 20, 2010
Channeling OF F.C. - ROME - July 20, 2010
20/07/2010 22 hours
I commend the Divine in All Forms all I write this message for which I will request the Sewer.
The Divine Energy is expressed in the most appropriate means of Archangel Michael which are ready to channel.
Archangel Michael: Thanks dear, you can start writing. "JESUS 'It RISEN"
The concepts are three and are very simple: is the path that leads to the Soul Mind.
The only difficulty is in the infinity of desires that we superimpose to prevent the transmission of light, until waste your present and past, have been eliminated.
CONCEPT 1.
The mind is the divine Manifestation, the service of humanity on earth. And 'made substance that serves to maintain contact with Earth and Heaven, which ranks it as the bridge.
This bridge might not do the work broadcast when the primordial seed Karmic, is "blocked" from art to inject information in order to divert the path.
So the mind plays a very important link between the work of the Power of God in him and ferment that led him to evolve on earth.
Therefore the spirit is the engine, turbine, engine start that starts everything. All this must be implemented by symbol Divine Mind, through the Nose, Energy, Karma Consciousness hosting it, put it in place.
Obviously, the impulse that starts from the Divine, in unity, manifested in Creation through the houses and the Consciousness that moment in the evolution that is going through.
Mind, therefore, is important and must be nurtured and directed towards the Divine, through impulses and Soul especially through an appropriate Sadhana including Knowledge, Service and Love Manifesto, giving without any expectation.
2 ° CONCEPT.
The second concept in the management of power that Soul, Mind and Consciousness consult not carry the light pulses always present in the Primordial Spirit.
And 'consciousness atavistic impulse that is manifested, in particular, on Planet Earth is the source of division that souls are called to overcome. And 'the pulse generator and evolutionary for the struggle for survival between energy, creates friction and the Fire need to blend the elements and complete the evolution of species.
Sometimes Souls chose a tortuous route to get to be. Must go through the thousands of temptations to create art to shape the character, strength, ductility and a profound sense of belonging to God the Creator.
This is one of the tasks of the ego, cohesion earth that creates the path that the soul must pass, until the Sirens, along the way, will be heard and followed.
The coveted goal will be difficult to reach! Everything is, therefore, to "train" to achieve the final reunification with the Higher Self, God the Creator that is the end of its existence and which is only half of the Exhibition.
3 ° CONCEPT.
How to recognize what we are?
How to recognize and overcome obstacles and traps on your way to prevent the fulfillment of your being? The total funds in him? In the manifest creation, every moment and that we are indivisible and eternal?
It 'easy to say: live each moment consciously bringing your consciousness into manifestation.
You are Divine Consciousness manifests, everything lives and expresses itself in the consciousness of Being Connected to Everything. You are the Divine Consciousness of Existence Immortal and Eternal, expressed in different ways, but very marginal.
Than what you are really who cares, how important are factors related to the "role"?
They are like those costumes that at the end of the show are left in a corner filled with dust, and then dissolve over time, forgotten and worn.
The role must be experienced for what it is the actor. The "Divine Spirit" gives the scene, makes him live like a beacon that, once off, leaving the soil that feeds the earth, energy, experience, evolution, and it lost that ' imprint left by the ash is the humus they eat other creatures, other roles.
The event continues, timeless and without interruption.
As ... as you understand, perceive that God, the infinite creation exists because 'It manifested here, as in all the Infiniti through awareness of Manifesta!
Through the awareness of being his game to the endless Changeling faces and roles in any earthly kingdom and Cosmic.
More ports to the Light of the Divine Spirit that you soul, the more you and you do not need to be more.
You are already home!
Live consciously every moment, knowing that at any point in the game Kaleidoscopic, YOU ARE.
Represents it!
THE LIVE!
THE SIX!
Lucente With Love, with Love, there are no stone unturned, never, to help to go to Soul himself!
Michael
**CANALIZZAZIONE della VERGINE E MADRE DI GUADALUPE**- ENGLISH VERSION
>>> LA MADRE DIVINA DI GUADALUPE <<<
Canalizzazione della VERGINE E MADRE DI GUADALUPE (dopo specifica Meditazione):
07 LUGLIO 2010
CHANNELING OF F.C. - ROME - July 7, 2010
07/07/2010 alle 21,30
Alla Madonna di Guadalupe.
Madre Divina, m’inchino al Tuo Amore e alla Tua Presenza in me e in tutti noi.
Sia fatta sempre La Volontà Divina del Tuo Cuore, o Creatrice.
Ti chiedo di rispondere a ciò che il mio Cuore chiede di conoscere riguardo ad ASHTAR SHERAN e riguardo al Codice 6.4.9. datomi da Alessandro e che sento corrispondermi e a quant’altro vorrai comunicarmi, se ciò è possibile. Grazie.
La Divina Madre di Guadalupe.
Cara figlia, si, ciò è possibile perché mi sei cara, sei un’Emanazione Antica che è molto unita alla mia Energia Originaria e mi sei molto cara da tanto.
Per quanto riguarda ASHTAR SHERAN, essa è un’emanazione dell’Ombra. Ogni cosa, come sai, è creata con lo scopo di Servire La Luce e anche l’Ombra lo fa attraverso le sue Emanazioni Spirituali (…è anch’essa Spirito…), Energetiche e Fisiche.
Ogni Energia su questa Terra d’avventura è di Evoluzione ad un compito specifico. Ogni cosa, quindi, ha uno scopo ed un fine.
Quello dell’Ombra e dei Suoi Condottieri, è quello di riportare TUTTI alla LUCE!!! Ti sembra incredibile? Non lo è perché l’Ombra è uno Strumento Divino per portare alla Ricerca della Verità e Consapevolezza attraverso La Sofferenza ed è uno strumento di ricerca molto consono e adatto ad una Energia come quella del Pianeta Terra.
E’ soltanto attraverso gli strumenti forniti dall’Ombra che l’Anima cerca la via per ritrovare e trasformare in se il braciere di fuoco che, attraverso la combustione, può ridurre in cenere ciò che va Evoluto e portare ad una nuova rinascita.
Ashtar Sheran è un mio strumento, va preso per quello che è, un canale di Comprensione e di Evoluzione per Anime alla ricerca profonda della Verità. E’ un mezzo molto,molto potente e molte Anime all’inizio del percorso, trovano in lui il linguaggio, la forma e l’Energia prevalente del Pianeta Terra, che le attira, ed è l’inizio di un Percorso.
Attraverso l’Energia prevalente delle Paure, si camuffa da Amore ma, ripeto, è attraverso questo mezzo che cerca di sedurre, usando tutti i trucchi e l’Anima inizia ad aprirsi per cercare, poi, sempre più risposte superiori per cercare, infine, Me, se la sua volontà di trovarMi è sempre più profonda e ripetuta.
A volte le Anime e soprattutto le Menti, rimangono avviluppate in quell’Energia e non hanno la possibilità di arrivare alla FONTE PURISSIMA DEL LORO SPIRITO, ma anche questo fa parte del Gioco, il loro Gioco Karmico.
Tutto serve, ora, sul Pianeta Terra, la Paura è il primo elemento di cui si servono i Maestri affini a quell’Energia per farti schiavo e ridurti ad uno zombie senza volontà sua propria o può spingerti a cercare salvezza molto profondamente, all’interno di te, alla ricerca della Luce. Soltanto chi Vuole Veramente, Mi trova, ricordalo, e allora non ci sarà più tentazione.
Quindi Ashtar Sheran fa parte del Gioco, il Gioco Divino e in questo caso, astuto tentatore, Profondo Conoscitore dell’Animo Umano: le tenta tutte per “ SALVARLO”, come afferma, ma non con l’Ascensione, portandolo “disperatamente” alla ricerca di “se stesso”.
Se l’accetti, come hai fatto fin’ora, con Amore, lo integri in te, dandogli la possibilità di ricongiungersi con il suo opposto, LA LUCE e soprattutto di riconoscervisi.
Sii, soltanto, sempre, molto, profondamente Consapevole di ciò che ospiti avendo come fine L’UNIONE, IL TUTTO, “L’UNO”.
6.4.9.? Ho inteso dare un messaggio con questo codice che deriva dalla mia comunicazione come MADONNA DI GUADALUPE. Un Codice non chiaro e subito riconoscibile da tutti coloro che, lo riconosceranno, sapranno di essere figli della Mia Energia.
Non andare alla ricerca del perché esoterico e scientifico di tutto questo, ogni Anima ha la sua peculiarità di intenzione, di ricerca e di CONOSCENZA, lasciati andare semplicemente al tuo sentire, riconosci la vibrazione di questi numeri-Energia e lasciali sottilmente agire.
Lascia che la Mia Immagine sia motivo di studio e di riflessione per le menti analitiche e predisposte.
TU, bimba mia, usa il tuo canale a Me prediletto, il Cuore, irroralo e illuminalo della bellezza e delle profondità del tuo Spirito.
Ti benedico ora e sempre.
MARIA DI GUADALUPE
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ENGLISH VERSION.
Channeling of the Virgin Mother of Guadalupe (after specific Meditation): July 7, 2010
Channeling OF F.C. - ROME - July 7, 2010
07/07/2010 21:30
Our Lady of Guadalupe.
Divine Mother, I bow to your love and your presence in me and all of us.
The Divine Will always be done of your heart, or Creator.
I ask you to respond to what my heart asks to know about Ashtar and regarding the Code SHERAN 6.4.9. given to me by Alexander and I feel whatever you want mate and tell me if this is possible. Thank you.
The Divine Mother of Guadalupe.
Dear daughter, this is possible because you are my dear, you emanate Antica is very close to my original energy and I are very dear to both.
Regarding Ashtar SHERAN, it is an emanation of the Shadow. Everything, as you know, is created with the purpose to serve the Light and the Shadow also does through its Spiritual Emanations (... ... is also the Spirit), and Physical Energy.
Each energy on this earth adventure and evolution to a specific task. Everything, therefore, has a purpose and a purpose.
The Shadow and its leaders, is to bring everything in the light! Sounds incredible? It is not because the Shadow is a divine instrument to bring the Pursuit of Truth and Awareness through suffering and is a research tool very appropriate and suitable for an energy like that of Planet Earth.
And 'only through the tools provided by the shadow Soul seeks way to find and turn in if the brazier of fire, by burning, can reduce to ashes what needs to be evolved and lead to a new renaissance.
Ashtar Sheran is my instrument, must be taken for what it is, a channel for Anime Evolution of Understanding and the deep search of Truth. And 'half very, very powerful and many souls beginning of the route, found in him the language, the predominant form of Planet Earth and Energy, which attracts, and is the beginning of a path.
Through the Energy of the prevailing fear, disguised as love but, I repeat, it is through this medium that tries to seduce, using all the tricks to try and soul begins to open, then, more than to search for answers, finally, I if his desire to find deeper and is repeated.
Sometimes the anime and especially minds, remain enmeshed in that energy is not able to source Purest of their minds, but also part of the game, their game Karmic.
Everything is now on Planet Earth, Fear is the first element of which are similar to the Masters that energy to you and reduce you to a zombie slave without his own will or can go to seek salvation very deep inside thee, seeking the Light. Only those who really want to, I find, remember, and then there will be no temptation.
Ashtar Sheran then part of the game, the Game Divine and in this case, smart tempter, an expert of the human soul: all the attempts to "save", as he says, but not with the Ascension, bringing "desperately" seeking of "himself".
If you agree, as you have done so far, with Love, it integrates into you, giving you the chance to be reunited with its opposite, LIGHT and especially identify with it.
Yeah, just, again, very, very conscious of what they view as having guests THE UNION, THE ALL, "The ONE".
6.4.9.? I intend to give a message with this code comes from my communication as Our Lady of Guadalupe. A Code does not clearly and immediately recognizable to all those who recognize it, will be children of my energy.
Do not go looking for the esoteric and science because of this, each core has its own peculiarities of intent, research and knowledge, simply go to your left to feel, recognize the vibration of these numbers and leave-Energy thin act.
Let my image is a reason to study and reflection for the analytical mind is prepared.
YOU, my child, use your favorite channel to Me, the Heart, irroralo and enlighten the beauty and depth of your Spirit.
I bless you now and always.
MARY OF GUADALUPE
martedì 20 luglio 2010
***PERCHE' LA CHIESA DIMENTICA " IL PARADISO IN TERRA "?***
Oggetto: ***Perché la Chiesa dimentica il "paradiso in terra"?***
Data: Mon, 19 Jul 2010 18:00:54 GMT
Mittente: Domani
Rispondi-a: Domani
Lettere »
Perché la Chiesa dimentica il “paradiso in terra”?
19-07-2010
di Raniero La Valle
Sta emergendo, negli osservatori esterni, un sentimento di tenerezza e compassione verso Benedetto XVI a causa della sua profonda afflizione per “il peccato penetrato nella Chiesa” ed esploso con i preti pedofili e qualche incidente di percorso dei suoi maggiori prelati. Da ciò a un giudizio generale sullo stato della Chiesa il passo è breve, e lo ha compiuto da ultimo Pietro Citati, che però usa categorie di giudizio che dimostrano quanto poco il rinnovamento del Concilio abbia modificato il modo in cui la Chiesa viene percepita dal mondo.
Dice infatti Citati che il problema non è il peccato, perché anzi …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7917#more-7917
Pubblicato in Lettere
Società » Italia »
Miss Mafia e Mister Stato
19-07-2010
di Riccardo Orioles
Lo stato, in Italia, ha sempre trattato con la mafia. Ha trattato ai tempi di Giolitti (“camorrista” per Salvemini), di Mussolini (la fine del povero Mori), del’Amgot (Calò, Vizzini, Lucky Luciano), di Scelba (Giuliano e Pisciotta) e, naturalmente, di Andreotti.Quest’ultimo, come si sa, si incontrava con boss come Spatola che, con Badalamenti e Inzerillo, formava il triumvirato della mafia di allora. Sia Spatola che Inzerillo furono uccisi dai “Nuovi”, i corleonesi. Badalamenti scappò in Brasile, e l’uomo di cui si fidava era Tommaso Buscetta. Falcone, mediante Buscetta, aveva l’obiettivo preciso di far parlare Badalamenti. Non ci riuscì.
Che cosa avrebbe potuto …continua »
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Pubblicato in Italia
Spettacoli » Credere Obbedire Combattere »
Quanti peli ci sono sulla lingua dei ministri padani?
19-07-2010
di Maria Novella Oppo
Incontro a contrasto quello proposto da “In onda” tra il leghista e sottosegretario Castelli e il senatore, magistrato e scrittore Carofiglio. Per l’occasione, Castelli voleva fare il colto e, forse ricordandosi di aver fatto il liceo classico (come ci tiene a ripetere), ha piazzato un aggettivo di origine latina per definire la posizione della Lega tra i politici presi con le mani nel sacco. «Solo noi siamo rimasti intonsi» ha detto orgogliosamente Castelli, cogliendo di sorpresa i due conduttori (Luisella Costamagna e Luca Telese), nonché Carofiglio. Solo che intonso non significa, come pensa Castelli, intoccato, ma «non tosato». E comunque, …continua »
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Società » Italia »
E-Campus, quel tipo di università che piace al partito dell’amore
19-07-2010
di Gennaro Carotenuto
Per avere un’idea dell’università del futuro, l’università come la vuole il PdL, basterebbe accompagnare stamattina Silvio Berlusconi ad E-Campus, l’università telematica del CEPU dove sono stati precettati (abbigliamento informale, chiede la convocazione, immaginando già il bagno di folla e la photo-opportunity) tutti i 3.000 studenti iscritti.
Chissà chi glielo fa fare a Silvio Berlusconi di cominciare la settimana visitando una pseudo-università quando avrebbe da visitare decine di università vere con le quali confrontarsi democraticamente sull’Università del futuro. Il fatto è che Berlusconi alle università vere preferisce quelle di plastica, gli esamifici, quelle dove non si fa ricerca ma si è sempre …continua »
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C'è posta per noi »
Caro Domani, attento a non farti contagiare dalla volgarità di questa Italietta
19-07-2010
di Luca, lettore di Domani
Vede caro Sartori, il problema non è tanto una questione di Busi, “busoni” e Bocchino (sic)… Il problema è che la gente normale da un sito come questo dovrebbe trarre materiale per la propria mente: articoli come il suo sembrano fatti per portare Arcoiris al livello di Novella2000. Fin qui nulla di male, potrebbe anche essere un disegno sotterraneo promosso dalla stampa nazionale, o dal PDL, o dal PD, o da quel gruppo di invertiti piagnucolosi (di cui tanto vi piace parlare) che sfila per le strade vestito di pizzi rosa e tanga leopardati a rivendicare chissà quale risibile spazio …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7898#more-7898
Pubblicato in C'è posta per noi
Società » Italiani all'estero: i nostri politici ci fanno soffrire »
Ecco l’appello agli italiani che il Cavaliere sta scrivendo nella vacanza di lavoro
19-07-2010
di Antonio Umberto Riccò
Lo ammetto: l’annuncio del nostro Presidente del Consiglio di voler saltare le vacanze per occuparsi del suo partito mi ha riempito di tristezza. Ma come? Uno come lui, che già lavora 25 ore al giorno e 13 mesi su 12, che non risparmia energie, battute e barzellette per il nostro bene, deve anche rinunciare al meritato riposo per occuparsi di Fini, Bocchino e Granata? Deve essere costretto a crogiolarsi nell’afa romana per colpa di quattro pensionati sfigati e di un branco di magistrati assatanati?
Così, spinto da una solidarietà tardiva, quanto sincera ho riflettuto sul contributo che avrei potuto fornirgli. Bisognava …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7895#more-7895
Pubblicato in Italiani all'estero: i nostri politici ci fanno soffrire
Inchieste » Ragazzi: senza soldi e con poca speranza »
I GIOVANI (2) – Cavalcare le onde, ancorati a mamma e papà
19-07-2010
di Andrea Girometti
La famiglia come principale certezza presente (e futura?)
La sezione successiva del questionario, incentrata sugli aspetti valoriali e la visione del futuro, analizzata da Giulia Barina, rende ancora più esplicita la ricerca di sicurezze che attraversa larghi strati dell’universo giovanile, ed inizia a nominare le rotte verso cui gli intervistati sembrano orientare la propria navigazione: la famiglia ed i lidi ad essa contigui. In effetti, per affermarsi nella vita, quasi il 40% degli intervistati ritiene essenziale il ruolo interpretato dalle conoscenze personali/familiari o dalla ricchezza e il sostegno familiare. Sono certamente importanti anche la possibilità di fare esperienze di studio e …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7881#more-7881
Pubblicato in Ragazzi: senza soldi e con poca speranza
Mondi » Oriente »
Libertà Zero e grandi affari, così la Cina 2010 fa invidia a Berlusconi
19-07-2010
di Emanuele Scansani
Shanghai – Dopo l’inaugurazione del Gran Premio di F1 e dopo i Giochi Olimpici del 2008, la Cina trova l’ennesima occasione di stupire il mondo con la dimensione astronomica del suo sviluppo ospitando l’EXPO. E qui la fiera mondiale non poteva che avere le stesse gigantesche dimensioni del paese che l’ospita. Con 100 milioni di visitatori previsti e una media giornaliera di quasi mezzo milione, l’EXPO rappresenta quel palcoscenico internazionale che, come già le Olimpiadi di Pechino, accrescono il peso e il prestigio della nuova Cina nei fori internazionali, culturali e sportivi.
Per celebrare l’apertura dell’evento, il 1° maggio …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7878#more-7878
Pubblicato in Oriente
Società » Italia »
Io “cervello rientrato” sto pensando di riscappare all’estero
19-07-2010
di Pietro Masina
Sono un “cervello rientrato” che dopo 10 anni di lavoro in un’università straniera ha deciso di scommettere sull’Italia. La mia sembrava una storia a lieto fine. Ora, dopo quasi 6 anni, sto pensando di emigrare di nuovo. Sono tornato in Italia nel più trasparente dei modi, sulla base del curriculum e delle pubblicazioni. All’Orientale di Napoli ho trovato un ambiente integro e serio. Colleghi di ottimo livello, una facoltà libera da baronie, studenti brillanti ed impegnati. All’estero avevo un lavoro permanente – tornando in Italia ho avuto prima un contratto a termine per tre anni (con la legge sul “rientro …continua »
http://domani.arcoiris.tv/?p=7875#more-7875
Pubblicato in Italia
Libri e arte » Nostalgia di un Paese che non c'è più »
Nel garage della mia esistenza c’è un’Italia psichedelica che ha i colori degli anni ’80
19-07-2010
di Luciano Curreri
Devo questa recensione a un pezzo importante della mia gioventù e a Roberto Calabrò e Lucrezia De Palma, che ne hanno reso possibile il riaffiorare (quasi) inatteso; il primo confezionando un ottimo libro, la seconda inviandomelo, per amicizia e fedeltà, in omaggio, nonostante io non sia mai stato, ai suoi avvertiti occhi di responsabile di uffici stampa, uno specialista di musica.
Già. Che titoli ha, Curreri, per parlare di Eighties Colours. Garage, beat e psichedelia nell’Italia degli anni Ottanta? Che titoli ha un docente di lingua e letteratura italiana all’estero per dar conto di un libro così particolare?
A prima vista, nessuno. …continua » http://domani.arcoiris.tv/?p=7856#more-7856
Pubblicato in Nostalgia di un Paese che non c'è più
**CANONIZZAZIONE di SANTA CHIARA D'ASSISI**- SAN FRANCESCO " I FIORETTI" e **LA PERFETTA LETIZIA**.
§>>> SANTA CHIARA D'ASSISI <<<§
ATTI DEL PROCESSO DI CANONIZZAZIONE
DI SANTA CHIARA D'ASSISI
Sequita el Processo della Canoniçatione de sancta Chiara, como papa Innocentio mandò lectera al Vescovo de Spolete imponendoli esso cum diligentia ed sollecitudine debbia ricercare della vita, conversione, conversatione et miraculi de essa sancta Chiara, secondo che nella subscripta Bolla se contiene.
In nomine Domini nostri Ihesu Christi, amen. Io Bartholomeo Vescovo de Spolete recevve lectera dal sanctissimo patre mesere Innocentio papa quarto in questa forma, cioè:
Innocentio vescovo, servo delli servi de Dio, al venerabile fratello Bartholomeo vescovo de Spolete salute ed apostolica benedictione.
El glorioso Dio nelli Sancti suoi, lo quale solo fa et opera le cose meravegliose et grande, dechiara li suoi fideli de po el curso et transito loro con la demostratione in molti modi maravegliosa delli segni, li quali esso elegge alli premii della superna gloria, al bravio della beatitudine celestiale; ad ciò che, auditi li segni et prodigii et li testimonii de tele et tante cose maravigliose, le quali solamente sonno possibile alla potentia de Dio, lo quale è uno in Trinità et trino in Unità, sia quasi veduta la virtù de lo Altissimo et lo suo nome grande et maraviglioso più reverentemente sia adorato in terra, lo imperio del quale permane in eterno, et la sua Maiestà mirabilmente intona nello excelso.
Essendo adunque da questi desiderabili premii tracta la sancta memoria de la beata vergene Chiara, abbadessa già delle povere donne renchiuse monache de Sancto Damiano de Assise, attendendo quello decto del Propheta: O figliola, audi et vedi et inchina la tua orecchia, et scòrdate del tuo populo et de la casa del padre tuo, imperò che lo Re ha desiderata la sua belleçça voltò le spalle alle cose caduche e transitorie, et voltandose alle cose denante, scordandose al tucto de le cose de rietro, decte lo suo audito prono et prompto al sancto parlare. Non mise tempo né indutio de adempire prestamente quello che li delectava de audire, ma subito abnegando se medesima, li suoi parenti et tucte le cose suoi, facta già adolescentula del regno celestiale, elesse et chiamò per suo sposo Yhesu Christo povero, Re delli re, et advotendose a lui, totalmente cum la mente et cum el corpo in spiritu de humilità, li promise principalmente queste doi cose bone quasi per dota, cioè el dono della povertà et lo voto de la castimonia virginale; et così la virgine pudica fu congionta alli desiderati abraciamenti de lo sposo vergine, e del lecto de la intemerato virginità hè proceduta una prole casta et fecunda ad tutti maravigliosa, la quale socto lo odore della sua sancta conversatione et amore de profexione salutare, dilatata quasi per tucte le parte del mondo, come pianta celestiale habundantemente fructifica ad Dio.
Questa è quella sposa la quale, mentre che visse essendo morta al mondo, in tanto piacque ad Dio altissimo cum li desiderii et opere de le virtù et con li studii delle sancte operatione, che da poi che essa felicementi morì, ançi più presto se partì de questa mortale vita, la pietosa dignatione che lo omnipotente Dio, remuneratore de tutti li beni, la quale trapassa li meriti et li desiderii de quelli che el pregano, per la exaltatione del nome suo, lo quale è glorioso in secula, intercedenti adpresso de lui li chiari meriti de essa vergine Chiara, se dice concedere grande benefitii ad quelli che lidomandano, et dicese Dio operare in terra molti et varii miraculi per lei e per li suoi preghi.
Essendo adunqua assai degna et debita cosa che sia honorata nella Chiesia militante, quella la quale la divina clementia se dice renderla venerabile alli suoi fideli per li doni de simile gratie et dignità de miraculi da essere honorati, comandamo alla tua fraternità per lectere apostoliche, che recerchi de la vita, conversione et conversatione sua, et ancho delli predicti miraculi et de tucte le circumstantie loro la verità diligentemente et de tucte le circumstantie loro la verità diligentemente et sollicitamente secondo le interrogatione le quale te mandamo interclusi socto la nostra Bolla. Et quello che sopra le predecte cose trovarai, studiate de mandarle a noi socto lo tuo sigillo, scripte fedelmente per pubblica mano, ad ciò che l'anima de quella de la quale se crede già cum gaudio allegrarse in cielo cum la stola della immortalità, in questo mondo sia sequitata cum degne laude dalla multitudine delli giusti.
Data in Sancto Iohanni Laterano, nel XV kalen. de novembre, del nostro pontificato anno undecimo.
Unde andando io Bartholomeo predicto personalmente al monastero di Sancto Damiano, ricevvi li testimonii sopra la vita, conversione, conversatione et miraculi de la sacta memoria de madonna Chiara, Abbadessa già del monasterio de Sancto Damiano de Assise: li nomi et dicti de li quali testimonii sonno scripti qui de socto.
A di XXIII del mese di novembre nel chiostro de Sancto Damiano, madonna Pacifica de Gelfutio de Assise; seconda, madonna Benvenuta da Peroscia; tertia, madonna Philippa de meser Leonardo de Gislerii; quarta , madonna Amata de mesere Martino da Corozano; quinta,madonna Christiana de mesere Christiano de Parisse; sexta, madonna Christiana de Bernardo da Suppo; septima, madonna Benvenuta de Oportulo de Alexandro; octava, madonna Francesca de mesere Capitaneo da col Meçço: nona, madonna Beatrice de mesere Favarone de Assise, sorella de santa Chiara; decima madonna Cecilia da Spello; undecima, madonna Balvina de mesere Martino da Corozano; duodecima, madonna Agnes de mesere Oportulo; tertia decima, et madonna Lucia da Roma, Monache del decto monastero de Sancto Damiano, giurarono de dire la verità, sopra la vita, conversione, conversatione et miraculi de la predicta sancta Chiara; im presentia de questi testimonii, cio è: mesere Leonardo archidiacono da Spoleti, mesere Iacobo arcipreite da Trieve, frate Leone, frate Angelo da Riete et frate Marcho delli frati Minori et ser Martinonotario, im presentia del venerabile padre mesere Bartholomeo Vescovo de Spolete.
I TESTIMONIA
De la conversatione de sancta Chiara in casa del suo padre.
1. Sora PACIFICA DE GELFUTIO DE ASSISE, monacha de monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che essa cognosceva sancta Chiara mentre che essa sancta era nel seculo in casa del suo patre: et che da tutti quelli che la cognocevano era tenuta de grande honestà et de molto bona vita: et che era intenta et occupata circha le opere de la pietà.
DE LA SUA CONVERSIONE.
2. Et disse che sancta Chiara per admonitione de sancto Francesco incominciò l'Ordine che hora è in Sancto Damiano, e che essa ce intrò virgine, et così virgine permase per sempre. - Essendo adimandata como sapeva le dicte cose, respose che essa quando era nel seculo era sua vicina et alquanto parente, in tanto che tra la casa sua et quella della virgine Chiara non ce era in meçço se non la piaçça et che spesse volte essa testimonia conversava con lei.
3. Et disse che essa madonna Chiara amava molto li poveri, et per la sua bona conversatione tutti li cittadini la havevano in grande veneratione. - Adomandata quanto tempo era che essa virgine Chiara haveva abandonato el mondo, disse che erano circa quarantadoi anni. - Adomandata con questo sapesse, respose che lei intrò nella Religione insieme cum essa, et che quasi lo dì et la nocte per la magiure parte essa la serviva.
4. Ancho disse che la predecta madonna Chiara era nata de nobile generatione, et de padre et madre honesti, et che lo suo padre fu cacalieri et chiamosse mesere Favarone, lo quale essa non vide, ma la madre vidde et chiamavase madonna Ortulana, la quale madonna Ortulana andò de là dal mare per cagione de oratione et devotione. Et essa testimonia similmente per cagione de oratione andò oltra mare con lei: et ancho andaro insieme a Sancto Angelo et ad Roma. Et disse che essa voluntieri visitava li poverì. - Adomandata como sapesse le dicte cose respose; però che era sua vicina et era stata cum lei, come è decto de sopra.
5. Ancho dise che essa madonna Ortolana venne poi ad quella medesima Religione che la sua sancta figliola beata Chiara, et in essa visse cum le altre Sore in molta humiltà, et in quella, ornata de religiose et sancte operatione, passò de questa vita.
6. Ancho disse questa testimonia, che tre anni da poi che la detta madonna Chiara fu stata nella Religione, alli preghi et instantia de sancto Francesco, lo quale quasi la constrense, recevve lo regimento et governo delle sore.- Adomandata como questo sapesse: respose che essa ce era stata presente.
DELLA CONVERSATIONE SUA NEL MONASTERIO.
7. Ancho disse questa testimonia, che essa beata Madre veghiava tanto la nocte in oratione, et faceva tante abstinentie, che le Sore se ne dolevano et lamentavano; et disse che lei medesima per questo haveva pianto alcuna volta. - Adomandata como questo sapesse, respose: perché el vidde quando epsa madonna Chiara giaceva in terra et haveva al capo suo una pietra del fiume, et udivala quando epsa stava in oratione.
8. Et disse che nelli cibi era tanto strecta, che le Sore maravigliavano como lo corpo suo viveva. Disse ancho che la predicta beata Chiara stecte molto tempo che tre di della septimana non mangiava nessuna cosa, cioè el lunedì, el mercoledì e' l venerdì. Et disse che li altri dì faceva tanta abstinentia che incurse in una certa infirmità, per la quale cosa sancto Francesco insieme con Vescovo di Assise li comandò che in quelli tre dì mangiasse almancho meçço boçço de pane el dì, lo quale puoi essere circha una oncia et meçça.
9. Ancho disse che epsa beata Madre nella oratione era assidua et sollicita, giacendo in terra longhamente, stando humilmente prostrata. Et quando veniva dalla oratione, admoniva et confortava le Sore, parlando sempre parole de Dio, lo quale sempre era nella boccha sua, in tanto che le vanità non le voleva parlane, né udire. Et quando lei tornava dalla oratione, le Sore se rallegravano come se ella fusse venuta da cielo. - Adomandata como sapesse le decte cose, respose: perché habitava cum lei.
10. Ancho disse che la predicta madonna Chiara, quando comandava alle Sore suoi che facessero alcuna cosa, comandava cum molto timore et humilità, et lo più de le volte più presto voleva fare lei che comandare ad altre.
11. Ancho disse che da poi che epsa fu inferma in modo che non se poteva levare del lecto se faceva levare su ad sedere et sostentare cum certi panni de rientro alle spalle et filava, in tanto che del suo filato ne fece fare corporali et mandonne quasi per tucte lo chiesie del piano e delli monti de Assise. - Adomandata como lei sapesse le decte cose, respose, che lei vidde che epsa filava, et che se faceva el panno, et quando le Sore li cuscivano, et erano mandati per mano delli Frati alle predicte chiesie, et erano dati alli sacerdoti che ce vanivano.
12. Ancho disse che epsa beata Madre inverso le Sore suoi era humile, benigna et amorevole, et haveva compassione alle inferme: et mentre che epsa fu sana, le serviva et lavava a lloro li piedi et dava l'acqua alle mani; et alcuna volta lavava li sedili de le inferme. - Adomandata como sapesse le decte cose, respose, che epsa lo vidde più volte.
13. Ancho disse che particularmente amava la povertà, però che mai podde essere inducta che volesse alcuna cosa propria, né recevere possessione, né per lei, né per lo monasterio. - Adomandata como sapesse questo, respose che epsa vidde et udì che la sancta memoria de mesere Gregorio papa li volse dare molte cose et comparare le possessione per lo monasterio, ma epsa non volse mai aconsentire.
14. Ancho disse che la predecta madonna Chiara tanto era sollicita circha la observantia del suo Ordine et circha lo governo de le Sore suoi, quanto alcuno hamo potesse essere circha la guardia del suo thesoro temporale. - Et queste cose disse le sapeva perché sempre era stata cum lei, circha quaranta anni et più, excepto uno anno nel quale de licentia de epsa beata Madre stecte nel monasterio de Vallis Glorie da Spello, per informare le Sore del Decto loco.
DEL MIRACOLO DE L'OLIO
15.Ancho disse questa testimonia, che la vita de la predicta beata Chiara fu piena di miraculi. Imperò che una volta essendo ma(n)chato l'olio nel monastero, in tanto che non ne havevano niente, epsa beata Madre chiamò uno certo Frate de l'Ordine Minore, lo quale andava per le elemosine per loro, chiamato frate Bentevengha, et disseli che andasse ad cerchare de l'olio, et lui respose che li apparecchiassero el vaso. Allora epsa madonna Chiara tolse uno certo vaso et lavollo cum le proprie mane, et puselo sopra uno certo murello, lo quale era apresso lo uscio de la casa, ad ciò che lo predicto Frate lo togliesse. Et essendo quello vaso stato lì per una picchola ora, quello frate Bentevengha, andando per quello vaso, lo trovò pieno de olio. Et essendo cerchato diligentemente, non fu trovato chi ce lo avesse messo. - Adomandata in quale modo sapesse questo, respose, che, stando epsa in casa, vidde quando epsa madonna trasse fore lo vaso voito et reportollo pieno. Et diceva che non sapeva chi lo avesse impito, né como fusse stato impito. Et frate Bentevengha diceva questo medesimo. - Adomandatade que tempo fu questo respose che fu circha lo secondo anno da poi che vennero ad abitare nel monasterio de Sancto Damiano. - Adomandata de que mese fu et de que dì, respose che non se recordava. - Adomandata si fu de state o de verno, disse che fu de state. - Adomandata quale Sore allora ce furono presente; disse che ce era stata sora Agnese sorella de sancta Chiara, la quale poco innante era passata de questa vita; sora Balvina, la quale fu Abbadessa del monasterio de Vallis Glorie, la quale ancho è morta; et sora Benvenuta da Peroscia, la quale anchora vive. - Et giurò sopra le predicte cose, et disse anche epsa testimonia, che essa non poteria cum sua lingua explicare li miraculi et le virtude, li quali lo Signore haveva mostrati per epsa beata Chiara.
COMO SANCTA CHIARA LIBERO' CINQUE SORE INFERME COL SEGNO DE LA CROCE.
16. Ancho disse questa testimonia, che una volta, essendo infirmate cinque Sore nel monasterio, Sancta Chiara fece sopra de loro lo segno de la croce cum la mano sua, et incontenente tucte furonoliberate. Et spesse volte quando alcuna de le Sore haveva qualche dolore o nel capo o in altre parte della persona, epsa beata Madre le liberava col segno de la croce. - Adomandata como sapeva le dicte cose, respose che epsa ce fu presente. - Adomandata chi furono quelle cinque Sore, respose, che epsa testimonia fu una de quelle, et de le altre alcune erano morte et alcune vivevano, ma le quale non se recordava. - Adomandata que infirmità era stata, respose che era una infirmità che la faceva stridere, havere grande freddo et tremare. - Adomandata de l'altre che erano state liberate, quanto tempo innante erano state inferme, respose, che non se recordava delle altre come se medesima. - Adomandata in que tempo fu che le predecte Sore furono liberate, disse: prima che epsa madonna se infermasse.
17. Adomandata de che tempo incominciò ad sancta Chiara qulla longha infirmità, respose che se credeva fussero vinti nove anni.
18. Et ancho disse che la medecina de epsa testimonia et de le altre Sore quando se infirmavano, era che la loro sancta Madre faceva sopra de epse lo segno della croce. - Adomandata que parole usava de dire la dicta madonna Chiara quando faceva lo segno de la croce, respose, che non la intendevano, però che diceva molto piano.
19. Adomandata del mese et del dì che fu liberata epsa testimonia et quelle altre Sore, respose che non se recordava. - Adomandata chi ce fu presente quando epse furono liberate, respose che ce erano state più Sore,ma quante et quale fussero non se recordava.
II TESTIMONIA
1. Sora BENVENUTA DA PEROSCIA, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che madonna Chiara, già Abbadessa del dicto monasterio de Sancto Damiano, fu de maravigliosa humilità, et tanto despreççava se medesima, che quelle opere le quale erano più vile faceva epsa. Etiamdio nectava le sedie de le Sore inferme cum le mani suoi. - Adomandata de que tempo era sancta Chiara quando intrò nella Religione, respose che era de età de diciocto anni o circha, secondo che se diceva; et era tenuta virgine nell'animo et nel corpo, et era hauta in molta veneratione da tucti quelli che la cognoscevano, etiamdio prima che intrasse nella Religione; et questo era per la sua molta honestà, benignità et humilità. - Adomandata como sapesse le decte cose, respose, che epsa testimonia haveva hauta notitia de lei prima che intrasse nella Religione, et stecte con epsa in una casa. Et da poi che intrò nella Religione, stecte con lei per fine alla sua morte, cioè quasi per fine ad quarantadoi anni, excepto lo predicto tempo, cioè dal Lunedì sancto per fine ad Septembre.
DELLA CONVERSATIONE DE SANTA CHIARA NE(L) MONASTERIO.
3. Et disse epsa testimonia che, da poi che epsa Madre sancta Chiara intrò nella Religione, fu de tanta humilità, che epsa lavava li piedi alle Sore: unde una volta lavando li piedi ad una Serviziale se inchinò volendoli basciare li piedi: et quella Servitiale, tirando lo piede ad sé, incautamente percosse la boccha de epsa beata Madre col piede. Oltra de questo, epsa beata Chiara dava l'acqua alle mane de le Sore, et la nocte le copriva per lo freddo.
4. Ancho era de tanta asperità nel corpo suo, che era contenta de una sola tonicha de laçço et de uno mantello. Et se alcuna volta havesse veduto che alcuna tonicha de le Sore fusse stata più vile che quella che portava epsa, se la toglieva per lei et dava a quella Sora la sua megliore.
5. Ancho disse epsa testimonia che la dicta beata Chiara una volta se fece fare una certa veste de coio de porcho, et portava li peli et le setole tondite verso la carne; et questa portava nascosamente socto la tonicha le laçço. Similmente un'altra volta se fece fare un'altra vesta de peli de coda de cavallo, et factone poi certe cordelle con esse lo se strengeva al suo corpo; et cusì conli decti cilitii affligeva le sua virginea carne. Et disse che anchora ce ne era una de quelle veste nel monasterio.
6. Ancho disse, che quantunque epsa usasse cusì asperi celitii et veste per se medesima, era però molto misericordiosa alle Sore che non potevano patere quelle asperitade, et voluntieri lo' dava consolatione.
7. Adomandata como sapesse de quelle veste, respose, che le haveva vedute, però che epsa le prestava alcuna volta ad certe Sore; ma del cilitio del cuoio non se recordava haverlo veduto, ma lo intese da la sua sorella carnale, la quale diceva che lo haveva veduto. Imperò che epsa lo portava, como se diceva, molto nascostamente, ad ciò che non fusse de ciò represa da le Sore gli tolsero le predecte veste cusì aspere.
8. Ancho disse che la predicta Madre beata Chiara, prima che se infermasse, faceva tanta abstinentia, che la quadragesima magiure et quella de sancto Martino sempre le degiunava in pane et acqua, excepto lo dì de la domenica, che beveva uno pocho de vino, quando ne haveva. Et tre dì la septimana, cioè el lunedì, el mercoledì e 'l venerdì, non mangiava nesuna cosa, per fine ad quello tempo che sancto Francesco li comandò che, per omni modo, omne dì mangiasse uno pocho: et allora per fare la obedientia pigliava uno pocho de pane et acqua. - Adomandata como questo sapeva, disse che lo haveva veduto, et che era stata presente quando sancto Francesco li fece quello comandamento.
9. Disse ancho epsa testimonia che la predicta Matre sancta Chiara era molto assidua in oratione lo dì et la nocte; et circha la meççanocte epsa resvegliava le Sore in silentio, con certe segni, ad laudare Dio. Epsa accendeva le lampade nella chiesia, et spesse volte epsa sonava la campana ad Mactutino. Et quelle Sore che non se levavano per lo sono de la campana, epsa le chiamava per li suoi segni.
10. Ancho disse che lo suo parlare sempre era de cose de Dio, et non voleva parlare de cose seculare, né voleva che le Sore le recordassero. Et si alcuna volta fusse adcaduto che alchuna persona mundana havesse fatto qualche cosa contra Dio, epsa maravigliosamente piangeva, et exortava quello tale persona, et predicavali sollicitamente che tornasse ad penitentia. - Adomandata como sapesse le decte cose, respose: però che epsa era con lei et vedeva le decte cose.
11. Et disse che epsa madonna Chiara spesse volte se confessava, et con grande devotione et tremore pigliava spesso lo santo sacramento del Corpo de nostro Signore Iesu Christo, in tanto che, quando epsa lo pigliava, tucta tremava.
12. Delli corporali fatti del suo filato, disse quello medesimo che haveva decto sora Pacifica, testimonia de sopra; ma agionse che epsa fece fare caselle de carta per tenerli, et quelle fece foderare de seta, et feceli bendire dal Vescovo.
COME LIBERO' UNA SORA CHE HAVEVA PERDUTA LA VOCE.
13. Ancho disse che, havendo epsa testimonia perduta la voce, in tanto che a pena poteva pianamente parlare, la nocte de la Assumptione de la Vergene Maria ebbe in visione che la predicta madonna Chiara, factoli con la mano sua lo segno de la croce,la liberava; et così fu facto, ché in quello dì medesimo fo liberata, facto che epsa ebbe sopra de lei lo segno della croce. Et disse che questa infirmità li era durata quasi doi anni. - Adomandata quanto tempo era che la dicta Sora fu liberata, respose che non se recordava. - Adomandata chi ce fu presente, respose che sora Pacifica predicta, la quale de sopra è stata testimonia, et alcune altre Sore, le quale erano morte.
14. Ancho del vaso de l'olio disse quello medesimo che haveva decto sora Pacifica, excepto che non se recordava si sancta Chiara lavò el vaso lei, overo lo fece lavare da altri.
COMO LIBERO' UNO FRATE DA LA INSANIA.
15. Disse anche la dicta testimonia che, essendo infirmato de insania uno certo Frate de l'Ordine delli Frati Minori, lo quale se chiamava frate Stephano, sancto Francesco lo mandò al monasterio de Sancto Damiano, ad ciò che sancta Chiara facesse sopra de lui lo segno de la croce; lo quale havendo facto, el Frate dormì uno pocho nel locho dove la sancta Madre soleva orare; et da poi resvegliato, mangiò uno pocho et partisse liberato. - Adomandata chi fu presente a questo, respose, che furono le Sore del monasterio, de le quale alcune erano vive et alcune morte.- Adomandata se lei cognosceva prima quello Frate, et quante dì innanti lo haveva veduto infermo, et quanto tempo da poi fu veduto sano, et del loco donde lui era nativo; respose de tucte queste cose, che lei non le sapeva, perché epsa stava renchiusa; et quello frate Stephano poi che fu liberato se ne andò per la via sua.
DELLA LIBERATIONE DA LA PIAGHA DE LE FISTOLE.
16. Disse ancho epsa testimonia che una Sora dell decto monasterio, chiamata sora BENVENUTA DE MADONNA DIAMBRA, era gravemente inferma et pativa grande dolore de una grave piagha le quale habeva socto el braccio; et questo sapendo la pietosa Madre santa Chiara, havendoli grande compassione, se mise in oratione per lei, et poi facto sopra de lei lo segno de la croce, incontenente fu liberata. - Adomandata como sapeva questo, respose, che epsa vidde prima la piagha, et da poi la vidde liberata. - Adomandata se epsa fu presente quando li fece lo segno della croce, disse che non, ma udì che cusì era stato et che cusì haveva facto. - Adomandata quando fu questo, disse che non se recordava né 'l dì né l' mese, né quanti dì innanti, né quanti da poi; ma che la vidde sanata et liberata subito de po quello dì che se diceva che sancta Chiara li haveva facto lo segno de la croce.
17. Ancho disse epsa testimonia che in quello locho dove epsa madonna Chiara era consueta de intrare alla oratione, lei ce vidde de sopra uno grande splendore, in tanto che credette fusse fiamma de focho materiale. - Adomandata chi lo vidde altro che lei, respose che allora epsa sola lo vidde. - Adomandata quanto tempo innanti fusse stato, respose che fu innanti che la dicta madonna se infirmasse.
COME UNO MAMMOLO FU LIBERATO DALLA PIETRA.
18. Ancho disse che uno mamolo de la cità de Spolete, chiamato Mathiolo, de età de tre overo de quactro anni, se mise una petrella piccholina in una delle nare del naso suo, in modo che per nesuno modo se ne poteva cavare, et lo mammolo pareva stesse in periculo. Menato ad sancta Chiara, facto da epsa sopra de lui lo segno de la santa Croce, subito li cascò quella petrella del naso, e 'l mammolo fu liberato. - Adomandata chi ce fu presente, respose, che ce furono più Sore, le quale hora sono morte. - Adomandata quanto era stato innanti, respose che non se recordava, però che epsa non ce fu presente, quando la sancta Madre li fece lo segno de la croce. Ma affirmava de saperlo per udito da le altre Sore, et che epsa vidde quello mammolo sanato in quello dì o vero lo dì seguente che fu liberato.
19. Ancho disse che non credeva che né lei, né nesuna de le Sore potesse pienamente dire la santità et la grandeçça de la vita de la sancta memoria de madonna Chiara, excepto che non havesse lo Spirito Sancto che glie lo facesse dire. La quale, etiamdio quando era gravemente inferma, non volse mai lassare le suoi consuete oratione.
COMO PER LE ORATIONE DE SANCTA CHIARA FU LIBERATO LO MONASTERIO DA LI SARACENI.
20. Ancho disse, che essendo una volta, al tempo de la guerra de Assesi, certi Saraceni montati su nel muro et descesi da la parte dentro nel chiostro de Sancto Damiano, la predicta sancta Matre madonna Chiara, la quale allora era gravemente inferma, se levò su nel lecto, et fece chiamare le sore confortandole che non temessero: et facta la oratione, lo Signore liberò da li nimici el monasterio et le Sore; et quelli Saracini, li quali già erano intrati, se partirono.
21. Ancho disse, che per le virtù et gratie che Dio haveva poste in lei, tutti quelli che la cognoscevano la tenevano como sancta.
22. Ancho disse che spetialmente epsa tanto amò la povertà, che né papa Gregorio, né lo vescovo Hostiense, poddero mai fare che epsa fusse contenta de recevere alcune possessione; ançi epsa beata Chiara fece vedere la sua heredità et darla alli poveri. - Adomandata como sapesse queste cose, respose che epsa fu presente et udì quando da mesere lo Papa predicto li se diceva che volesse recevere le possessione; lo quale Papa venne personalmente al monasterio de Sancto Damiano.
23. Ancho disse che la predicta Matre sancta Chiara cognobbe per spirito che una de le Sore suoi, chiamata sora Andrea, havendo certe scrofole nella gola, una nocte con le proprie mane se strense la gola, in modo che perdecte la parola; unde epsa subito mandò a Sora a llei, ad ciò che li disse succurso et adiutorio.
III TESTIMONIA
1. Sora PHILIPPA FIGLIOLA GIA' DE MESERE LEONARDO DE GISLERIO monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che dopo quactro anni da poi che sancta Chiara venne alla Religione per predicatione de sancto Francesco, epsa testimonia intrò in quella Religione medesima; però che la predicta sancta li propuse come el nostro Signore Iesu Crhisto per la salute de la humana generatione sostenne passione et morì in croce; et cusì epsa testimonia, compuncta, consentì de essere nella Religione et insieme como epsa fare penitenti. Et stecte con la predica madonna Chiara de quello tempo per fine al dì della sua morte, quasi per trenta octo anni.
2. Et disse che tanto fu la sanctità de la vita et la honestà delli costumi de epsa beata Matre, che né lei né alcuna de le Sore la poteria pienamente explicare. Imperò che epsa madonna Chiara, como ella fu vergine dalla infantia sua, cusì vergine dal Signore electa permase. Et che né apo essa testimonia, né apo le altre Sore, non è alcuna dubitatione de la sanctitò sua. Ancho più, che prima che sancta Chiara intrasse nella Religione era tenuta per sancta da tucti quelli che la cognoscevano; et questo era per la molta honestà de la vita, et per le molte virtà et gratie, le quale lo Signore Dio haveva poste in lei.
DA LA CONVERSATIONE DE SANCTA CHIARA NEL MONASTERIO.
3. Et disse ancho questa testimonia che, da poi che sancta Chiara intrò nella Religione,lo Signore li augumentò le virtù et le gratie, imperò che sempre fu molto humile e devota, benigna et molto amatrice de la povertà, havendo compassione alle afflicte. Era assidua in oratione, et la conversatione sua et lo suo parlare sempre era de le cose de Dio, tanto che mai prestava la sua lingua né le suoi orecchia alle cose mundane.
4. Castigava lo corpo suo con li asperi vestimenti, havendo alcuna volta le veste facte de corde de crini o de coda de cavallo; et haveva una tonicha et uno mantello che laçço vile. Lo lecto suo era de sarmenti de le vigne, et de questi fu contenta per alcuno tempo.
5. Ancho affligeva el corpo suo non mangiando alcuna cosa tre dì de la septimana, cioè la seconda, quarta et sexta feria; et nelli altri dì digiunava (in) pane et acqua.
6. Nientedimeno sempre era allegra nel Signore, et mai se vedeva turbata, et la sua vita era tucta angelica, et tanta gratia li haveva data el Signore, che spesse volte quando le Sore suoi se infirmivano, epsa beata, facto lo segno de la croce con la sua mano, le liberava.
7. Ancho disse che epsa beata Madre ebbe spetialmente la grati de molte lacrime, havendo grande compassione alle Sore et alli afflicti, et spetialmente effundeva molte lacrime quando receveva el corpo del nostro Signore Iesu Christo.
8. Adomandata como sapesse tucte le predicte cose, respose: perché essa testimonia fu la terça Sora de essa madonna Chiara, et che la cognosceva da la sua pueritia, et dal predicto tempo in poi sempre stecte con lei, et vidde le predicte cose.
9. Ancho disse che tanta fu la humilità de epsa beata Madre, che despreççava al tutto se medesima, et ponevase innante le altre Sore, facendose inferiore de tucte, servendo a lloro, dando l'acqua alle mane, et lavando le sedie de le Sore inferme con le proprie mane, et lavando li piedi etiamdio de le Servitiale. Unde una volta, lavando li piedi de una Servitiale del monasterio, li volse basciare li piedi, et quella retirò lo piede ad sé mancho che discretamente, et così retirando percosse la sancta Madre col piede nella boccha; et non di meno essa per sua humiltà non restò per questo, ma basciò la pianta del piede de la dicta Servitiale. - Adomandata como sapesse le dicte cose, respose che le vidde, però che ce fu presente.
DE UNA SORA CHE FU LIBERATA DA UNA FISTOLA
10. Adomandata questa testimonia chi furono quelle Sore guarite da la beata Chiara col segno de la croce, disse che fu sora BENVENUTA DE MADONNA DIAMBRA, la quale havendo hauta per dodici anni una piagha grande socto el braccio, la quale se chiamava fistola, factoli da la predicta madonna lo segno de la croce con la oratione del Signore, cioè el Pater nostro, fu liberata da essa piagha.
11. Ancho disse che sora Amata, monacha del dicto monasterio, era gravemente inferma de hydropisia et de febre, et haveva el ventre grandissimo: recevuto che ebbe da la sancta Matre lo segno de la croce, et havendola tocchata con le mane suoi, la matina sequente fu guarita, in tanto che lirimase el corpo piccholo, como de una persona ben sana. - Adomandata como lo sapesse, respose che epsa vidde quando la sancta Matre li fece lo segno de la croce et toccholla, et vidde che era stata longho tempo innanti inferma, et lo dì sequente predicto; et così da poi, la vidde sana.
12. De frate STEPHANO liberato disse quello medesimo che haveva dicto sora BENVENUTA testimonia de sopra.
13. Ancho disse che tanto fu amatrice de la povertà che quando li helemosinarii del monasterio reportavano per lymosina li pani sani, epsa reprehendendoli li ricercava dicendo: "Chi ve ha dati questi pani sani?" Et questo diceva perché amava più recevere per helemosina li pani rocti che li sani.
14. Et mai non podde essere inducta né dal Papa, né dal Vescovo Hostiensi che recevesse possesione alcuna. Et lo Privilegio de la povertà, lo quale li era stato concesso, lo honorava con molta reverentia, et guardavalo bene et con diligentia, temendo de non lo perdere.
COMO SANCTA CHIARA LIBERO' UNO MAMMOLO DA LA FEBRE.
15. Anche disse la predicta testimonia che uno mammolo, figliolo de mesere Giovanni de maestro Giovanni, procuratore de le Sore haveva la febre gravemente, lo quale fu menato alla predicta Matre sancta Chiara; et recevuto che ebbe da lei lo segno de la croce, fu liberato. - Adomandata como lo sapesse, respose, perché fu presente quando lo mammolo venne, et quando la beata Matre lo tocchò et feceli lo sengo de la croce. - Adomandata si quello mammolo allora haveva la febre, et si epsa lo vidde da poi guarito, respose che pareva, et così se diceva, che epso allora haveva la febre, et da pio non lo vidde più, perché el mammolo uscì allora del monasterio, ma el patre suo li disse che subito fu guarito.
COMO LIBERO' SORA ANDREA DA LE SCROFOLE.
16. Disse ancho essa testimonia che, patendo una de le Sore, chiamata sora Andrea da Ferrara, le scrofole nella gola, la predicta madonna Chiara cognobbe per spiritu che epsa era molto temptata per volerne guarire; unde una nocte essendo epsa sora Andrea de socto nel dormitorio, in tale modo et sì fortemente se strense la gola con la proprie mane, che perdecte el parlare; et questo cognobbe la sancta Matre per spiritu. Unde incontenente chiamò epsa testimonia, la quale dormiva lì apresso, e disseli: "Descende presto de socto nel dormitorio, che sora Andrea sta inferma gravemente; scardali uno ovo, et dalli a bere; et come haverà rehauto lo parlare, menala ad me". Et così fu facto. Et recercando epsa madonna da epsa sora Andrea que havesse hauto o que havesse facto, epsa sora Andrea non li voleva dire; unde la memorata madonna li disse omne cosa per ordine come li era intervenuto; et questo fu divulgato intra le Sore.
COMO LIBERO' UNA SORA DALLA SURDITA' ET LO MONASTERIO DALLI SARACINI.
17. Ancho disse epsa testimonia che madonna Chiara liberò una sora, chiamata sora Christiana, da la surdità de una orechia, la quale haveva sostenuta longho tempo.
18. Ancho disse che, al tempo della guerra de Assesi, temendo molto le Sore lo advenimento de quelli Tartari et Saracini et altri innimici de Dio et de la sancta Chiesia, la predicta beata Matre le incominciò ad confortare, dicendo: "Sorelle et figliole miei, non voliate temere, però che si Idio sarà con noi, li innimici non ce poteranno offendere. Confidateve nel Signore nostro Iesu Christo, però che epso ce liberarà; et io voglio essere vostra recolta, che non ne faranno alcuno male; et se epsi verranno poneteme innanti a loro". Unde uno dì sopravvenendo li innimici alla destructione della ciptà de Assesi, certi Saracini montarono sopra lo muro del monasterio et desce (se) ro nel chiostro, unde le predicte Sore temevano grandemente. Ma la sanctissima Matre tucte le confortava, et despreççava le forçe loro, dicendo: "Non voliate temere; però che non ce poteranno nocere". Et dicto questo, recurse allo auditorio della usata oratione. La força de la quale oratione fu tanta, che l'innimici predicti Saracini, sensa fare alcuna lesione, se partirono come fossero stati cacciati, in tanto che non toccharo alcuno de la casa. - Adomandata como sapesse le predicte cose, respose: perché ce era stata presente. - Adomandata del mese et del dì, disse che non se recordava.
19. Ancho disse che, quando Vitale de Aversa mandato da lo imperatore con grande exercito venne ad asidiare la città de Assesi, se temeva molto, secondo che ad essa madonna Chiara era stato referito, che la cità non fosse presa et pericolata, però che epso Vitale haveva dicto che quale cose havendo intese epsa madonna, confidandose della potentia de Dio, fece chiamare tucte le Sore, et fecese portare de la cenere, et con epsa coperse tucto lo capo suo, lo quale se haveva fatto tondire. Et poi epsa medesima puse la cenere sopra li capi de tucte le Sore, et comandò loro che tucte andassero alla oratione, ad ciò che lo Signore Dio liberasse la ciptà predicta. Et così fu facto; imperò che lo dì seguente, de nocte, lo dicto Vitale se partì con tucto lo suo exercito.
20. Ancho disse epsa testimonia che, essendo la predicta madonna et sancta Matre presso alla morte, una sera de nocte sequendo el sabbato, epsa beata Matre incominciò ad parlare dicendo così:"Va' secura in pace, però che haverai bona scorta, però che quello che te creò, innanti te sanctificò, et poi che te creò mise in te lo Spirito Sancto, et sempre te ha guardata como la matre lo suo figliolo lo quale ama". Et agionse: "Tu Signore, sii benedecto, lo quale me hai creata" Et molte cose disse parlando de la Trinità così sutilmente, che le Sore non la potevano bene intendere.
21. Et dicendo epsa testimonia ad una Sora che era lì: "Tu che hai bona memoria, tiene bene a mente quello che la madonna dice"; et epsa madonna udì questa parola, et disse alle Sore che erano lì presente: "Tanto terrete a mente queste cose che ora dico, quanto ve concederà quello che me le fa dire".
22. Ancho una Sora, chiamata sora Anastasia, adomandò epsa madonna co chi o ad chi parlava quando disse le prime parole decte de sopra; a la quale epsa respose: "Io parlo a l'anima mia".
23. Et agionse epsa testimonia, che per tucta la nocte de quello dì, nel quale epsa passò de questa vita, admonì le Sore predicando a lloro. Et nella fine fece la confessione sua tanto bella et bona, che epsa testimonia non la haveva mai udita tale. Et questa confessione fece perché dubitava non avere offeso in qualche cosa la fede promessa nel baptisimo.
24. Et mesere Innocentio papa la venne ad visitare essendo inferma gravemente: essa disse poi alle Sore: "Figliole miei, rendete laude ad Dio però che el cielo et la terra non bastarà ad tanto benefitio che ha receuto da Dio imperò che oggi ho recevuto Lui nel sancto Sacramento, et ancho ho veduto lo suo Vicario". - Adomandata como sapesse le dicte cose, respose, perché le vidde et fu presente. - Adomandata quanto tempo fu questo innante alla morte de epsa madonna Chiara, respose: pochi dì.
25. Disse ancho la dicta testimonia, che epsa madonna Chiara fu tanto sollicita nella contemplatione, che nel dì del Venerdì santo, pensando epsa sopra la passione del Signore, stecte quasi insensibile per tutto quello dì et grande parte de la nocte seguente.
26. Del vaso de l'olio disse quello medesimo che avevano dicto le testimonie sopra dicte con giuramento per udito.
27. Anche adomandata de le altre Sore che furono guarite, respose che ne erano state guarite più, le quale poi erano morte.
DE LI PRESAGII DE LE COSE DA VENIRE.
28. Ancho disse la dicta testimonia, che epsa madonna Chiara referì alle Sore, che quando la sua matre era gravida de lei, andò nella chiesia, et stando denante alla croce, mentre che attentamente orava, pregando Dio che la subvenisse et adiutasse nel periculo del parto, audì una voce che li disse:"Tu parturirai uno lume che molto illuminarà el mondo".
29. Referiva ancho epsa madonna Chiara, che una volta in visione li pareva che epsa portava ad sancto Francesco uno vaso de acqua calda, con uno sciucchatoio da sciucchare le mane, et salliva per una scala alta, ma andava cusì legieramente, quasi come andasse per piana terra. Et essendo pervenuta ad sancto Francesco, epso sancto trasse del suo seno una mammilla et disse ad essa vergine Chiara: "Viene, receve et sugge": Et avendo lei succhato, epso sancto la admoniva che suggesse un'altra volta; et epsa suggendo, quello che lì suggeva, era tanto dolce et delectevole, che per nesuno modo lo poteria explicare. Et havendo succhato, quella rotondità overo boccha de la poppa dodo escie lo lacte remase intra li labri de epsa beata Chiara; et pigliando epsa con le mane quello che li era remaso nella boccha, li pareva che fusse oro così chiaro et lucido, che ce se vedeva tucta, come quasi in uno specchio.
DEL MIRABILE AUDITO DE SANCTA CHIARA.
30. Narrava anchora la predicta madonna Chiara, come ne la nocte de la Natività del Signore proximamente passata, non potendo epsa per la grave infermità levarse del lecto per intrare nella capella, le Sore andaro tucte al Matutino al modo usato, lassando lei sola. Allora epsa madonna suspirando disse: "O Signore Dio, eccho che so' lassata sola ad te in questo loco". Allora subitamente incomiciò ad udire li organi et responsorii et tucto lo offitio delli Frati della chiesia de Sancto Francesco, como si fusse stata lì presente.
31. Questi et molti altri miraculi per dicto et udito referiva questa testimonia, de la sopradicta madonna Chiara, la quale fu prima Matre et Abbadessa del monasterio de Sancto Damiano, et fu la prima in epso Ordine. Nobile de generatione et parentado, et riccha nelle cose del mondo, la quale tanto amò la povertà, che tucta la sua eredità vendecte et distribuì alli poveri. Et tanto amò epso Ordine, che non volse mai lassare una minima cosa ciraca la observantia del predicto Oridine, etiamdio quando stava inferma.
32. Et nella fine de la vita sua, chiamate tucte le Sore suoi, lo' recomandò attentissimamente lo Privilegio de la povertà. Et desiderando epsa grandemente de havere la Regola de l'Ordine bollata, pure che uno di se potesse ponere epsa Bolla alla boccha sua, et poi de l'altro dì morire; et como epsa desiderava, così li adivenne, imperò che venne uno Frate con le lectere bollate, le quale epsa reverentemente pigliando, ben che fusse presso alla morte, epsa medesima se puse quella Bolla alla boccha per basciarla. Et poi lo di seguente passò de questa vita al Signore la predicta madonna Chiara, veramente chiara sença macula, sença obscurità de peccato, alla clarità de la eterna luce. La quale cosa epsa testimonia et tucte le Sore et tucti li altri che cognobbero la sanctità sua tenghono indubitatamente.
IV TESTIMONIA
1. Sora AMATA DE MESSERE MARTINO DA COCORANO, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che era circa venticinque anni che epsa era stata in questa Religione; et cognobbe sancta Chiara, et epsa testimonia intrò nella Religione per admonitione et exortatione de epsa sancta. La quale li diceva che epsa haveva adomandato ad Dio gratia per lei, che non permectesse che epsa fusse ingannata dal mondo, et che non remanesse nel seculo. Et epsa testimonia fo nepote carnale de epsa sancta, unde l'à tenuta como matre.
2. Et cognosceva la sua conversatione, et haveva udito come se era convertita, et che per exortatione et predicatione de sancto FRANCESCO haveva presa la Religione; benché prima che pigliasse la Religione era tenuta sancta da tucti quelli che la cognoscevano, per le molte gratie et virtude le quale Dio li haveva donate, sì come de lei udiva per publica fama.
3. Et da poi che la predicta testimonia intrò nella Religione stecte sempre con lei; unde cognobbe la sanctità della conversatione de la vita sua, la quale sanctità, che era nelli doni de Dio et nelle virtù che Dio li aveva date, per nessuno modo lei le haveria potuto explicare; però che tucte insieme erano in lei: la virginità summa, la benignità, la mansuetudine, la conpassione verso le Sore suoi, et ancho de li altri.
4. Et nella oratione et contemplatione era assidua, et quando epsa tornava da la oratione, la faccia sua pareva più chiara et più bella che 'l sole. Et le suoi parole mandavano forma una dolceçça inenarrabile, in tanto che la vita sua pareva tucta celestiale.
5. Nella parcità delli cibi era tanto strecta, che pareva fusse nutrita da li Angeli. Epsa certamente affligeva el corpo suo, in tanto che tre dì de la septimana, cioè, el lunedì, el mercoledì e 'l venardì, non mangiava nesuna cosa, et nelli altri dì degiunava in pane et acqua, per sino a quello tempo che sancto Francesco li comandò che nelli predicti dì che non mangiava niente, mangiasse qualche cosa. Et allora, per fare la obedientia, mangiava uno pocho de pane et beveva uno pocho de acqua.
6. Nella asperità de le veste et del lecto, disse quello medesimo che haveva dicto sora Philippa testimonia dicta de sopra.
COMO EPSA FO LIBERATA DA LA FEBRE; DA LA TOSSA E DA LA HYDROPISIA.
7. Ancho disse epsa testimonia che, essendo lei gravemente inferma de hydropisia, febre et tossa, et haveva dolore in uno lato, sancta Chiara li fece lo segno de la croce con la sua mano, et subito la liberò. - Adomandata que parole diceva epsa sancta, respuse, che, havendoli posto la mano sopra, pregò Dio che, si era el meglio per l'anima sua, la liberasse da quelle infirmitade. Et così incontenente fo liberata. - Adomandata quanto tempo innante era stata inferma, disse che era stata per tredece mese; ma da poi non hebbe più la dicta infirmitade. Haveva allora el ventre infiato grandemente, per modo che a pena poteva inchinare el capo. Et così, per li meriti da epsa sancta, el Signore la liberò perfectamente.
COMO LIBERO' UNA SORA DA LA FISTOLA.
8. Similmente la dicta madonna Chiara liberò certe Sore da le loro infirmitade, factoli con la sua mano lo segno de la croce. - Adomandata chi furono quelle Sore, respuse: sora Benvenuta de madonna Diambra, la quale haveva socto el braccio certe piaghe grande, nelle quale se mectevano cinque tasti, et haveva hauta quella infirmità undici anni o circha. Et factoli da la sopradicta madonna lo segno de la croce, fo liberata. - Adomantada como sapesse questo, respuse che ne uscirono li tasti; et essa da poi non ebbe più quella infermità. - Adomandata que infirmità era quella, respuse che se chiamavano fistole.
COMO LIBERO' UNA SORA DA LA TOSSA.
9. Ancho dise che un'altra Sora, chiamata sora Cecilia, haveva una tossa grave, la quale, subito che cominçava ad mangiare, li sopraveniva in modo che pareva se dovesse adfogare: unde la predicta sancta Matre, uno certo dì che era la sexta feria, li decte uno pocho de fochaccia che la mangiasse, la quale quella la prese con grande timore; nientedimeno per lo comandamento de la Sancta Matre la mangiò; et da poi non sentì più quella infirmità. - Adomandata quanto tempo innati havesse hauta la dicta infirmità, respuse che non se recordava, ma credeva che la havesse hauta longho tempo.
COMO LIBERO' UNA SORA DA LA SURDITA' DE UNA ORECCHIA.
10. Disse ancho che un'altra, chiamata sora Christiana, era stata sorda da una orecchia molto tempo, etiandio prima che intrasse nel monasterio, et da poi. Nientedimeno, epsa madonna Chiara tocchandoli lo orecchia sorda et factoli lo segno de la croce, fo liberata. DE le altre Sore disse non se recordava, ben che più altre ne fussero state liberate.
COMO LIBERO' UNO MAMMOLO DE LA MACCHIA DE L'OCCHIO.
11. Ancho disse che uno mammolo da Peroscia haveva nell'occhio una certa macchia che li copriva tucto l'occhio, unde fo menato ad sancta Chiara, la quale tocchò l'occhio del mammolo, et poi li fece lo segno della croce. Et poi disse:"Menatelo alla mia madre sora Ortulana (la quale era nel monasterio de Sancto Damiano) et faccia sopra de lui lo segno de la croce". La quale cosa facta, el mammolo fo liberato: unde sancta Chiara diceva che la sua madre lo haveva liberato; et per lo contrario la madre diceva che madonna Chiara sua figliola lo haveva liberato, et così ciascheduna dava questa gratia ad l'altra. - Adomandata quanto tempo innati haveva veduto el mammolo con quella macchia, respuse, che lo haveva veduto con quella macchia, quando fo portato ne (l) monasterio alla dicta madonna Chiara: né innanti lo vidde, né da poi che fo guarito, però che subito uscì fora del monasterio. Et epsa testimonia stecte sempre renchiusa nel monasterio per tucto lo tempo sopra dicto.
12. Adomandata de la humiltà de la predicta sancta, disse quello medesimo che haveva dicto sora Phylippa, testimonia de sopra, con giuramento.
13. Ancho de lo amore de la povertà et de la oratione de essa sancta disse quello medesimo che la dicta sora Phylippa.
14. Disse anche epsa testimonia che, temendo le Sore lo advenimento de li Saracini et Tartari et de li altri infideli, pregarono la sancta Matre che facesse tanto col Signore, che lo monasterio loro fusse defeso: et epsa Matre sancta lo' respuse: "Sorelle et figliole miei, non voliate temere, perché il Signore ve defenderà. Et io vogli essere vostra recolta: et se occurrerà che li innimici venghano giù al monasterio, ponete me denanti a lloro". Et così poi per le oratione de tanto sancta Matre lo monasterio, le Sore et la robba remase sença alcuna lesione.
15. De lo assedio et liberatione de la cità de Assesi, disse quello medesimo che haveva dicto sora Phylippa.
16. Del miraculo de la nocte de la matre de sancta Chiara, et de la visione de sancta Chiara, et de la mammilla de sancto Francesco, et del miraculo de la nocte de la Natività del Signore, de tutte queste cose disse quello medesimo che sora Phylippa. Ma ce agionse, che epsa udì da la predicta madonna Chiara, che in quella nocte de la Natività del Signore, vidde ancho el presepio del Signore nostro Iesu Christo.
17. Ancho disse epsa testimonia che bene el Signore providde che la prima in quello Ordine fusse tancto sancta, nella quale non fusse veduto alcuno defecto, ma se vedessero inlei accumulate tucte le virtù et le gratie: in tanto che mentre anchora viveva era tenuta sancta da tucti quelli che la cognoscevano. Fo nobile de progenie secondo la carne, ma fo molto più nobile nella observantione de la sancta Religione et Ordine suo; la quale etiamdio nel tempo de la sua infirmità non volse mai lassare alcuna cosa de epso Ordine, et così nella sua sanctità governò sé et le Sore suoi quasi per quaranta tre anni.
18. Amava le Sore suoi como semedesima, et epse Sore in vita et de po la morte sua hanno lei in reverentia come sancta et Matre de tucto l'Ordine. Et disse ancho che de la sanctità sua et de la sua bonità, più erano li beni et le virtù suoi, che lei sapessa o potesse dire.
19. Ancho disse che, essendo epsa madonna Chiara presso al fine del passare de Questa vita, cioè el venardì proximo innanti la sua morte, disse alla testimonia che era remasta sola con lei: "Vedi tu lo Re de la gloria, lo quale veggo io?".Et questo li disse più volte et pochi dì da poi expirò.
20. Ancho disse che epsa testimonia udì da una donna Pisana, che lo Signore la haveva liberata da cinque demoni per li meriti de sancta Chiara, et che li demoni confessavano che le oratione de epsa madonna Chiara li incendevano; et per questo la dicta donna era venuta al monasterio, al loco dove se parla alle Sore, ad ciò che rendesse gratie ad Dio prima et alla madonna sopra dicta. - Adomandata quanto tempo era stato innanti, respuse, che quactro anni o circha.
V TESTIMONIA.
1. Sora CHRISTIANA DE MESSERE CHRISTIANO DE PARISSE, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che, essendo epsa testimonia stata molto tempo sorda da una orecchia et avendoce facte molte medecine, le quali non li giovarono mai niente, l'ultimo sancta Chiara segnò el capo suo col segno de la croce et toccholli la orecchia. Et così la orecchia sua li fo aperta, in tanto che udiva molto bene. - Adomandata quanto tempo era che questo fo facto, disse che era circha uno anno. - Adomandata del mese et del dì, respuse: del mese de giugno o de luglio; del dì non se recordava.
2. Ancho disse epsa testimonia che per nesuno modo saperia explicare la sanctità de la vita de epsa madonna Chiara et la honestà de li suoi costumi. Con ciò sia cosa che, come epsa credeva fermamente, lei fusse stata piena de gratie et de virtude et de sancte operatione. Et credeva che tucto quello de sanctità che se po' dire de alcuna sancta donna depo la Vergine Maria, in verità se possa dire de lei; ma era llei impossibile potere racontare tucte le suoi virtù et gratie.
3. De la liberatione de sora Benvenuta da le piaghe, disse quello medesimo che haveva dicto sora Amata testimonia de sopra.
4. Ancho disse che nonerano forniti anchora sepri anni che epsa testimonia era intrata nel monasterio.
5. Disse ancho che, essendo caschato uno uscio del monasterio, lo quale era molto grieve, adosso alla predicta madonna Chiara, una Sora, chiamata sora Angeluccia da Spoleti, chiamò forte, temendo che non la havesse morta, imperò che epsa per se medesima non poteva levare quello usciio che tucto stava sopra epsa madonna. Unde epsas testimonia et le altre Sore cursero, et vidde epsa testimonia che anchora lo uscio li stava adosso, lo quale era de tanta greveçça, che apena tre Frati lo poddero levare et reponere nel loco suo. Nientedimeno epsa madona disse che non li haveva facto alcuno male, ma era stato sopra de lei come fusse stato uno mantello. - Adomandata quanto tempo innanti era stato questo, respuse: che erano septe anni o circha, nell mese de luglio, nella octava de sancto Pietro.
VI TESTIMONIA.
1. Sora Cecilia Figliola de Messere Gualtieri Cacciaguerra da Spello, monaca del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che epsa udì da la sancta memoria de madonna Chiara, già Abbadessa del predicto monasterio, che potevano essere quaranta tre anni o circha, che epsa madonna era stata nel regimento de le Sore; et da poi tre anni epsa testimonia intrò nella Religione, da poi che la predicta madonna per le predicatione de sancto Francesco intrò nella Religione. Et epsa testimonia ce entrò per le exortatione de epsa madonna Chiara et de la bona memoria de frate Phylippo. Et da quello tempo in qua, poi che furono anni quaranta, stecte socto el sancto regimento de la dicta madonna Chiara, de la vita de la quale, quanto fusse laudabile et maravigliosa, et de la sua sancta conversatione epsa testimonia non era suffitiente ad parlarne pienamente.
2. Però che Idio la elesse in Madre de le vergine et prima et principale Abbadessa de l'Ordine, ad ciò che epsa guardasse la grece, et con lo suo exemplo confirmasse nel proposito de la sancta Religione le altre Sore de li monasterii de epso Ordine; et certamente epsa fo diligentissima circha la exortatione et guardia de le Sore, havendo conpassione alle Sore inferme, et era sollicita circa de li loro servitii, soctomectendosi humilmente etiamdio alle minime Servitiale, despreçando sempre se medesima.
3. Era vigilante in oratione in contemplatione sublime, in tanto che alcuna volta, tornando epsa da la oratione, la sua faccia pareva più chiara che lo usato, et de la boccha sua ne usciva una certa dolceçça.
4. Nella oratione haveva abundantia de lacrime, et con le Sore monstrava letitia spirituale. Mai era turbata, ma con molta mansuetudine et benevolentia amaestrava le Sore; et alcuna volta, quando era bisogno, reprendeva le Sore diligentemente.
5. Non volse mai perdonare al corpo suo; più presto nel giacere et nel vestire fo asperissima; et nel mangiare et nel bere fo strectissima, sì che pareva epsa tenesse vita angelica, per tale modo che la sua sanctità è manifesta ad tucti quelli che l'anno conosciuta overo udita. - Adomandata como sapesse le dicte cose, respuse, che stecte con lei quasi per quaranta anni, et vidde le sua sancta vita et conversatione; la quale cosa non podde essere per alcuno modo, se non che lo Signore infuse in lei le sopradicte gratie habundantemente et molte altre, le quale non saperia nominare, de le quale epsa era ornata.
6. Ancho disse che la predicta madonna Chiara era in tanto fervore de spiritu, che voluntieri voleva sostenere el martirio per amore del Signore: et questo demonstrò quando, havendo inteso che a Marrochio erano stati martiriçati certi Frati, epsa diceva che ce voleva andare; unde per questo epsa testimonia pianse: et questo fo prima che così se infirmasse. - Adomandata chi era stato presente ad questo, respuse che quelle che fuorono presente erano morte.
7. De la humilità de la predicta Sancta, et de la asperità del lecto et de le veste, et de la sua abstinentia et del digiuno, disse quello medesimo che haveva dicto sora Phylippa. Et ancho ce agionse che con le mane suoi lavava le sedie de le Sore inferme, nelle quali alcuna volta erano vermini. Et, como epsa medesima madonna diceva, non sentiva de ciò alcuno fetore, ma più presto ne sentiva bono odore.
8. Ancho disse che lo Signore li haveva data gratia che, facto lo segno de la croce con la sua mano, haveva guarite più Sore da le suoi infirmitade, cioè sora Amata, sora Benvenuta, sora Christiana, sora Andrea, come disse sora Phylippa, la quale de sopra rendecte testimonio: et liberò epsa testimonia sora Cecilia, come disse sora Amata.
9. Et vidde alcuni altri li quali fuorono portati al monasterio a la predicta sancta Madre ad essere curati; et epsa fece lo segno de la croce sopra de loro, et fuorono liberati. Nientedimento non li sapera nominare, né non li vidde da poi, né prima non li haveva più veduti, però che epsa testimonia stecte sempre renchiusa nel monasterio.
10. De lo amore de la povertà, et de la virtù de le oratione de epsa madonna Chiara, et de la liberatione de la cità et del monasterio, disse quello medesimo che sora Phylippa.
11. Ancho disse che sempre, quando era per venire qualche periculo, tucte le Sore, per comandamento de la Sancta Madre, recurrevano ad lo adiutorio de la oratione.
12. Disse ancho epsa testimonia, che epsa udì da la madre de sancta Chiara, che essendo epsa gravida de questa figliola et stando denanti alla croce ad pregare che lo Signore la adiutasse nel periculo del parto, audì una voce la quale li disse che epsa parturiria uno grande lume, lo quale grandemente illustrarà el mondo. - Adomandata quanto tempo era che da epsa lo haveva udito, respuse che fo circha quello tempo nel quale sancto Francesco passò de questa vita.
13. Ancho disse de la visione de la mammilla de sancto Francesco, quello che sora Phylippa, excepto che non se recordava de quello che epsa haveva dicto de la boccha de la mammilla, che sancta Chiara retenne ne la boccha sua.
14. Ancho disse che la dicta madonna Chiara, non volendo mai per alcuno tempo stare otiosa, etiamdio nel tempo de la sua infirmità, de la quale passò de questa vita, se faceva levare ad sedere nel lecto, et filava. Del quale poi fece fare panno sutile, et de quello ne fece fare molti corporali et le case per tenerli, coperte de seta o de sciamito; et poi li mandò al vescovo de Assesi che li benedicesse; et poi li mandò a le chiesie de la cità et del vescovado de Asse(s)i. Et como epsa credeva, fuorono dati per tucte le chiesie.
15. Ancho disse che la predicta madama Chiara haveva spiritu de prophetia, però che mandando uno dì sancto Francesco cinque donne che fussero recevute nel monasterio, sancta Chiara se levò su et recevvene quactro de loro, ma la quinta disse che non la voleva recevere, perché non persevararia nel monasterio, se etiamdio ce stesse tre anni. Ma havendola poi per la molta importunità recevuta, la predicta donna a pena ce stecte per meçço anno. - Adomandata chi fo quella donna, respuse che fo madonna Gasdia figliola de Taccholo. Et questo fo mentre che sancto Francesco anchora vivera. - Adomandata chi fo presente quando sancta Chiara disse quelle parole, respuse che ce era sora Agnese sua sorella, la quale è poco che passò de questa vita; de l'altre Sore non se recordava.
DE LA MARAVIGLIOSA REFECTIONE.
16. Ancho disse che uno dì, non havendo le Sore se non meçço pane, la mità del quale innanti era stata mandata alli Frati, li quali stavano de fora; la predicta madonna comandò ad epsa testimonia che de quello meçço pane ne facesse cinquanta lesche et portassele alle Sore, che erano andate alla mensa. Allora disse epsa testimonia alla predicta madonna Chiara: "Ad ciò che de questo se ne facessero cinquanta lesche, saria necessario quello miraculo del Signore, de' cinque pani et doi pesci". Ma epsa madonna li disse: "Va' et fa' come io te ho dicto". Et così el Signore multiplicò quello pane per tale modo, che ne fece cinquanta lesche bone et grande, come sancta Chiara li haveva comandato.
17. Ancho de l'uscio che cadde sopra epsa madonna, et como lei remase sença lesione, in ogni cosa disse quello medesimo che haveva dicto sora Christiana, dicendo che epsa lo haveva veduto quando li stava adosso.
VII TESTIMONIA.
1. Sora BALVINA DI MESSERE MARTINO DA COCORANO, monacha del monasterio de Sancto Damiamo, giurando disse: che epsa testimonia fo nel monasterio de Sancto Damiano trentasei anni et più, socto lo regimento de la sancta memoria de madonna Chiara, allora Abbadessa del predicto monasterio, la vita et conversatione de la quale lo Signore Dio la adornò de molti doni et virtù, le quale per nesuno modo se poterieno contare.
2. Imperò che epsa madonna stecte vergine da la sua natività: intra le Sore epsa era la più humilel de tucte, et haveva tanto fervore de spiritu, che voluntieri per lo amore de Dio averia portato el martirio per la defensione de la fede et de l'Ordine suo. Et prima che epsa se infirmasse desiderava de andare alle parte de Marrochio, dove se diceva che erano menati li Frati al martirio. - Adomandata come sapesse le dicte cose, respuse che epsa testimonia stecte con epsa per tucto lo predicto tempo, et vedeva et udiva lo amore de la fede et de lo Ordine che haveva la predicta madonna.
3. Et disse come epsa era diligentissima et molto sollicita nella oratione et nella contemplazione et nella exortatione delle Sore, et circha de questo haveva tucta la intentione sua.
4. De la sua humilità et de la virtù de le suoi oratione, et de l'asperità del vestire et del lecto, et de la abstinentia, et del degiuno, disse tucto quello che ne haveva diècto sora PHILIPPA, excepto che non li vidde lo lecto de li sarmenti, ma lo intese dire che lo haveva huto per alquanto tempo. Nondimeno vidde che haveva lo lecto de una taula assai vile.
5. Anche de lo lavare le sedie de le Sore inferme, disse quello medesimo che haveva dicto sora Cecilia.
6. De la liberatione de la cità de Assesi, avendola assediata Vitale de Aversa, et de la liberatione del monasterio da li Saracini et da li altri innimici per le suoi oratione, disse quello medesimo che sora PHYLIPPA.
7. Ancho de li mir(a)culi facti verso le Sore suoi, facto sopra de loro lo segno de la croce con la mano sua, disse quello medesimo che la predicta sora PHYLIPPA. Et agionse che similmente fo liberata Sora Benvenuta da Peroscia da quella infirmità de che haveva perduta la voce, da la predicta sancta, la quale li fece lo segno de la croce. - Adomandata in quale modo lo sapesse, respuse che lo udì da lei medesima.
8. De lo amore et Privilegio de la povertà, disse quello medesimo che la predicta sora PHYLIPPA.
9. Ancho disse questa testimonia che epsa udì da la predilecta madonna Chiara, che nella nocte de la Natività del Signore proximamente passata lei udì el matutino et li altri divini offitii che se facevano in quella nocte nella chiesia de Sancto Francesco, como se epsa fusse stata lì presente. Unde diceva alle Sore suoi: "Voi me lassaste qui sola andando nella capella ad udire el matutino, ma lo Signore me ha ben proveduta, perché non me poteva levare del lecto".
10. Et ancho disse che epsa udì da la predicta madonna la visione della mammilla de sancto Francesco, come disse sora PHYLIPPA.
11. Ancho disse epsa testimonia che lei per la sua simplicità non saperia per alcun modo dire li beni et le virtude che erano in epsa, cioè: la sua humilità, la benignità, la patientia et le altre virtude, de le quale epsa habundava, in tanto che lei credeva fermamente, che da la Vergine Maria in qua, niuna donna fusse de magiure merito che epsa madonna. - Adomandata come sapesse questo, respuse, che de molte altre Sancte haveva udito nelle loro legende la sanctità loro, ma de questa madonna Chiara vidde la sanctità de la sua vita per tucto lo predicto tempo, excepto uno anno et cinque mesi, nelli quali per comandamento de epsa madonna Chiara stecte nel monasterio de Areçço, in compagnia de una donna la quale era stata mandata là. Et epsa testimonia, perché era nepote carnale de sancta Chiara, attendeva diligentemente ad la sua vita et costumi, la quale vita considerata, li pareva molto maravigliosa. - Adomandata perché li pareva maravigliosa, respuse: per la molta abstinentia, la quale non pareva se dovesse potere fare da homo, et per le altre quasi infinite maravigliose cose, le quale Dio operava per lei et in lei, sì como è dicto de sopra.
COMO LIBERO' UNA SORA DA DOLORE DE FEBRE ET DA UNA POSTEMA
12. Et agionse epsa testimonia, che lei medesima, essendo inferma, una nocte era molto afflicta de suno grave dolore nell'ancha, (e) incomençò a dolerse et lamentarse. Et epsa madonna la domandò que haveva. Allora epsa testimonia li disse lo suo dolore, et epsa Madre li se gittò deritto sopra quella ancha nel loco del dolore, et poi ce puse uno panno che haveva sopra lo capo suo, et subitamente el dolore al tucto se partì da lei. - Adomandata quanto tempo fusse che questo era stato, rispuse: sonno dodece anni et più. - Adomandata chi ce era presente, respuse, che era epsa testimonio sola con lei in una camera, dove epsa soleva stare alla oratione. Del mese et del dì overo nocte non se recordava.
13. Un'altra volta, innanti al predicto tempo, epsa testimonia per la predicta sancta Chiara fo liberata da la febre continua et da una postema che haveva nel petto dan canto destro, con ciò sia cosa che le Sore credectero che lei morisse. Et questo fo sonno già vinti anni. - Adomandata quanto l'ha haveva hauta, respose: tre dì.
14. Ancho dise che epsa testimonia udì da una donna che lo Signore la aveva liberata da cinque demonii, per li meriti de la dicta sancta. - Adomandata donde era quella donna, respuse, che era da Pisa, secondo che diceva quella donna, la quale venne al monasterio dove se parla ad le Sore, per rendere gratie ad Dio et alla predicta sancta. - Adomandata quanto tempo era, respuse: sono circha a quattro anni. Et diceva epsa donna che li demonii dicevano: "Le oratione de quella sancta ce incendono".
VIII TESTIMONIA.
1. Sora LUCIA DA ROMA, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che tanta fo la sanctità et la bonità de madonna Chiara, già Abbadessa del monasterio de Sancto Damiano, che per nesuno modo lo poteria dire ad pieno. - Adomantada in que cosa fo questa sanctità et bonità, respuse, che fo nella molta sua humilità,nella benignità, honestà et patientia.
2. Adomandata quanto tempo epsa fusse stata nel monasterio, respuse vhe, quanto alle bone operatione, secondo a llei pareva, ce era stata pocho; ma secondo el tempo ce era stata tanto che non se ne recordava. Imperò che epsa madonna Chiara la recevve nel monasterio per lo amore de Dio che era molto picchola. Et disse che sempre vidde epsa madonna Chiara conversare in grande sanctitade.
3. Adomandata in que sanctitade, respuse: in molta maceratione de la carne sua et molta asperità de la vita. Et in quanto lei poteva, se studiava de piacere ad Dio, et amaestrare le Sore suoi nello amore de Dio, et haveva molta compassione alle Sore nell'anima et nel corpo. Et agionse epsa testimonia che, se lei non havesse la scientia de li Sancti, non poteria exprimere quella bonità et sanctità che lei vidde in epsa madonna Chiara.
4. Et disse che udì che lo Signore liberò più Sore per li suoi meriti. Ma epsa non ce fo presente, perché fo inferma.
IX TESTIMONIA.
1. Sora FRANCESCA DE MESSERE CAPITANEO DA COL DE MEççO, monacha delmonasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che epsa testimonia stecte nel dicto monasterio anni vintuno et tanto più, quanto era dal mese de maggio passato in qua, al tempo de sancta Chiara, Abbadessa allora del dicto monasterio. Et disse che se lei havesse tanta sapientia quanta ebbe Salomone, et tanta eloquentia quanta che sancto Paulo, non credeva potere dire ad pieno la bontà et la sanctità che per tucto lo predicto tempo haveva veduta in epsa madonna Chiara.
2. Adomandata che vide in lei, respuse, che una volta, essendo li Saracini intrati nel chiostro del dicto monasterio, epsa madonna se fece menare per fine ad lo uscio del refectorio, et fecese portare innanti una cassetta dove era el sancto Sacramento del Corpo del nostro Signore le Iesu Christo. Et gittandosi prostata in oratione in terra, con lacrime orò, dicendo queste parole intra le altre: "Signore, guarda tu queste tuoi serve, però che io non le posso guardare". Allora epsa testimonia audì una voce de meravigliosa suavità, la quale diceva : "Io te defenderò sempre mai". Allora la predicta madonna orò anche per la cità dicendo: "Signore, piacciate defendere ancho questa cità": et quella medesima voce sonò et disse: "La cità paterà molti periculi, ma sarà defesa". Et allora la madonna predicta se voltò alle Sore et disse ad loro: "Non voliate temere, però che io sono ad voi recolta, che hora non haverete alcuno male, né ancho per lo advenire in altro tempo, per fine che vorrete obedire alli comandamenti de Dio". Et allora li Saracini se partirono per tale modo, che non fecro alcuno nocumento o danno. - Adomandata quanto tempo era stata innanti, respuse, che non se recordava. - Adomandata ancho del mese, del dì et de l'ora, respuse: del mese de septembre, et, secondo li pareva, fo de venardì, quasi nella hora de terça. - Adomandata chi ce era presente, respuse: le Sore le quale stavano alla oratione. - Adomandata que altre Sore udirono quella voce, respuse che la udì epsa testimonia et un'altra Sora, al quale è morta, però che epse sostenevano epsa madonna. - Adomandata come lei sapesse che quella altra Sora udisse quella voce, respuse: però che epsa Sora lo diceva. Et sancta Chiara in quella sera le chiamò tucte doi et comandò loro, che mentre epsa vivesse non lo dicessero ad perdona alcuna. - Adomandata del nome de quella Sora, la quale diceva che era morta, respuse, che se chiamava sora ILLUMINATA DA PISA.
3. Ancho disse che essendo un'altra volta dicto da alcuno alla predicta madonna Chiara che la cità de Assesi deveva essere tradita, epsa madonna chiamò le Sore suoi, et disse a loro: "Molti beni havemo recevute da questa cità, et imperò devemo pregare Dio che epso la guarde". Unde comandò che la matina per tempo venissero ad lei; et così le Sore, come lo' era stato comandato, vennero la mattina per tempo denanti ad lei. Et essendo venute, la predicta madonna se fece portare de la cenere, et puse giù tucti li panni del capo suo, et così fece fare ad tucte le altre Sore. Et poi prendendo la cenere, ne puse prima sopra lo capo suo, in grande quantitade, ché se lo haveva facto tondire novamente; et poi ne puse sopra li capi de tucte le Sore. Et facto questo, comandò che tucte andassero alla oratione nella capella; et in tale modo fo facto, che nel sequente dì la matina se partì quello exercito, essendo rocto et conquassato. Et da poi la cità de Assesi non ha hauto più alcuno exercito sopra di sé. Et in quello dì nesuna cosa. Adomandata quanto tempo era stato innanti, respuse che fo nel tempo de Vitale de Aversa.
4. Ancho disse, che una volta nel dì de kalende de maggio, epsa testimonia vidde nel grembio de epsa madona Chiara, innanti al pecto suo, uno mammolo bellissimo, in tanto che la belleçça sua non se poteria exprimere; et epsa testimonia medesima, per lo vedere de quello mammolo, sentiva una indicibile suavità de dolceçça. Et sença dubio epsa credeva che quello mammolo fusse lo Figliolo de Dio. Ancho disse che allora epsa vidde sopra el capo de epsa madonna Chiara doi ale splendide come el sole, le quale alcuna volta se levavano in alto, et alcuna volta coprivano el capo de la predicta madonna. - Adomandata chia ltri fo che vedesse questo, respuse, che epsa sola lo vidde, et che non lo haveva mai revelato ad alcuna persona; né allora lo haveria revelato, se non per laude de tanto sancta Madre.
5. Disse ancho eplsa testimonia come la predicta sancta Chiara, con lo segno de la Croce et con le suoi oratione, liberò sora Benvenuta di madonna Diambra da la piagha che haveva socto el braccio, et sora Christiana da la surdità de la orecchia, come disse sora Phylippa dicta de sopra, et sora Christiana disse de se medesima.
6. Ancho disse che una volta vidde portare al monasterio alla predicta santa Chiara lo figliolo de messere Iohanni de maestro Iohanni de Assesi, lo quale haveva la febre et le scrofole, et epsa sancta li fece lo segno de la croce et tocchollo, et così lo liberò. - Adomandata come sapesse questo, respuse che udì che el patre suo disse al parlatorio che subitamente fo liberato. Ma epsa testimonia non lo vidde innanti che fusse portato ad sancta Chiara, ma pocho tempo da poi lo vidde retornare al monasterio guarito. - Adomandata quanti anni haveva el mammolo, respuse : cinque anni. - Adomandata del nome del mammolo, disse non lo sapeva.
7. Ancho disse che patendo epsa testimonia una infirmitade molto grave, la quel li pigliava nel capo et facevala stridere molto, et toglievali la memoria, fece voto ad questa sancta Matre, quando epsa era in fine che passava de questa vita, et incontinente fo liberata; et da poi non sentì più de quella infirmitade. - Adomandata quanto tempo la haveva hauta, respuse: più de sei anni.
8. Disse ancho epsa testimonia, che una volta la predicta madonna Chiara non se poteva levare del lecto per la sua infirmitade, et domandando che li fusse portata una certa tovagliola, et non essendo chi glie la portasse: eccho che una gactuccia, la quale era nel monasterio, incomençò ad tirare et straginare quella tovagliola per portargliela come poteva. Et alora epsa madonna disse ad quella gacta: "Cactiva, tu non la sai portare, perché la str(a)gini per terra?" Allora quella gacta, como se havesse intesa quella parola, incomençò ad involgere quella tovagliola, ad ciò che non tocchasse terra. - Adomandata como sapesse le predicte cose, respuse, che la predicta madonna glie lo haveva dicto epsa medesima.
9. Anche de li corporali facti de lo suo filato, disse epsa testimonia che lei medesima ne haveva contati cinquanta pai; li quali furono distribuiti per le chiesie, come hanno dicto le Sore testimonie de sopra.
10. Ancho disse, che una volta, credendo le Sore che epsa beata Matre fusse in estremo presso alla morte, et lo sacerdote li desse la sacra Comunione del Corpo del nostro Signore Iesu Christo, epsa testimonia vidde sopra el capo de la sopra dicta Madre sancta Chiara uno splendore molto grande, et parve ad lei che el Corpo del Signore fusse uno mammolo piccholo et molto bello. Et da poi che epsa sancta Madre lo hebbe recevuto con molta devotione et lacrime, come sempre era usata, disse queste parole:"Tanto benefitiome ha dato oggi Idio, che el celo et la terra non li se poterieno aparegiare". - Adomandata se fo alcuna de le altre Sore che vedesse questo, respuse che non lo sapeva, ma sapeva bene de se medesima. - Adomandata quando fo questo, respuse che circha la festa de sancto Martino passato haveva facto tre anni. - Adomandata in que ora del dì fo, respuse: la matina depo la Messa.
X TESTIMONIA.
1. Sora AGNESE GIA' FIGLIOLA DE MESSERE OPORTULO DE BERNARDO DE ASSESI, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che nel tempo nel quale epsa testimonia, essendo molto mammola, intrò nel monasterio, madonna Chiara, Abbadessa già del predicto monasterio, usava uno cilitio facto de peli de cavalli innodati. Et disse che epsa madonna lo prestò una volta ad epsa testimonia per tre dì, nelli quali portandolo, li parve tanto aspero, che per nullo modo lo poteva sostenere.
2. Et ancho disse epsa testimonia che per nesuno modo poteria exprimere la humilità, la benignità, la patientia et la grandeçça, de la vita sancta et de le virtude de epsa madonna Chiara, come epsa vidde in tucto lo tempo che stecte nel monasterio. Imperò che pareva che tucti li beni fussero in lei, et nulla cosa ce fusse de reprensione, ma poteva esser conmendata come sancta. - Adomandata como sapesse questo, respuse: perché essa stecte nel monasterio socto la cura sua trenta tre anni o circha.
3. Et disse che epsa madonna Chiara, la sera de po Compieta stava longamente in oratione con habundantia de lacrime. Et circha la meççanocte similmente se levava alla oratione mentre epsa fo sana, et resvegliava le Sore tocchandole con silentio. Et poi spetialmente orava ad hora de Sexta, perà che ad quella hora diceva che lo Signore nostro fo posto in croce.
4. Ancho disse che la predicta sancta se affligeva molto degiunando. - Adomandata come sapesse le predicte cose, respuse, como è dicto de sopra, perché era presente.
5. Disse ancho, che se la predicta madonna Chiara alcuna volta havesse veduta alcuna dele Sore patere qualche temptatione o tribulatione, epsa madonna la chiamava secretamente, et con lacrime la consolava, et alcuna volta li se gittava alli piedi. - Adomandata come sapesse le dicte cose, respuse, che ne vidde più che epsa le chiamava per consolare. Et alcuna de loro li disse che epsa madonna li si era gittata alli piedi. - Adomandata del nome de quella Sora, respuse che se chiamava sora Illuminata de Pisa, la quale è morta.
6. Ancho disse de la humilità de epsa madonna, che fo tanta, che lavava li piedi alle Sore et alle Servitiale. In tanto che una volta, lavando li piedi ad una delle dicte Servitiale, et volendoli basciare come soleva, quella non voluntariamente la percorsse nella boccha col piede. Et epsa madonna de questo se ne ralegrò, et basciogli la pianta de quello piede. - Adomandata de que tempo fo questo, respuose: nella quadragesima. - Adomandata del dì, respuse: uno giovedì.
7. Ancho disse, che la magiure parte del tempo che epsa testimonia stecte nel monasterio, la predicta madonna hebbe una stoia per lecto, et uno pocho de paglia socto el capo; et de questo lecto era contenta; et questo lo sapeva, perché lo vidde. Disse ancho havere udito che innanti che epsa testimonia fusse nel monasterio, la predicta madonna Chiara haveva lo lecto de sarmenti; ma, da poi che fo infirmata, per comandamento de sancto Francesco teneva uno sacchone de paglia.
8. Ancho disse epsa testimonia, che la predicta madonna Chiara molto se delectava de udire la parola de Dio. Et ben che epsa non havesse studiato in lectere, nientedimeno voluntieri udiva le prediche licterale. Et predicando uno dì frate Phylippo de Atri de l'Ordine de li frati Minori, epsa testimonia vidde ad presso ad sancta Chiara uno mammolo bellissimo, et parevali de età quasi de tre anni. Et orando epsa testimonia nel suo core che Dio non permectesse che epsa fusse inghannata, li fo resposto nel suo core in queste parole: "Io so in meçço de loro"; significando per queste parole, come el mammolo era Iesu Christo, lo quale sta in meçço di li predicatori et de li auditori, quando stanno et odono come debbeno. - Adomandata quanto tempo è che fo questo, respuse: in quella septimana de po Pascha, in nella quale se canta: Ego sum Pastor bonus. - Adomandata chi ce era presente, respuse che ce erano le Sore. - Adomandata se alcuna de loro vidde quello mammolo, respuse che una Sora disse ad epsa testimonia: "Io so che tu hai veduto qualche cosa". - Adomandata per quanto spatio stecte lì quello mammolo, respuse: per grande parte de la predica. Et disse che allora pareva che uno grande splendore fusse intorno ad la predicta matre sancta Chiara, non quasi de cosa materiale, ma quasi splendore de stelle. Et disse che epsa testimonia per la apparitione predicta sentiva una suavità inexplicabile. Et de po questo vidde un altro grande splendore, non quasi de quello colore che era el primo, ma tucto roscio, in modo che pareva gittasse fora certe sentille de focho, et circumdà tucta la predicta sancta, et coperse tucto el capo suo. Et dubitando epsa testimonia que cosa fusse questa, li fo resposto, non con la voce, ma li fo dicto nella mente sua: "Spiritus Sanctus superveniet in te".
9. Ancho disse che per la virtù de la oratione de epsa sancta Chiara se credeva essere stato defeso lo monasterio dalli Saracini, et la cità de Assesi essere liberata da lo assedio de li innimici, come epsa medesima testimonia vidde la predicta matre sancta Chiara orare per questo con lacrime molto humilmente, con le mane gionte et con li occhi elevati al cielo.
10. Ancho disse che, essendo epsa sancta Chiara in transito, admoniva epsa testimonia et le altre Sore che stessero alla oratione, et che epsa testimonia dicesse la oratione de le cinque piaghe del Signore. Et come se poteva comprendere, però che parlava molto piano, epsa reteneva continuo la passione del Signore nelli labri suoi, et così el nome del nostro Signore Iesu Christo. Et circha la ultima parola che la sancta Matre disse alla dicta testimonia, fo questa:
"Pretiosa in conspectu Domini mors Sanctorum eius".
11. Ancho disse che una volta alla predicta matre sancta Chiara, per la molta istantia de epsa testimonia essendoli lavati li piedi, epsa testimonia bevve de quella lavatura de epsi piedi, la quale li parve tanto dolce et tanto saporosa, che apena lo poteria dire. - Adomandata se da nessuna altra Sora ne fo gustata più de quella acqua, respuse che non; però che incontenente la predicta madre sancta Chiara la gittò via, ad ciò che no ne fusse più gustata.
XI. TESTIMONIA.
1. Sora BENVENUTA DA MADONNA DIAMBRA DE ASSESI, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che havendo epsa testimonia sostenute certe piaghe socto el braccio et nel pecto,le quale se chiamavano fistole, nelle quale se mectevano cinque tasti, però che havevano cinque capi; et havendo epsa portata questa infirmità dodece anni, una sera andò ad la sua matre sancta Chiara, con lacrime adomandando da lei adiutorio. Allora epsa benigna Matre, conmossa da la sua usata pietà, descese del suo lecto, et inginochiata orò al Signore. Et finita la oratione, se voltò ad epsa testimonia, et factose lo segno de la croce prima ad se medesima, et poi lo fece ancho sopra epsa testimonia, et disse el Pater nostro et tocchò le suoi piaghe con la sua mano nuda. Et così fo liberata da quelle piaghe, le quali parevano incurabile. - Adomandata quanto tempo era che questo fo, respuse che nel mese de septembre proximo passato fece doi anni, come a llei pareva; et de quella infirmità none sentì poi più niente.
2. Ancho disse che erano più de vinti nove anni che epsa testimonia era venuta al monasterio, et d'alora in poi sempre stecte socto lo governo de la sanctissima matre madonna Chiara; et epsa madonna li insegnò de amare Dio sopra omne altra cosa; secondo, li insegnò che integramente et spesso confessasse li suoi peccati; tertio, la amaestrò che sempre nella memoria sua havesse la passione del Signore.
DEL MARAVIGLIOSO ADVENIMENTEO DE LA CORTE CELESTIALE AL FELICE TRANSITO DE SANCTA CHIARA.
3. Ancho dise epsa testimonia, che la sera del venardì seguendo lo dì del sabbato, lo quale fo lo terço dì nanti alla morte de la beata memoria de madonna sancta Chiara, epsa testimonia con altre Sore, lacrimando per lo transito de tale et tanta loro Matre, sedeva appresso lo lecto de epsa madonna; et non li parlando persona alcuna, epsa madonna incomençò ad commendare l'anima sua dicendo così: "Va' in pace, perché haverai bona scorta, però che quello che te creò, innanti ti previdde da essere santificata, et poiche te hebbe creata, infuse in te lo Spiritu Santo; et poi te ha guardata come la madre lo suo figliolo piccholino". Et adomandando una Sora, chiamata sora Anastasia, la predicta madonna ad chi epsa parlasse et dicesse quelle parole, epsa madonna respuse: "Io parlo a l'anima mia benedecta".
4. Et allora epsa testimonia incomençò sollicitamente ad pensare de la molta et maravigliosa sanctità de epsa madonna Chiara; et in quella cogitatione li pareva che se movesse tucta la Corte celestiale, et apparechiassese ad honorare questa Sancta. Et spetialmente la nostra gloriosa madonna beata Vergine Maria apparechiava de li suoi vestimenti, per vestire questa novella Sancta. Et mentre che epsa testimonia stava in questa cogitatione et imaginatione, subito vidde con li occhi del capo suo una grande multitudine de vergine, vestite de biancho le quale havevano tucte le corone sopra li capi loro, che venivano et intravano per l'uscio de quella stantia dove giacieva la predicta matre sancta Chiara. Intra la quale vergine era una magiure et sopra et più che dire non se poteria, sopra tucte le altre bellissima, la quale haveva nel suo capo magiure corona che le altre. Et sopra la corona haveva uno pomo de oro in modo de uno turibolo, del quale usciva tanto splendore, che pareva illustrare tucta la casa. Le quale vergine se approximaro al lecto de la dicta madonna sancta Chiara, et quella Vergine che pareva magiure in prima la coperse nel lecto con uno panno sutilissimo, lo quale era tanto sutile, che per la sua grande sutilitade epsa madonna Chiara, ben che fusse coperta con esso, nientedimeno se vedeva. Da poi epsa Vergine de le Vergine, la quale era magiure, inchinava la faccia sua sopra la faccia de la predicta vergine sancta Chiara, overo sopra el pecto suo, però che epsa testimonia non podde bene discernere l'uno da l'altro; la quale cosa facta, tucte sparirono. - Adomandata se epsa testimonia allora veghiava overo dormiva, respuse che veghiava et bene, et fo la sera de nocte, come è dicto. - Adomandata che ce era presente, respuse che ce erano più Sore, de le quale alcune dormivano et alcune veghiavano; ma non sapeva se epse viddero quelle cose che vidde lei; però che epsa testimonia non le revelò mai più ad una persona, se non hora. - Adomandata quando et de que dì fo questo, respuse: de venardì, la sera: et epsa sanctissima madonna Chiara morì poi lo lunedì seguente.
5. Ancho disse epsa testimonia, che tucto quello che se diceva de la sanctità de la vita de la sopradicta madonna Chiara era vero, et epsa non saperia tanto dire de la sua sanctità, che in lei non fusse stato più; et non credeva che da la nostra madonna beata Vergine Maria in qua fusse stata mai alcuna donna de magiure sanctità, che la predicta madonna sancta Chiara. Imperò che epsa fo vergine, fo humile, accesa nello amore de Dio, nella oratione et contemplatione continua, nella asperità del cibo et del vestire allegra, et nelli degiuni et vigilie maravigliosa; in tanto che molte se maravigliavano come epsa potesse vivere de tanto pocho cibo. Haveva compassione grande alle afflicte; era benigna e liberale verso tucte le Sore. Et tucta la sua conversatione fo in Dio; et de le cose del mondo none voleva parlare né udire. Et nel regimento del monasterio et de le Sore era provida et discreta, più che non se po' dire.
- Adomantada como sapesse tucte le predicte cose, respuse, che, essendo lei sua sorella, alcune cose vidde et alcune udì da epsa medesima madonna Chiara et da li altri. - Adomandata quanto tempo era, respuse: circha quaranta doi anni.
XII TESTIMONIA.
1. SORA BEATRICE DE MESSERE FAVARONE DE ASSESI, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse: che epsa testimonia fo sorella carnale de la sancta memoria de madonna Chiara, la vita de la quale fo quasi angelicha da la sua pueritia, però che fo vergine, et sempre permase in verginità. Et era sollicita circha le bone opere de sanctità, in tanto che la sua bona fama era divulghata tra tucti quelli che la cognoscevano.
DE LA CONVERSIONE DE SANCTA CHIARA.
2. Et disse che havendo sancto Francesco audita la fama de la sua sanctità, più volte andò ad lei predicandoli, intanto che epsa vigine Chiara aconsentì alla sua predicatione, et renuntiò al mondo et ad tucte le cose terrene, et andò ad servire ad Dio quanto più presto podde.
3. Però che vendecte tucta la sua heredità, et parte de la heredità de epsa testimonia, et dectela alli poveri.
4. Et poi sancto Francesco la tondì denante allo altare, nella chiesia de la Vergine Maria dicta de la Portiuncola; et poi la menò alla chiesia de Sancto Paulo de Abbatissis. Et volendola li suoi parenti trarre fora, epsa madonna Chiara prese li panni de lo altare, et scoperse lo suo capo, mostrandoli che era tondito, et per nessuno modo lo' aconsentì, né se lassò cavare de lì, né remenare con loro.
5. Da poi sancto Francesco, frate Phylippo et frate Bernardo la menarono alla chiesia de Sancto Angelo de Panço, dove stata che fo pocho tempo, fo menata alla chiesia de Sancto Damiano, nel quale locho lo Signore li decte più Sore nel suo regimento.
- Adomandata como sapesse tucte le predicte cose, respuse, che, essendo lei sua sorella, aldune cose vidde et alcune udì da epsa medesima madonna Chiara et da li altri.
- Adomandata quanto tempo era, respuse: circha quaranta doi anni.
DE LA CONVERSATIONE DE SANCTA CHIARA NEL MONASTERIO.
6. Ancho disse epsa testimonia, che, essendo epsa madonna Chiara Abbadessa nel predicto monasterio, nel suo regimento se portò si sanctamente et così prudentemente, et tanti mir(a)culi Dio mostrò per lei, che tucte le Sore, et tucti quelli che hebbero notitia de la vita sua la tenghono et hanno in reverentia come sancta. - Adomandata in que era la sanctità de epsa madonna Chiara, respuse, che era nella verginità, nella humilità, nella patientia et benignità, nella correctione necessaria, nelle dolce admonitione alle Sore, nella assiduità della oratione et contemplatione, nella abstinentia et degiuni, nella asperità del lecto et del vestire, nel despreçço de se medesima, nel fervore de lo amore de Dio, nel desiderio del martirio, et mazimamente nello amore del Privilegio della povertà.
7. Adomandata come sapesse le predicte cose, respuse: perché vidde tucte queste cose essere facte da lei, et perché era sua sorella carnale, et stecte con lei nel monasterio per tempo de anni vinte quactro o circha. Et innanti praticava et conversava con lei come son sua sorella. Et disse, che de la bonità de epsa madonna Chiara, la sua lingua none poteria dire tanto, quanto ne era in lei.
8. Adomandata ancho que miraculi lo Signore Dio havesse operati per lei, respuse, che Dio per lei liberò più Sore, facto da epsa lo segno de la croce sopra de loro. Et altri molti miraculi: però che Dio per le suoi oratione defese lo monasterio da li Saracini, et la cità de Assesi da lo assedio de li innimici, sì come manifestamente e crede. - Adomandata come sapesse questo, respuse: perché vidde quando lei faceva la oratione, et quando li Saracini se partirono sença fare nocimento ad lacuna, né al monasterio. Et de poi, facta la oratione, lo dì seguente lo exercito, lo quale era alla città de Assesi, se partì.
9. Adomandata de la liberatione de le Sore da le infirmità, respuse che furono liberate per epsa madonna Chiara, sora Benvenuta, sora Christiana et più altre Sore. - Adomandata come lo sapesse, respuse, che in prima le haveva inferme et stare assai male, per fine ad tanto che la sancta Madre, factolo segno de la croce, con la oratione le liberò; et poi le vidde sane.
XIII TESTIMONIA.
1. Sora CHRISTIANA DE MESSERE BERNARDO DA SUPPO DE ASSESI, monacha del monasterio de Sancto Damiano, giurando disse, de la conversatione et modo de epsa conversatione, quello medesimo che haveva dicto sora Beatrice; et agionse, che la virgine de Dio Chiara se partì de la casa seculare del patre per modo maraviglioso. Però che temendo che la sua via nonfusse impedita, non volse uscire per l'uscio consueto, ma andò ad uno altro uscio de la casa, dove, ad ciò che non se potesse aprire, ce erano contraposti certi legni grievi, et una colonna de pietra, le quale cose a pena averieno podute essere remosse da molti homini; et epsa sola, con lo adiutorio de Iesu Christo, le remosse, et aperse quello uscio. Et la matina seguente, vedendo molti quello uscio aperto, se maravigliarono assai come una giovencella lo havesse poduto fare. - Adomandata come sapesse queste cose, respuse che epsa testimonia allora era in quella casa, et innanti era stata con lei, et haveva hauta notitia de lei, perché habitava con epsa in Assesi.
- Adomandata quanto tempo era che questo fo, respuse: sonno quaranta doi anni, overo uno pocho più. - Adomandata de que età era allora epsa sancta Chiara, respuose che era de diciocto anni, secondo che se diceva.
2. Ancho disse che allora nella casa del patre era da tucti tenuta honesta et sancta; et disse che trenta quactro anni serieno nel mese de maggio, che epsa testimonia intrò nel monasterio, et stecte socto la disciplina et governò de epsa madonna sancta Chiara. De la quale la sanctità de la vita illustrò tucto lo manasterio, et informollo con tucte le virtù et costumi che se rechiedono da le sancte donne.
3. De le quale epsa testimonia disse che poderia respondere pienamente et veramente, si da lei fusse recerchato de tucte le virtù in particulare. Et maximamente, che epsa madonna Chiara tucta era accesa de charitade, et amava le Sore suoi come se medesima; et se qualche volta udiva alcuna cosa che non piacesse ad Dio, havendo grande compassione, se studiava correggerlo sença indutio. Et perché epsa fo tale et così sancta et tanto hornata de virtù, Dio volse che lei fusse la prima madre et maestra nell'Ordine. Et tanto bene guardò el monasterio et l'Ordine et se medesima da tucte le contagione de li peccati, che la sua memoria sarà hauta in reverentia in eterno. Et le Sore credono che epsa sancta Matre preghi Dio per loro in cielo, la quale tancto prudentemente, benignamente et vigilantemente in terra le governò ne la Religione et nel proposito de la povertà. - Adomandata como sapesse le dicte cose, respuse che le vidde, et fo presente con lei nel monasterio per spatio del sopradicto tempo, et innante habitò con lei, et hebbe de lei notitia, come è dicto de sopra.
4. De la asperità de li vestimenti et cilitii et de la abstinentia et de la oratione disse che mai udì che ne fusse stata una simile ad lei nel mondo, overo che nelle predicte cose la passasse. Et queste cose disse: le sapeva perché le vidde.
5. De la liberatione de sora Benvenuta da le fistule, disse tucto quello che aveva dicto epsa medesima sora Benvenuta, perché ce fo presente.
6. Ancho de la liberatione de sora Amata da la hydropisia, disse quello che haveva dicto epsa medesima sora Amata, perché ce fo presente.
7. Et de la liberatione de sora Christiana, disse quello medesimo che epsa sora Christiana.
8. Ancho de la liberatione de sora Andrea da Ferrara, disse quello medesimo che haveva dicto sora Phylippa.
9. Ancho de la oratione facta per la defensione et liberatione del monasterio da li Saracini, et de la oratione facta per la liberatione de la cità de Assesi, la quale era assediata da li innimici, disse quello medesimo che la predicta sora Phylippa. Et agionse che epsa medesima testimonia fo quella che, per comandamento de la sancta Matre madonna Chiara, chiamò le Sore che stessero alla oratione.
10. Ancho disse che la predicta madonna Chiara nella infirmità de la quale passò de questa vita, non cessava mai da laudare Dio, admonendo le Sore alla perfecta observatione de l'Ordine, et maxime ad lo amore de la povertà. - Adomandata come sapesse questo , respose che spesse volte ce era presente.
11. Ancho del vendere de la sua heredità, disse epsa testimonia che li parenti de madonna Chiara li volsero dare più preçço che nesuno de li altri, et epsa non volse vendere ad loro, ma vendecte ad altri, ad ciò che li poveri non fussero defraudati. Et tucto quello che recevve de la vendita de epsa heredità, lo distribuì alli poveri. - Adomandata como questo sapesse, respuse: perché lo vidde et udì.
XIV TESTIMONIA.
1. Sora ANGELUCCIA DE MESSERE ANGELEIO DA SPOLETI, monacha del monasterio de Sancto Damiano, con giuramento disse: che erano vinti octo anni che epsa testimonia era stata nel dicto monasterio de Sancto Damiano, et per tucto questo tempo che stecte in epso monasterio, socto lo regimento de la sancta memoria de madonna Chiara, vidde tanti et sì grandi beni de lei, che in verità se poteria dire de lei quello, se se potesse dire de alcuno sancto che sia in paradiso.
2. Adomandata que beni erano, respuose, che in quello tempo che epsa testimonia intrò nel monasterio, la madonna Chiara stava inferma; et non di meno la nocte se levava su nel lecto et veghiava in oratione con multitudine de lacrime. Et quello medesimo faceva la matina circha la hora de Terça.
3. Et credese fermamente che le oratione suoi liberassero una volta lo monasterio da l'impeto de li Saracini, li quali erano già intrati nel chiostro del monasterio. Et un'altra volta liberò la cità de Assesi da lo assedio de li innimici.
4. Ancho disse che tanta fo la sua humilità, et benignità verso le Sore, et tanta la patientia et constantia nelle tribulatione, et tanta la austerità de la vita, et tanta strecteçça nel mangiare et nel vestire, et tanta carità verso de tucte, et tanta prudentia et custodia nella exortatione de le Sore suoi subdite, et tanto era gratiosa et dolce nello admonire epse Sore, et nelle altre bone et sancte cose, le quale erano in epsa madonna Chiara, che la sua lingua non lo poteria dire overo comprendere per alcuno modo: però che molto più de sanctità era in lei, che epsa mai potesse dire. Et così de lo amore de la povertà, che maximamente era in lei. - Adomandata come sapesse le predicte cose, respose: perché stecte conlei per tucto lo predicto tempo, et vidde la sanctità de la vita sua, como è dicto.
5. Et nesuna de le Sore dubita che Dio non habbia adoperati per lei molti miraculi, etiamdio ne la vita sua, como è dicto de sopra. - Adomandata come lo sapesse, respuse: perché vidde quando sora Benvenuta fo subbitamente liberata da le suoi piaghe per lo segno de la croce facto sopra de lei da epsa madonna Chiara con la mano sua. Et udì che più altre Sore et forostieri erano stati liberati per lo dicto modo.
6. Vidde ancho epsa testimonia, quando, serrandosi l'uscio del palaçço, cioè del monasterio, cadde adosso ad epsa madonna Chiara; et credectero le Sore che quello uscio l'havesse facta morire: unde levaronouno grande pianto. Ma epsa madonna remase sença alcuno nocumento, et disse che nessuno modo haveva sentito lo peso de quello uscio, lo quale era de tanto peso, che apena tre Frati lo poddero reponere al loco suo. - Adomandata in que modo sapesse questo, respuse: perché lo vidde et era lì presente. - Adomandata quanto tempo era che fo questo, respuse che era presso ad septe anni. - Adomandata del dì, disse che fo nella octava de sancto Pietro, la sera de dì della domenica. Et allora, al grido de epsa testimonia, prestamente vennero le Sore, et trovaro che anchora lo dicto uscio li stava adosso, però che epsa testimonia non lo poteva levare sola.
7. Ancho disse epsa testimonia che la morte de la predicta madonna Chiara fo maravigliosa et gloriosa; però che pochi di innanti a la sua morte, una sera incomeçò ad parlare de la Trinità et dire altre parola de Dio tanto sutilmente, che a pena li multi docti le haverieno podute intendere: et più altre cose disse. - Adomandata que altre parole disse, respuse et disse, come de questo haveva dicto sora Phylippa dicta de sopra.
8. Ancho disse epsa testimonia, che havendo una volta la predicta sancta Matre madonna Chiara udito cantare depo Pasqua Vidi aquam egredientem de templo a latere dextro, tanto se ne ralegrò et tennelo a mente, che sempre, de po mangiare et de po Compieta, se faceva dare ad sé et alle Sore suoi l'acqua benedecta, et diceva ad epse Sore: "Sorelle et figliole miei, sempre devete recordare et tenere nella memoria vostra quella benedecta acqua la quale uscì dal lato dextro del nostro Signore Iesu Christo pendente in croce".
9. Ancho disse, che quando epsa sanctissima Madre mandava le Sore Servitrice de fora del monasterio, le admoniva che, quando vedessero li arbori belli, fioriti et fronduti, laudassero Idio; et similmente, quando vedessero li homini et le altre creature, sempre de tucte et in tucte cose laudassero Idio.
XV TESTIMONIA
1. A di vincti octo del mese de novembre, nella infirmaria del monasterio, presente frate Marco et sora Phylippa et le altre Sore: Sora BALVINA DA PORCANO, monacha del monasterio de Sancto Damiano, con giuramento disse assai pienamente de la sactità de la vita de madonna Chiara, et de la sua molta bonità.
2. Ancho disse che epsa medesima testimonia vidde quello uscio sopra la dicta matre sancta Chiara, che li era caduto adosso, che ancho non era stato levato. Et disse che epsa sancta Chiara diceva che quello uscio in nesuno modo li aveva facto alcuno male, ma era stato sopra de lei come uno mantello. Et disse epsa testimonia che quello uscio era de grande peso, et che epsa curse con le altre Sore alle grida de Sora Angeluccia, però che tucte temevano che quello uscio non la havesse morta.- Adomandata del tempo, disse che era circa septi anni.
3. Ancho nel medesimo dì, vincte octo de novembre, nel palatio del chiostro de Sancto Damiano, essendo presente messere Leonardo Archidiachono Spoletano, Don Iacobo Plebano de Trieve, li quali erano in compagnia del sopradicto messere Bartholomeo Vescovo de Spolete, et frate Marco de l'Ordine de li frati Minori, Capellano del dicto monasterio, congregato tucto el convento de le Monache renchiuse del monasterio de Sancto Damiano, havendo certe Monache giurato de dire la verità, et avessero renduto testimonio sopra la vita, conversione et conversatione de la sancta memoria de madonna sancta Chiara, et sopra li miraculi li quali se dicevano essere stati facti per li suoi meriti, madonna sora BENEDECTA allora Abbadessa, con le altre Monache del predicto monasterio de Sancto Damiano, dissero de una voluntà, in presentia del predicto venerabile patre messere lo Vescovo Spoletano, che tucto quello che se trovava de sanctità in alcuna sancta che sia de po la Vergine Maria, se pò veramente dire et testificare de la sancta memoria de madonna Chiara, già loro Abbadessa et Matre santissima. Et questo se pò trovare et comprendere in lei nella vita sua. Unde erano apparecchiate de così giurare et dire et testificare. Imperò che epse viddero la sua conversione maravigliosa, et per li tempi nelli quali stectero con lei nel dicto monasterio viddero la santità de la vita sua et la sua angelicha conversatione; le quale cose con humane parole mai non se poterieno totalmente explicare.
XVI TESTIMONIO.
1. In quello medesimo dì, nella chiesa de Sancto Paulo de Assesi, denanti al venerabile patre messere lo Vescovo de Spoleti, presente etiam Andriolo de Bartholo, Iannello de Benvenuto Lucchese et più altri, messere UGOLINO DE PIETRO GIRARDONE CAVALIERE DE ASSESI, giurando sopra la vita, conversione, conversatione et miraculi, li quali se dicono essere facti per li meriti de la sancta memoria de madonna Chiara, disse: che sancta Chiara fo de nobilissima progenie de Assesi; però che messere Offredutio de Bernardino fo suo avo, et de epso Offredutio lo figliolo messere Favarone padre de sancta Chiara.
2. La quale sancta Chiara fo vergine, et in casa del padre fo de honestissima conversatione, et ad tucti benigna et gratiosa; et come sancto Francesco fo el primo nell'Ordine de li frati Minori et epso Ordine con lo aiutorio de Dio ordinò et principiò, così questa sancta vergine Chiara, come Dio volse, fo la prima ne l'Ordine de le donne renchiuse. Et epso Ordine governò in omne sanctità et bonità, come se vede et rendese de ciò testimonio per pubblica fama.
3. Ancho disse che alla predicatione de sancto Francesco et ad sua admonitione, la dicta vergine sancta Chiara intrò nella Religione, come è pubblico.
4. Ancho disse, che havendo epso testimonio lassata la sua donna chiamata madonna Guidutia, et havendola remandata ad casa del padre et de la madre sua, et essendo stato per tempo de vinte doi anni et più senza lei, et non potendo mai essere inducto da persona che la volesse remanere et recevere, benché più volte ne fusse stato admonito etiamdio da persone religiose; finalmente li fo dicto per parte de la sopradicta sancta madonna Chiara, como lei haveva inteso in visione che epso messere Ugolino la doveva presto recevere, et de lei generare uno figliolo, del quale se deveva molto ralegrare et haverne consolatione: unde epso testimonio, udito li recrebbe assai. Ma de po pochi dì fu costrecto da tanta voluptà che remenò et recevè la dicta sua donna, la quale tanto innati haveva lassata. Et poi de lei, come era stato veduto in visione da la sopra dicta madonna sancta Chiara, generò uno figliolo, lo quale ancho vive, et de epso molto se relegra et hanne grande consolatione.
5. Adomandato se epso vidde la sorpa dicta madonna Chiara stare in casa del suo padre et de la madre, come che haveva dicto de sopra, respuse che sì, che la vidde conversare così sancta et honesta, come de sopra disse.
6. Adomandato in que modo sapesse che la vergine de Dio Chiara fusse intrata nella Religione per le prediche de sancto Francesco, respuse che questo era cosa publica et nota ad tucti. Et che epso udì che sancto Francesco la tondì nella chiesia de sancta Maria de la Portiuncula. Et da poi epsa intrò nel monasterio de Sancto Damiano, audì, et così è manifesto et noto, che fo de tanta sanctità et bonità ne l'Ordine suo, quanto ne sia un altra sancta in cielo.
In quella medesima hora et loco, presenti testimonii messere Angelo de Pelcio et Bonamantia Barbieri, innanti al sopra dicto messere lo Vescovo, madonna Bona de Guelfuccio, Raniere de Bernardo et Pietro de Damiano giurarono sopra la vita, conversione, conversatione et miraculi de sancta Chiara.
XVII TESTIMONIA.
1. Madonna BONA DE GUELFUCCIO DE ASSESI, giurando disse: che essa cognobbe sancta Chiara da quello tempo che lei era in casa del suo padre, imperò ch epsa conversava et stava in casa con lei; et per la molta sanctità de la sua vita che lei haveva prima et da poi che epsa intrò nella Religione, credeva fermamente che epsa fusse stata sanctificata nel ventre de la madre sua; però che lei li cibi li quali diceva mangiare, epsa li mandava alli poveri: et epsa testimonia testificava che più volte li portò.
2. Epsa madonna Chiara fo sempre da tucti tenuta vergine purissima, et haveva grande fervore de spiritu come potesse servire ad Dio et ad lui piacere.
3. Unde per questo epsa testimonia più volte andò con lei ad parlare ad sancto Francesco, et andava secretamente, per non essere veduta da li parenti. -Adomandata que lidiceva sancto Francesco, respuse, che sempre li predicava che se convertisse ad Iesu Christo, et frate Phylippo, faceva similmente. Et lei li udiva voluntieri et consentiva ad tuct'i beni che li erano dicti. - Adomandata quanto tempo è che furono le dicte cose, respuse, che più de quaranta doi anni; però che quaranta doi anni anni erano che ella era intrata nella Religione.
4. Et disse, che in quello tempo che epsa intrò nella Religione, era una giovene prudente de etade de circha diciocto anni, et stava sempre in casa; et stava celata, non volendo essere veduta et così stava per modo che non poteva essere veduta da quelli che passavano innanti alla casa sua. Era ancho molto benigna et attendeva a le altre opere buone. - Adomandata come sapesse le dicte cose, respuse: perché conversava con lei.
5. Adomandata come la dicta madonna Chiara se convertì, respuse che sancto Francesco li tagliò li capelli nella chiesia de Sancta Maria de la Porziuncula, come lei haveva udito, però ch epsa testimonia non fo presente, perché allora era andata ad Roma per fare la quaranta.
6. Ancho disse che epsa madonna Chiara, innati che li fussero tagliati li capelli, la haveva mandata ad visitare la chiesia de Sancto Iacobo, però che epsa madonna Chiara era piena de gratia, et voleva anchora che le altre ne fussero piene.
7. Ancho epsa madonna Chiara, mentre che era nel seculo, decte ad epsa testimonia (per) devotione certa quantità de denari, et comandolli che li portasse ad quelli che lavoravano in Sancta Maria de la Porziuncula, ad ciò che comperassero de la carne.
8. De la sanctità de sancta Chiara disse che fo tanta, che nel core ne haveva infinite cose, le quale con la lingua non sapeva dire, però che el parlare de epsa Madre sancta chiara era sempre tucto amaestramento de li altri.
XVIII TESTIMONIO
1.- Mesere RANIERI DE BERNARDO DE ASSESI con giuramento disse: che epso nondibitava de la sanctità de la buona memoria de madonna sancta Chiara, che lei non sia sancta in cielo: et se de leio se dubitasse da alcuno, de nesuna altra se deveria credere; ancho più presto pareria che la fede nostra se dovesse havere per niente. Però che epso testimonio cognobbe la predicta madonna Chiara quando era mammola in casa del suo padre; et che era virgine, et dal principio e la sua età incomençò attendere circha le opere de sanctità, come se fusse stata sanctificata nel ventre de la madre.
2. Però che essendo lei bella de la faccia, se tractava de darli marito; unde molti de li suoi parenti la pregavano che consentisse de pigliare marito, ma epsa mai non volse adconsentire Et havendola epso medesimo testimonio pregata più volte che volesse consentire ad questo epsa non lo vodela pure odire; anti più che lei predicava ad lui el despreçço del mondo. - Adomandato come sapesse le dicte cose, respuse: perché la donna sua era parente de la predicta Madona Chiara; ed imperò epso testimonio confidentemente conversava in casa sua parente de la predicta madonna Chiara, ad imperò epso testimonio confidentemente conserva in casa sua et vedeva le sopradicte suoi bone opere.
3. Adomandato que bone opere faceva, respuse, che degiunava, orava, faceva de le elemosine quante poteva et voluntieri. Et quando stava ad sedere con quelli de cas, sempre voleva parlare de le cose de Dio; et quanto più presto podde, se fece tondire li capelli da sancto Francesco Et volendola li suoi parenti cavare de Sancto Paulo et remenarla ad Assesi, non poddero per nesunomodo, però che lei non volse, et mostrò a loro el capo tondito; et così la lassarono stare.
4. Et la predicta madonna Chiara fo de li più nobili de la cità de Assesi di ciascuna parte, de padre et de madre. - Adomandato come sapesse le predicte cose, respuse che era pubblico per tucta la contrada.
5. - Ancho disse epso testimonio che, poi che la predicta madonna Chiara andò ad stare al loco de Sancto Damiano, como era sancta lei, così insegnò alle figliole suoi che in sanctitade servissero ad Dio, sì come oggi se vede in epse suoi figliole.
6. Et fermamente se crede da tucti li citadini, che per le oratione et meriti de la dicta madonna sancta chiara, fo defeso lo monasterio, et la cità fu liberata da li nimici.
7. Adomandato quanto tempo era che sancta Chiara intrò nella Religione, respuse che era più de quaranta anni.
XIX TESTIMONIO.
1. PIETRO DE DAMIANO DE LA CITA' DE ASSESI, con giuramento disse: che epso testimonio era vicino lui e lo suo padre a la casa de sancta Chiara et del padre et de li altri suoi de casa. Et cognobbe epsa madonna Chiara mentre che stecte nel seculo, et cognobbe lo suo padre mesere Favarone, lo quale fo nobile et magno et potente de la cità, lui et li altri de casa sua. Et epsa madonna Chiara fo nobile, et de nobile parentado, de conversatione honesta, et de la casa sua erano septe cavalieri tucti nobili et potenti.- Adomandato come sapesse queste cose, respuse che el vidde, perché era suo vicino.
2. Et allora la dicta madonna Chiara, la quale era la mammola in quello tempo, viveva spiritualmente, come se credeva. Et vidde el padre et la madre et li parenti suoi che la volsero maritare secondo la nobiltà sua magnificamente ad homini grandi et potenti. Ma epsa mammola, che poteva essere allora de anni diciasette o circha, per nesunomodo ce podde essere inducta, perché volse permanere in verginità et vivere in povertà, come da poi mostrò, però che vendecte tucta la sua heredità et dectela a li poveri. Et da tucti era tenuta de bona conversatione. - Adomandato come el sapesse, respuse: perché era suo vicino, et sapeva che nesuno la podde mai indurre che acostasse l'animo suo alle cose mundane.
XX TESTIMONIO.
1. A dì vinte nove de novembre nella chiesia de Sancto Paulo, presenti mesere Leonardo Archidiacono de Spoleti, Don Iacobo Plebano da Tervi, in presentia del predicto mesere lo Vescovo Spoletino, IOANNI DE VENTURA DE ASSESI, giurò sopra le predicte cose et disse: che epso testimonio conversava in casa de madonna Chiara, mentre che lei era in casa del suo padre, mammola et virgine, però che lui era fameglio de casa.
2. Et alora epsa madonna Chiara poteva havere diciocto anni o circa, et del più nobile parentado de tucta la cità de Assesi da canto de padre et de madre. Lo suo padre se chiamò mesere Favarone, et lo suo avo mesere Offreduttio de Bernardino. Et alora epsa mammola era de tanta honestà in vita et in habito, come se fusse stata molto tempo al monasterio.
3. Adomandato que vita teneva, respuse: bene che la corte de casa sua fusse de le magiure de la cità, et in casa sua se facessero grande spese, nondimeno lei li cibi che li erano dati ad mangiare come in casa grande, li reservava et reponeva, et poi li mandava a li poveri. - Adomandato come sapesse le dicte cose, respuse, che stando lui in casa le vedeva, et credevale fermamente, perché così se diceva.
4. Et che essendo lei anchora in casa del padre, portava una stamm(e)gna bianca sotto le altri vestimenti.
5. Disse ancho che epsa degiunava et stava in oratione et faceva le altre opere pietose, come lui vidde; e che se credeva che dal principio fusse stata inspirata da lo Spirito Sancto.
6. Ancho disse che la predicta madonna Chiara, come epsa audì che Sancto Francesco haveva electa la via de la povertà, propuse nel suo core di fare ancho lei quello medesimo. Et così da epso sancto Francesco fo tondita nella chiesia de Sancta Maria de la Portiuncula o nella chiesia de Sancto Paulo. Et volendo li suoi parenti cavarla fora de la chiesia de Sancto Paulo et remenarla ad Assesi, epsa lo' mostrò lo capo tondito. - Adomandato come sapesse, respuse che lo udì dire, et erane pubblica fama.
7. Et da poi andò al loco de Sancto Damiano, dove deventò madre et maestra dell'Ordine de Sancto Damiano, et lì generò molti figlioli et figliole nel Signore nostro Iesu Christo, come hoggi se vede.
8. Ancho disse che de la sua sanctità nesuno per alcuno modo ne deveria dubitare, però che lo Signore fa per lei molti miraculi, come è manifesto.
9. Ancho disse che quello anno, de po la morte de la sopra dicta madonna sacta Chiara, vidde uno ultramontano furioso, overo indemoniato, legato con le fune, essere menato al sepulchro de la dicta sancta madonna Chiara, et in quello locho fo liberato. - Adomandato come sapesse questo, respuse che vidde lo infermo de la dicta infirmità, et vidde che lì al sepulchro de la dicta sancta Chiara fo subitamente liberato. Adomandato del nome de quello infermo; respuse, che non lo sapeva, però che non era de queste parte. - Adomandato a la invocatione de quale sancto fo liberato, respuse, che al sepulcro de la dicta madonna sancta Chiara. Et questo fo publico et notorio. - Adomandato del mese et del dì che questo fo, respuse, che credeva fusse stato del mese de septembre proxime passato; del dì, disse, non se recordava. - Adomandato chi ce fo presente, respuse, che tucti quelli de la piaçça el viddero, et cursero insieme con lui al sepulcro de la predicta madonna sancta Chiara.
FINIS. DEO GRATIAS. AMEN
F I N E
FIORETTI DI SAN FRANCESCO E LA REALTA' DELLA "P E R F E T T A L E T I Z I A".
Anonimo
I FIORETTI
DI SAN FRANCESCO D'ASSISI
Al nome di Yhesu Christo
crusifixo et de la sua
matre gloriosa.
In questo libro se contengono
certi miracoli et exempli
devoti del glorioso poverello
messer sancto Francesco
et de alquanti suoi devotissimi frati
et compagni.
I
DEI DODICI PRIMI COMPAGNI DE SANCTO FRANCESCO
In prima è da considerare che 'l glorioso messer santo Francesco in tucti l'acti de la vita sua fo conforme ad Christo: però che, como Yhesu Christo nel principio de la sua predicatione elesse xij apostoli a dispregiare el mondo et omni cosa mondana et seguitare lui in povertà et ne l'altre virtudi; così sancto Francesco elesse nel principio del fondamento de l'Ordine xij compagni (I dodici compagni sono, secondo l'ordine di tempo in cui seguirono Francesco, i seguenti: 1° Bernardo da Quintavalle; 2° Pietro Catani; 3° Egidio; 4° Sabbatino; 5° Morico; 6° Giovanni della Capella; 7° Filippo Longo; 8° Giovanni da S. Costanzo; 9° Barbaro; 10° Bernardo di Vigilante de Vida; 11° Angelo Tancredi; 12° Silvestro), professori de l'altissima povertà.
Et como uno di li xij apostoli de Chirsto, riprovato da Dio, finalmente se appicchò per la gola; così uno de' xij compagni de sancto Francesco, che haveva nome frate Iohanni da la Cappella, apostatò, et finalmente se appicchò per la gola se medesimo. Et questo è ad altri grande exemplo de umilitade et materia de fervore et de timore, considerato che nullo è certo fine a la fine perseverare ne la grazia de Dio.
Et como quelli sancti apostoli furono ad tucto el mondo maravigliosi de sanctità et pieni de Spirito Sancto; così quelli devotissimi compagni de sancto Francesco furono homini de tanta sanctità, che dal tempo de li apostoli in qua el mondo non habe così maravigliosi homini sancti: però che alcuno de loro fo rapto insino al terzo cielo, como sancto Paolo, et questo fo frate Egidio; ad alcuno de loro furono toccate le labra col carbone del fuoco da l'angelo, como fo ad Ysaia propheta, et questo fo frate Filippo Longo; alcuno de loro parlava cum Dio, como uno amico co l'altro, como Moyses (Esodo; III e ss.), et questo fo frate Silvestro; alcuno de loro volava per suctilità per aere a la luce de la divina sapientia, como el aquila evangelista Ioanni, et questo fo frate Bernardo humilissimo, el quale profondissimamente exponeva la divina scriptura; alcuno de loro fo canonizato et sanctificato in cielo vivendo egli anchora in terra, et questo fo frate Rufino, gentile homo de Asisi.
Et così tucti furono privilegiati de singulare segno, sì como nel processo se dirà.
II
COMO FRATE BERNARDO AB ANDONO' EL MONDO PER SERVIRE A DIO.
El primo compagno de sancto Francesco fo frate Bernardo de Asisi, el quale se converti in questo mondo.
Essendo sancto Francesco anchora in habito seculare, benchè ià avesse disprezato el mondo, et andando tucto dispecto et mortificato per la penitenza, in tanto che da molti era reputato stolto, et como pazo era schernito et cacciato con pietre et loto da parenti et da strani, et egli in omni iniuria et scherno passandose pazientemente como sordo et muto; messer Bernardo, el quale era de li più nobili, ricchi et savii de Asisi, comenzò ad considerare in sancto Franceso così excessivo dispregio del mondo, et la grande patientia ne le iniurie, et che egli per dui anni era così abbandonato et disprezato da omni persona, sempre pareva più costante et patiente; comenzò a pensare et dire fra se medesimo: "Per nullo modo pò essere che questo Francesco non habia grande gratia da Dio". Et invitolo ad cena et ad dormire; et sancto Francesco cenò et albergò la sera con lui.
Alhora messer Bernardo se pose in cuore de considerare la sua sanctità; onde fece apparecchiare per sancto Francesco uno lecto ne la camera sua, ne la quale ardeva de nocte sempre una lampana. Et sancto Francesco, per celare la sua sanctità, incontinente, como fo intrato ne la camera, se gictò in su el lecto et fece vista de dormire; et messer Bernardo, similmente depo alcuno spatio, se pose a iacere et comenzò a ronfiare fortemente, como che dormisse. Di che sancto Francesco , credendo veramente che messer Bernardo dormisse, como mostrava, in su el primo sonno se leva de lecto et ponse in oratione, levando gli occhi et le mani ad cielo, et con grandissima devotione diceva: "Dio mio! Dio mio!" Et così dicendo et forte lacrimando stette insino ad matutino sempre replicando: "Dio mio!" et non altro. Et questo diceva sancto Francesco contemplando et admirando la excellentia de la divina Maiestà, la quale dignava de con(de)scendere a li preghi del suo servo poverello Francesco, che pregava per lo mondo che periva, et disponeva provedere per la salute de l'anima sua e de l'altre; et però illuminato da lo Spirito Sancto de la prophetia, prevedendo le grande cose che Dio deveva fare mediante lui et l'Ordine suo, et con la sua insuficientia et poca virtù, chiamava et pregava Dio, chè la sua pietà et omnipotentia, senza la quale niente pò la humana fragilità, supplesse et adiutasse et fornesse quello che per sè non poteva. Or vedendo messer Bernardo li acti devotissimi de sancto Francesco per lo lume de la lampana, et considerando diligentemente le parole che egli diceva, fo toccato nel cuore da lo Spirito Sancto de mutare la vita sua.
Di che la matina chiamò sancto Francesco et dixeli così: "Io ho al tutto disposto nel mio cuore de abandonare el mondo et sequitare te in ciò che tu me commanderai". Odendo questo, sancto Francesco se relegrò et dixe così: "Messer Bernardo, questo che voi dite è operatione si grande e male agevole, che de ciò se vole richiedere consiglio a nostro Signore Yhesu Christo et pregarlo che li piaccia de mostrare sopra de ciò la sua volontà et insegnarce como noi possiamo mettere questo in executione. Et però andiamo insieme al vescovato, dove sta uno buono prete et farimo dire la Messa et poi starimo in oratione in sino ad terza, pregando Dio che ne le tre apriture del messale ce demostri la via che ad lui piace che elegiamo". Rispuse messer Bernardo che questo molto li piaceva; di che alhora andarono al vescovato.
Et poi che hebero odita la Messa et stati in oratione insino ad terza (Insino ad terza; fin circa le nove antimeridiane), el prete per li preghi de sancto Francesco prese el messale et, facto el segno de la croce, lo aperse nel nome del nostro Signore Yhesu Christo tre volte: ne la prima apritura occurse quella parola che dixe Christo nel vangelio al iovene che demandava de la via de la perfectione: Si tu vuoi essere perfecto, va et vendi ciò che tu hai, et dallo ad li poveri, et seguita me (MATTEO; XIX, 21). Ne la seconda apritura occurse quella parola che Christo dixe nel vangelio a li apostoli, quando li mando ad predicare: Non portate nulla per via, nè bastone, nè tasca, nè calzamento, nè denari (LUCA; IX, 3); volendo per questo che tutta la loro speranza del vivere ponessero in Dio et havessero tucta la loro intenzione ad predicare el vangelio. Ne la terza apritura del messale occurse quella parola che Christo dixe: Chi vuole venire depo me, abandoni se medesimo, et tolla la croce sua et seguiti me (MATTEO; XVI, 24 ). Alhora dixe sancto Francesco: "Messer Bernardo, ecco el consiglio che Christo ce dà; va adonque et fa pienamente ciò che tu hai odito et sia benedecto et nostro Signore Yhesu Christo, el quale ha degnato demostrarce la sua via evangelica". Odito questo, messer Bernardo se partì et vendecte ciò che haveva, che era molto ricco, et cum grande alegreza distribuì omni cosa a poveri, a vedove, a orfani, a pelegrini, a monasterii et a spedali; et ad omni cosa sancto Francesco fedelmente et providamente lo adiutava.
Vedendo uno, chiamato messer Silvestro, che sancto Francesco dava tanti denari a poveri, strecto da l'avaritia, dixe a sancto Francesco: "Tu non me pagasti integramente de quelle pietre che tu comperasti da me per acconciare la chiesa et però, hora che tu hai denari, pagame". Alhora sancto Francesco se maravigliò de la sua avaritia, et non volendo contendere con lui, sì como vero observatore del vangelio,mise le mani in seno ad messer Bernardo, et piene de denari le mise in mano de messer Silvestro, dicendo che si più ne volesse più gli ne darìa. Contento de quelli, messer Silvestro se partì et tornose a casa.
Et la sera repensando quello che haveva facto el dì, reprendendose de la sua avaritia, considerando el fervore de messer Bernardo et la sanctità de sancto Francesco, la nocte seguente et dui altre nocte habe da Dio cotale visione. Vedeva uscire de la bocca de sancto Francesco una croce de oro, la cui summità toccava el cielo et le braccia se extendevano da l'oriente insino a l'occidente. Per questa visione egli dette per amore de Dio ciò che haveva et fecese Frate Minore et fo ne l'Ordine de tanta sanctità et gratia che parlava con Dio como el uno amico co l'altro, secondo che sancto Francesco più volte provò et più de socto se dechiarirà.
Messer Bernardo similemente habe tanta gratia da Dio che spesse volte era rapto in contemplatione; et sancto Francesco diceva de lui che era degno de omni reverentia et che egli haveva fondato questo Ordine; però che fo el primo che haveva abandonato el mondo, non servandose nulla, ma dando omni cosa a poveri de Christo, et comenzato la povertà evangelica, offerendose nudo a le braccia del Crucifixo.
El quale sia benedetto in secula seculorum. Amen.
III
COMO SANCTO FRANCESCO PER HUMILTA' SE FECE PORRE UNO PIEDE IN SU LA BOCCA ET L'ALTRO INSU LA GOLA DA FRATE BERNARDO PRIMOGENITO DE L'ORDINE SUO.
El devotissimo servo del Crucifixo messer sancto Francesco, per l'aspreza de la penitentia et continuo piangere, era deventato quasi ciecho et poco vedeva.
Una volta tra l'altre se partì dal luoco (Dalla Porziuncola) dove era et andò ad uno luoco ( Alle Carceri sui fianchi del monte Subasio al di sopra d'Assisi) dove era frate Bernardo, per favellare con lui de le cose de Dio; et iognendo (Iognendo: giungendo) ad luoco, trovò che frate Bernardo era ne la selva in oratione tutto elevato et conioncto con Dio. Alhora Sancto Francesco andò ne la selva et chiamòlo: "Vieni, dixe, et parla ad questo ciecho ". Et frate Bernardo non li respuse niente, però che essendo homo de grande contemplatione haveva la mente suspesa et elevata in Dio. Et perchè haveva la singulare gratia de parlare de Dio, come sancto Francesco più volte haveva provato, empertanto desiderava de parlare con lui.
Facto alcuno intervallo, lo chiamò la seconda volta et la terza in quel medesimo modo; et frate Bernardo non lo odiva, et però non li respuse, nè ando ad lui. Et per questo sancto Francesco se partì un poco sconsolato, et meravigliavase fra sè medesimo che frate Bernardo, chiamato tre volte, non era andato ad lui.
Partendose con questo pensieri, sancto Francesco, quando fo un poco allungato, dixe al suo compagno: "Aspectame qui"; et egli andò ivi presso ad un luoco solitario, et pusòse in oratione, et pregava Dio che li revelasse perché frate Bernardo non era andato ad lui. Et stando così, li venne una voce da Dio che dixe: "O povero homicciolo, de che sii tu così turbato; deve el homo lassare Dio per le creature? Frate Bernardo, quando tu lo chiamavi, era conioncto meco; et però non poteva venire ad te, nè responderte. Adonque non te maravigliare si egli non te potè parlare, però che egli era si fuore de sè, che delle tue parole non odiva nulla".
Havendo sancto Francesco questa resposta da Dio, incontinente con grande fretta retornò verso frate Bernardo, per accusarlessi humelmente del pensiero che haveva havuto in verso de lui.
Et vedendolo venire, frate Bernardo si le fece incontra et gettoseli a li piedi; alhora sancto Francesco el fece levare su et con grande humilità li narrò el pensiero et la turbatione che haveva havuta verso de lui, et como de ciò Dio lo ne aveva represo. Onde concluse così: "Io te comando per sancta obedientia, che tu faccia ciò che io te dirò". Temendo frate Bernardo che sancto Francesco non li comandasse qualche cosa excessiva, como soleva fare, vole honestamente schifare quella obedienti; onde li respuse così: "Io so apparecchiato fare la vostra obedientia et volontà, si voi me promectete de fare quello che io comandirò ad voi". Et promettendoli sancto Francesco, dixe frate Bernardo: "Dite, padre, quello volete che io faccia". Alhora dixe sancto Francesco: "Io te comando, per sancta obedientia, che per punire la mia presumptione hora che me gicterò in terra suppino, me pungi el uno piede in su la bocca et l'altro in su la gola, et così me passi tre volta da l'uno lato ad l'altro, dicendome vergogna et vituperio, et specialmente me dirai: "Jaci, villano, figliolo de Pietro Bernardone; onde viene ad te tanta superbia, che sei una vilissima creatura?" Odendo questo frate Bernardo, benchè li fosse molto duro a farlo, pure per obedientia sancta, quanto più può cortesemente adempiè el comandamento.
Et facto questo, dice sancto Francesco: "Or comanda tu ad me quello che io faccia, però che te ho promessa obedientia". Dixe frate Bernardo: "Io te comando per sancta obedientia, che omni volta che noi siamo insieme, tu me reprendi et correggi asperamente de li miei defecti". Di che sancto Francesco forte se meravegliò, però che frate Bernardo era de tanta sanctità, che egli lo aveva in grande reverenza et non lo reputava reprensibile in cosa veruna. Et però d'alhora inanzi sancto Francesco se guardava stare molto con lui, per la decta obedientia, ad ciò che non li venesse decta alcuna parola de correptione verso de lui, el quale egli conosceva de tanta sanctità; ma quando aveva voglia de vederlo o de odirlo favellare de Dio, el più presto che poteva se spacciava da lui et partevase. Et era grande devotione ad vedere con quanta carità, reverentia et humilità sancto Francesco parlava con frate Bernardo, figliolo primogenito.
Ad laude de Christo. Amen.
IV
COMO SANCTO FRANCESCO ANDO' IN GALITIA; ET DE LA QUESTIONE CHE PUSE L'ANGELO AD FRATE HELYA.
Nel principio d l'Ordine, quando erano ancho pochi frati et non erano anchor presi di luochi (abitazioni per i Frati), sancto Francesco per sua devotione andò ad sancto Jacobo de Galitia (S. Giacomo di Compostella, meta famosa di pellegrinaggi per tutto il medio evo), et menò con lui alquanti frati, fra quali fo el uno frate Bernardo. Et camminando così insieme trovarono in una terra un povero infermo al quale havendo compassione, dixe sancto Francesco ad frate Bernardo: "Figliolo, io voglio che tu remanghi qui a servire questo infermo". Et frate Bernardo humelmente acceptò el comandamento et remase; et sancto Francesco andò con l'altri compagni ad sancto Jacopo. Et essendo ionti et stando la nocte in oratione la chiesa de santo Jacobo, fo da Dio revelato ad sancto Francesco che egli deveva pigliare molti luochi per lo mondo, pero che l'Ordine suo se deveva dilatare et crescere in grande moltitudine de frati. Et per questa revelatione sancto Francesco comenzò a pigliare de luochi in quelle contrade. Et retornando sancto Francesco per la via de prima, retrovò frate Bernardo et lo infermo perfectamente guarito; onde sancto Francesco concedecte l'anno sequente ad frate Bernardo che egli andasse ad sancto Jacobo.
Et così sancto Francesco se tornò ne la Valle de Spoliti (Spoleto). Et standose in uno luocho solitario egli et frate Masseo et frate Helya et alcuni altri; li quali tucti se guardavano disturbare sancto Francesco da la oratione, et ciò facevano per la grande riverentia che li portavano, et sapevano che Dio gli revelava grande cose ne l'oratione. Hor advenne un giorno che sancto Francesco era in oratione ne la selva, uno jovene bello, apto ad caminare, venne ad la porta del luocho , et picchiò forte, et sì in fretta, et per sì grande spatio, che li frati molto se meravigliarono de cos' disusato picchiare. Andò frate Masseo, aperse la porta et dixe ad quello iovene: "Onde vieni tu, figliolo, che non pare che tu ce fussi mai più, chè hai picchiato così disusatamente; "Respuse el iovene: "Et como se deve picchiare?" Dixe frate Masseo: "Picchia tre volte l'una depo l'altra di rado, et poi aspecta tanto che l'frate habia decto el Pater nostro et venga ad te; et si in questo intervallo non viene, picchia una altra volta". Respuse el iovene; "Io ho gran fretta, et però ho picchiato sì forte; chè ho ad fare lungo viagio et qua sò venuto per favellare ad frate Francesco; ma egli hora sta ne la selva et non lo voglio exturbare; ma va et mandame frate Helya, chè li voglio parlare et porli una questione, però che io ho inteso che ò molto savio". Va frate Masseo et dice ad frate Helya che vada ad quel iovene. Et frate Helya se ne scandaliza et non ce vuole andare; di che frate Masseo non sa que farse, ne que respondere ad colui; però che si diceva: Frate Helya non pò venire, mentiva; et si diceva como era turbato et non voleva venire, temeva de non darli malo exemplo. Et però che frate Masseo penava tanto ad tornare, eliovene picchia una altra volta como prima, et poco stante tornò frate Masseo a la porta et dixe al iovene: "Tu non hai observata la mia doctrina nel picchiare". Dixe el iovene: "Frate Helya non vole venire ad me; ma ve et d' a frate Francesco che io sò venuto ad favellare con lui; ma però che io non voglio impedire da la oratione, digli che mandi frate Helya".
Alhora andò frate Masseo ad sancto Francesco che orava ne la selva colla faccia levata verso el cielo, et dixeli tucta l'ambassata del iovene et la resposta de frate Helya. Quel iovene era l'angelo de Dio in forma humana. Alhora sancto Francesco non mutandose de luocho, nè movendo la faccia, dixe a frate Masseo: "Va et dì ad frate Helya che per obedientia vada ad quel iovene prestamente".
Odendo frate Helya la obedientia de sancto Francesco, andò a la porta molto turbato, et con grande impeto et remore et dixe al iovene: "Que voli tu? "Respuse el iovene: "Guarda, frate, che tu non sii turbato, como tu pari, però che l'ira impedisce l'animo et non li lassa discernere el vero". Dixe frate Helya: "Dimme quel che tu vuoi da me". Respuse el iovene: "Io te demando si ad li observatori del sancto evangelio è licito magnare ciò che lo è posto innanti, secondo che Christo dixe a li suoi discipoli, ( LUCA; X, 8 ) et demandote si ad alcuno homo è licito ponerli innanti alcuna cosa contraria a la libertà evangelica". Respuse frate Helya superbamente: "Io so bene questo, ma non te voglio respondere; va per li facti tuoi". Dice el iovene: "Io saperìa meglio respundere ad questa questione de te". Alhora frate Helya turbato se partì et chiuse la porta: puoi comenzò ad pensare de la dicta questione et dubitavane fra se medesimo; et non la sapeva solvere, però che egli era Vicario de l'Ordine, et aveva ordinata et facta costituzione oltra el vangelio et oltra la Regola de sancto Francesco, che niuno frate ne l'Ordine magnasse carne, sì che la dicta questione era expressamente contra de lui. Onde non sapendo dechiarare se medesimo, et considerando la modestia de quel iovene, et che dixe che sapeva ad quella questione respondere meglio de lui, retornò a la porta et aprìla per demandare el iovene de la dicta questione; ma era ià partito; però que la superbia de frate Helya non era degna favellare co l'angelo.
Facto questo, Sancto Francesco, al quale da Dio omni cosa era stata revelata, tornò da la selva et fortemente et con alta voce riprese frate Helya, dicendo: "Ma fai, frate Helya superbo, che cacci da noi l'angeli che ce vengono ad admagestrare. Io te dico che temo, frate, che la tua superbia non te faccia finire fuore de questo Ordine". Et così gli advenne poi, como sancto Francesco gli predixe, però che morì fuore de l'Ordine. In quello dì medesimo et in quella hora che quello angelo se partì, apparì ad frate Bernardo che tornava da santo Jacobo et era a la riva de un grande fiume et salutòlo in suo linguagio dicendo: "Dio te dia pace, o buon frate". Et maravigliandose frate Bernardo et considerando la belleza de quel iovene et la loquela de la sua patria, con la salutazione pacifica et con la faccia lieta sì lo demandò: "Onde vieni tu, o buon iovene?" "Io vengo, dixe, de cotale luocho dove demora sancto Francesco et andai per favellare con lui et non ho potuto, però che era ne la selva ad ontemplare le cose divine et io non l'o voluto impedire. In quel luocho demora frate Masseo, frate Egidio et frate Helya; Frate Masseo m'ha insegnato de picchiare la porta ad modo de frati; ma frate Helya, però che non me volse respondere a la quistione che io gli propusi, poi se ne pentì; et volevame odire et vedere, et non potè". Depo queste parole dixe l'angelo ad frate Bernardo: "Perchè non passi tu de là?" Respuse frate Bernardo: "Perchè temo de la profondità de l'acqua che io vedo". Dice l'angelo: "Passiamo insieme; et non dubitare". Et prese la mano et in uno bactere de occhio el puse da l'altra parte del fiume. Alhora frate Bernardo cognobe che quello era l'angelo de Dio, et cum grande reverenza et gaudio ad alta voce dixe: "O angelo benedecto de Dio, dimme quale è el nome tuo". Dixe l'angelo: "Perchè demandi tu del nome mio el quale è admirabile?".
Et decto questo, l'angelo se partì et lassò frate Bernardo tucto consolato,intanto che tucto quello viaggio fece con alegreza. Et considerò el dì e l'hora che l'angelo li era apparito, et iongenedo al luocho dove era sancto Francesco con li compagni sopradicti recitò a loro omni cosa ordinatamente. Et cognobero certamente quello medesimo angelo in quello dì et in quella hora era apparito ad loro et ad lui. Et rengraziarono Dio. Amen.
V
COMO FRATE BERNARDO PRESE EL LUOCO DE' FRATI AD BOLOGNA
Perchè sancto Francesco con li suoi compagni erano da Dio chiamati et electi ad portare col cuore et con l'opere, et predicare con la lingua la croce de Yhesu Christo, egli parevano et erano homini crucifixi, quanto a l'habito et quanto a la vita austera, et quanto a li acti et operationi loro; et però desideravano più sostenere vergogna et opprobrii per amore de Yhesu Christo, che honori del mondo et reverentie et vane laude. Anzi de le iniurie se relegravano, et de li honori se contristavano.
Et così se andavano per lo mondo como pelegrini, non portando seco altro che Christo crucifixo; et però che egli erano veri tralci de la vite, cioè de Christo, vera, producevano per lo mondo grandi et boni fructi de l'anime, quale quadagnavano ad Dio.
Hora advenne che nel principio de la religione sancto Francesco mandò frate Bernardo ad Bologna, ad ciò che ivi, secondo la gratia che Dio li haveva data, facesse fructo. Et frate Bernardo, facendose el segno de la sancta croce, per la sancta obedientia se partì et pervenne ad Bologna. Et vedendolo li fanciulli in habito disusato et vile, li facevano molti scherni et iniurie como ad pazo; et frate Bernardo patientemente et alegramente omni cosa sosteneva per amore de Yhesu Christo. Anzi, ad ciò che meglio fosse stratiato, se puse studiosamente ne la piaza de la città; onde sedendo ivi se radunarono molti fanciulli et homini, et chi li tirava el capuccio derieto et chi denanti, chi li gittava polvere, chi pietre et chi lo spengeva de là et chi de quà: et frate Bernardo sempre de uno modo et de una patientia, col volto lieto, non se ramaricava et non se mutava. Et per più dì retornava ad quel medesimo luoco, per sostenere simile cose.
Et però che la patientia è opera de perfectione et prova de virtù, uno savio doctore de lege, vedendo et considerando tanta constantia et virtù de frate Bernardo in non poterse conturbare in tanti dì per niuna molestia o iniuria, dixe infra sè medesimo: "Impossibile è che costui non sia uno sancto homo". Et appressandose ad lui sì lo demandò: "Chi sei tu? et que sei venuto ad fare in quà?" Et per resposta frate Bernardo se mise mano in seno et traxe fuore la regola de sancto Francesco, et decteli chè la legesse: et como la hebe lecta, considerando el suo altissimo stato de perfectione, cum grandissimo stupore et admiratione se voltò al compagno et dixe: "Veramente questo è el più alto stato de religione che io mai odesse, nè vedesse; et però costui con li suoi compagni sonno de li più sancti homini de questo mondo, et fa grandissimo peccato chi li fa iniuria; el quale sommamente se deverìa honorare, cum ciò sia cosa che lui sia vero amico de Dio". Et dixe ad Frate Bernardo: "Si voi volessete prendere uno luoco per vostra habitatione in servitio de Dio, io per salute de l'anima mia volentieri ve lo darò". Dixe frate Bernardo: "Messere,io credo che ve habia spirato el Signore nostro Yhesu Christo, et però io accepto la vostra proferta volentieri ad honore del nostro Signore Yhesu benedecto". Alhora el decto iudice cum grande reverentia et carità menò frate Bernardo ad casa sua; et poi li decte el luoco promesso, et tucto lo aconciò, et fornì a le sue spese; et deventò protectore de li frati et singulare loro benefactore et defensore.
Frate Bernardo, per la sua sancta conversatione, comenzò ad essere molto honorato da la gente, in tanto che beato se teneva chi lo poteva toccare o vedere. Ma egli, como vero et humele discipolo de Christo et de sancto Francesco, temendo che el honore del mondo non li tollesse la pace et la salute de l'anima sua, se partì de llì et tornò ad sancto Francesco et dixeli così: "Patre, el luoco è preso ne la città de Bologna; mandatevi de li frati che lo mantengano et che ve stieno, però che io non vi faceva più guadagno, anzi per lo troppo honore che m'era facto, temo che io non perdesse più che non guadagnerei".
Alhora sancto Francesco, odendo omni cosa per ordine, sì como Dio aveva ordinato et adoperato per frate Bernardo, rengratiò Dio, el quale così comenzava a dilatare li poverelli discipoli de la croce; et allora mandò de li suoi compagni ad Bologna et in Lombardia, li quali presero molti luochi in diverse parti.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
VI
DE LA MORTE DE FRATE BERNARDO
Era frate Bernardo de tanta santità, che santo Francesco li portava reverentia et spesse volte el lodava. Essendo un iorno sancto Francesco in oratione, gli fo revelato da Dio che frate Bernardo per divina permissione deveva sostenere molte pungente et dure bactaglie da le demonia; di che sancto Francesco, havendo grande compassione al decto frate Bernardo, el quale egli molto amava como figliolo, molti dì orò con lacrime, pregando Dio per lui ricommendandolo ad Yhesu Christo benedecto, chè li devesse dare victoria da le demonia. Et orando così sancto Francesco devotamente; Dio un dì li respuse et dixe: "Francesco, non temere, però che tucte le tentationi le quali haverà frate Bernardo et da le quali deve essere combactuto, li sonno da Dio permesse per exercitio de virtù et corona de merito; et finalmente de tucti li inimici haverà victoria, però che egli è uno de' commissarii del Reame de Dio".
De la qual resposta sancto Francesco habe grandissima alegreza et rengratiò Dio. Et da quella hora innanti li portò sempre maiure amore et reverentia.
Et bene li mostrò, non solamente in vita sua, ma etiamdio ne la morte. Però che venendo sancto Francesco ad morte, ad modo che quello sancto patriarca Iacob (Genesi; LXVIII, I e ss), che, standoli intorno li figlioli adolorati et lacrimosi de la partenza de così admirabile patre, demandò et dixe: "Dove è lo mio primogenito? Vieni ad me, figliolo, ad ciò che io te benedica prima che muora". Alhora frate Bernardo dixe in secreto ad frate Helya, el quale era Vicario de l'Ordine: "Patre, va da la mano dericta del sancto", el quale haveva perduto el vedere per lo troppo lacrimare, puse la mano dericta sopra el capo de frate Helya et dixe: "Questo non è el capo del mio primogenito frate Bernardo". Alhora frate Bernardo andò ad lui da la mano sinistra. Et sancto Francesco alhora concellò le braccia (Cancellò le braccia: incrociò le braccia) ad modo de croce, et puse lamano ricta sopra al capo de frate Bernardo et la manca sopra al capo de frate Helya, et dixe ad frate Bernardo: "Benedicate el Patre del nostro Signore Yhesu Christo con omni benedictione spirituale et celestiale in Christo, sì como tu sei el primo electo in questo sancto Ordine a dare exemplo evangelico, et sequitare Christo ne la evangelica povertà: imperò che non solamente tu desti el tuo et distribuisti integramente et liberamente a li poveri per amore de Christo; ma etiemdio te medesimo offeriste ad Dio in questo Ordine in sacrificio de suavità. Benedecto sii tu adonque dal nostro Signore Yhesu Christo et da me poverello servo suo de benedictioni eterne, andando, stando, vegiando et dormendo, vivendo et morendo. Chi te benedirà, sia pieno de benedictioni, et chi te maledicesse non remarrà senza punitione. Sii el principale de li tuoi fratelli, et al tuo comandamento tucti li frati obediscano; habi li centia de ricevere ad questo Ordine et de cacciare chi tu vorrai, et nullo frate habia signoria sopra de te, et siate licito de andare et ed de stare dove te piace".
Depo la morte de santo Francesco, li frati amavano et riverevano frate Bernardo como venerabile patre. Et venendo egli ad morte, vennero ad lui molti frati de diverse parti; fra quali venne quello yerarchico et divino frate Egidio, el quale vedendo frate Bernardo, con alegreza dixe: Sursum corda, frate Bernardo, sursum corda!.
Et frate Bernardo dixe ad uno frate che apparecchiasse ad Frate Egidio un luoco apto ad contemplare, et così lo facto.
Et essendo frate Bernardo ne l'ultima hora de la morte, se fece rizare et favellò a li frati che li erano denanti, et dixe: "Considerate, carissimi fratelli, non ve voglio dire molte parole, ma devete considerare che lo stato de la religione che io ho avuto, voi avete et questo che ho io hora, voi haverite anchora. Et truovo questo ne l'anima mia, che per mille mundi equali ad questo non vorria non avere servito al nostro Signore Yhesu Christo. Et de omni offesa che io ho facta me rendo in colpa al mio Signore Yhesu benedecto et ad voi. Pregove, fratelli miei carissimi, che voi ve amiate insieme".
Et poi depo queste parole, decte altri admagestramenti buoni, et reponendose in su el lecto, la faccia sua deventò splendida et lietra oltra modo, di che tucti li frati se meravigliarono. Et in quella letitia la sua anima, coronata de gloria, passò de la presente vita a la beata vita de li angeli.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
VII
COMO SANCTO FRANCESCO SOLO CON UNO MENZO PANE DEIUNO' TUCTA UNA QUADRAGESIMA NE L'ISOLA DE LACO DE PEROSCIA
El venerabile servo de Yhesu Christo sancto Francesco, però che in certe cose fo quasi uno altro Christo, dato al mondo per salute de la gente, Dio Patre lo volse fare in molti acti conforme et simile al suo figliolo Yhesu Christo sì como se demostra nel venerabile collegio de xij compagni et nel venerabile misterio de le sacre stigmate et nel continuato ieiunio de la sancta quadragesima, el quale fece in questo modo.
Essendo una volta sancto Francesco, el dì de carnasciale, al lato al Laco de Peroscia (lago di Perugia), in casa de uno suo devoto col quale era la nocte albergato, fo spirato da Dio che egli andasse ad fare quella quadragesima in una isola del decto laco, di che sancto Francesco pregò quel suo amico, per amore de Yhesu Christo, chè lo portasse su ne la navicella in una isola (Isola Maggiore) dove non habitasse persona; et questo fece la nocte del dì de la cenere,sì che persona non se ne avedesse. Et costui, per la grande devotione che haveva ad santo Francesco, solicitamente adempì la sua volontà et portòlo a la decta isola; et sancto Francesco non portò con lui altro che due panetti. Et essendo ionto ne l'isola , el amico partendose per tornare ad casa sua, sancto Francesco el pregò caramente che non revelasse ad persona como egli fosse ivi, et che non venisse per lui insino al iovedì sancto. Et così se partì colui; et sancto Francesco remase solo.
Et non essendoce alcuna habitatione ne la quale se potesse reducere, intrò in una siepe molto folta et strecta la quale molti pruni et arbori la havevano acconcia ad modo de una cappannetta; et in questo cotale luoco se puse ad contemplare le cose celestiali. Et ivi stecte tucta la quadragesima senza magnare et senza bere, altro che la metà de uno de quilli panetti, secondo che trovò quel suo devoto amico el iovedì sancto, quando tornò per lui; el quale trovò de dui pani el uno intigro et menzo l'altro. E l'altro menzo se crede che sancto Francesco magnasse per reverentia del ieiunio de Yhesu Christo benedecto, el quale ieiuniò XL dì et XL nocte senza prendere cibo materiale. Et con quello menzo pane cacciò da sè la vanagloria, et ad exemplo de Christo ieiunò XL d' et XL nocte.
Et poi in quella isola, dove sancto Francesco haveva facta sì maravigliosa abstinentia, fece Dio molti miracoli per li suo meriti; per la qual cosa comenzarono li homini ad edificare de le case; et in poco tempo se fece uno castello buono et grande, et ècce el luoco de frati, facto ad reverentia de sancto Francesco. Et anchora li homini et le donne hanno grande devotione in quello luoco dove sancto Francesco fece la dicta quadragesima.
Ad laude de Christo. Amen.
VIII
EXEMPLO MARAVIGLIOSO DE PATIENTIA EL QUALE DIXE SANCTO FRANCESCO AD FRATE LIONE
Venendo una volta sancto Francesco da Peroscia ad Sancta Maria de l'Angeli con frate Lione a tempo di verno, e il fredo grandissimo fortemente li cruciava, chiamò frate Lione, che andava un poco innanzi, et dixe così: "O frate Lione, advengadio che li Frati Minori in onmi terra dieno bono exemplo de sanctità et de bona edificatione; nientedemeno scrivi, et nota diligentemente, che ivi non è perfecta letiti". Et andando più oltra, sancto Francesco lo chiamò la seconda volta et dixe: "O frate Lione, benchè li Frati Minori alluminino li ciechi, et distendano li tracti, et caccino le denomia, et rendano el odire a li surdi, et lo andare a li zoppi, et lo parlare a li mutoli, et che, maiure cosa è, resuscitino li morti de quattro dì; scrivi che in ciò non è perfetta letitia". Et andando più oltra, santo Francesco grida forte: "O frate Lione, si el Frate Minore sapesse tucte le lingue, et tucte le scentie, et tucte le scripture, sì che sapesse profetare, et revelare non solamente le cose future, ma etiamdio li secreti de le conscientie; scrivi che in ciò non è perfecta letitia". Andando un poco più oltra, sancto Francesco grida forte: "O frate Lione, benchè el Frate Minore parli con la lingua angelica, et sappia li cursi de le stelle, et le virtù de le herbe, et fosserli revelati tucti li thesori de la terra, et cognoscesse tucte le virtà de li ucelli, et de li pesci, et de tucti li animali, et de li homini, et de l'arbori, et de le pietre, et de le radice, et de le acque; scrivi che in ciò non è perfecta letitia". Et andando un poco più oltra. Sancto Francesco chiamò frate Lione et dixe: "O frate Lione, benchè l' Frate Minore sapesse sì bene predicare, che convertesse tucti l'infideli a la fede de Christo; scrivi che non è ivi perfecta letitia".
Et durando questo modo de parlare ben dui miglia, frate Lione con grande admiratione lo demandò et dixe: "Patre, io te prego da la parte de Dio, che tu me dichi ove è perfecta letitia". Et sancto Francesco li respuse et dixe:"Quando noi iongerìmo ad Sancta Maria de l'Angeli, così bagnati per la piovia et giacciati per lo fredo et infangati de luto, et afflicti de fame, et picchiarimo la porta del luoco, el portanaro verrà adirato et dirà: "Voi chi site?" et noi dirìmo: "Siamo dui de vostri frati". Et quello dirà: "Voi non dite vero, anzi site dui ribaldi che andate ingannando el mondo et robando le limosine dè poveri". Et non ce aprirà, et faràce stare de fuore a la neve et a l'acqua, cum fredo et cum fame in sino a la nocte; alhora si noi tanta iniuria et tanta crudeltà sosterremo patientemente senza turbatione et, senza mormorare de lui, pensaremo humilmente et caritativamente che quello portanaro Dio lo fa favellare contra de noi; o frate Lione, scrivi che ivi è perfecta letitia.
Et si noi perseverarìmo picchiando, et egli uscirà fuore turbato et como gaglioffi importuni ce caccerà cum villanie et cum guanciate dicendo: "Partiteve de qui, giottoncelli vilissimi, andate a l'hospedale, chè qui non magnerite voi nè albergarite"; si noi questo sosterremo patientemente con alegreza et con amore; o frate Lione, scrivi che qui è perfecta letitia. Et si noi, pur constrecti da la fame et dal fredo et da la nocte, pur picchiaremo, et chiameremo, et pregarìmolo per amore de Dio con grande pianto che ce apra et mèctace pur dentro, et quello più scandalizato dica: "Costoro sonno (Sonno: sono gaglioffi importuni, io li pagarò como sono c'igni; et uscirà fuore con uno bastone nochioruto et pigliaràci per lo cappuccio et gicteràce in terra et rivolglieràce (Rivoglierace: avvolgeracci) ne la neve et bacteràci con quello bastone; et si noi tucte queste cose sosterremo patientemente con alegreza, pensando le pene de Christo benedecto, le quali noi debiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, scrivi che in questo è perfecta letitia. Et però odi la conclusione, o frate Lione. Sopra ad tucte le gratie et doni de lo Spirito Sancto, le quale Christo concedecte ad li amici suoi, si è vincere se medesimo, et volentieri per amor de Christo sostenere pene et iniurie, opprobrii et disastri; però che in tucti l'altri doni de Dio noi non ce possiamo gloriare, però che non sonno nostri, ma de Dio, onde dice l'apostolo: Que hai tu che non habi da Dio? et si tu l'ai avuto da lui, perché te glorii, como si tu lo havessi da te? (Lettera ai Corinti: IV, 7) Ma ne la croce de la tribulatione et de l'afflictione ce possiamo gloriare, però che questo è nostro. Et però dice l'apostolo: Io non me voglio gloriare, si non ne la croce del nostro Signore Yhesu Christo (Lettera ai Galati: VI, 24).
Al quale sia sempre honore et gloria in secula seculorum.
Amen.
IX
COMO SANCTO FRANCESCO DIXE MATUTINO CUM FRATE LIONE SENZA BREVIARIO
Essendo sancto Francesco una volta nel principio de l'Ordine cum frate Lione in uno luoco dove non haveva libro da dire l'officio divino, dixe sancto Francesco ad frate Lione: "Carissimo, noi non habiamo breviario, che possiamo dire matutino; ma ad ciò che noi expendiamo el tempo ad laude de Dio, io dirò, et tu responderai como te insegnarò; et guarda che tu non muti le parole altramente che te dirò. Io dirò così: "O frate Francesco, tanti mali et peccati facisti nel seculo, che tu sii degno de l'inferno"; et tu, frate Lione, reponderai: "Vera cosa che tu meriti l'inferno profondissimo". Et frate Lione cum simplicità columbina respuse: "Volentieri, patre; cominciamo al nome de Dio". Alhora sancto Francesco dice: "O frate Francesco, tu facesti tanti mali et tanti peccati nel seculo, che tu sii digno de l'inferno". Et frate Lione respuse: "Dio per te farò tanti beni, che n'andirai in Paradiso". Dice sancto Francesco :"Non dire così, ma quando io dirò: "O Francesco, tu hai facte tante cose inique contra a Dio, che tu se digno de essere maletecto da Dio; et tu responderai: "Vera cosa è che sii digno esser messo fra li maledicti". Et frate Lione responde: "Volentieri, patre mio". Alhora sancto Francesco con molte lacrime et suspiri et picchiare de pecto, dice ad alta voce: "O signor mio Dio del cielo et de la terra, io ho commesso contra de te tanta iniquità et tanti peccati, che al tucto io sò digno essere da te maledecto". Et frate Lione responde : "O frate Francesco, Dio te farà tale, che fra li benedecti tu sirai singularmente benedecto".
Sancto Francesco maravigliandose che Frate Lione respondeva pureal contrario de quello che egli li haveva imposto, sì lo reprende dicendo: "Perchè non respondi tu como io te ho imposto? Io te comando per sancta obedientia che tu me respondi como io te insegno". Io dico così: "O frate Francesco cattivello, pensi tu che Dio haverà misericordia de te; cum ciò sia cosa che habi commissi tanti peccati contra el Patre de la misericordia?" Et tu, frate Lione, responderai: "Per niuno modo sè digno de trovare misericordia". Ma quando sancto Francesco dixe: O frate Francesco cattivelo etc.; respuse frate Lione: "Dio Patre, la cui misericordia è infinita più che'l peccato tuo, farà teco grande misericordia, et sopra epsa te adiongnirà molte gratie".
Ad questa resposta sancto Francesco, dolcemente turbato et patientemente adirato, dixe:"O frate Lione, perchè tu hai avuta presumptione de fare el contrario de quello che io t'ò imposto? " Responde frate Lione molto humilmente et reverentemente et dice: "Dio el sa, patre mio,che omni volta me ho posto in cuore de respondere como tu me hai conmandato; ma Dio me fa parlare como ad lui piace et non secondo che piace ad me". Di che sancto Francesco se meravigliò, et dixe ad frate Lione: "Io te prego carissimamente che questa volta tu me rispondi como io te ho decto". Respuse frate Lione: "Dì su al nome de Dio, che per certo questa volta io te respondirò como tu vuoli". Et sancto Francesco lacrimando dixe: "O frate Francesco cattivello, pensi tu che Dio habia misericordia de te, che hai facti tanti mali; "Respuse frate Lione: "Anzi, tu receverai grandissima gratia da Dio, et exalteràte et glorificheràte in eterno, però che chi si humilia sarà exaltato ( LUCA; XIV, 11). Et io non posso dire altro, però che Dio parla per la bocca mia".
Et così in questa humile contentione con molte lacrime et con molta devotione et consolatione spirituale vegiarono in sino al dì.
Al laude de Yhesu Christo. Amen.
X
RESPOSTA NOBILE ET HUMILE DE SANCTO FRANCESCO AD FRATE MASSEO SUO COMPAGNO
Demorando sancto Francesco una volta nel luoco de la Portiuncola, cum frate Masseo de Marignano homo de molta scientia, sanctità et discretione et gratia nel parlare de Dio, per la qual cosa sancto Francesco molto lo amava; un iorno tornando sancto Francesco de la selva da la oratione, et essendo in su el uscire de la selva, el decto frate Masseo, el volse provare como fosse humile, et fècelise incontra, et dixe: "Perchè ad te, perchè ad te, perchè ad te tucto el mondo viene derieto et omni persona pare che desideri de vederte, et de odirte, et de obedirte? Tu non sei nobile; onde adonque ad te, che tucto el mondo te venga derieto?" Odendo questo sancto Francesco, tucto realegrato in spirito, rizando la faccia in cielo, per grande spatio stecte con la mente in Dio; et poi retornando in sè, se inginocchiò et rendecte laude et gratie ad Dio; et poi con grande fervore de spririto se revoltò ad frate Masseo et dixe: "Vuol tu sapere, vuol tu sapere, vuol tu sapere, perchè ad me viene tucto el mondo derieto? Questo ho io da quelli occhi de l'altissimo Dio, li quali in omni luoco contemplano li buoni et li rei: però che quelli occhi sanctissimi non hanno veduto infra li peccatori niuno più vile, nè più insufficiente, nè più grande peccatore de me: et però ad fare quella operatione maravigliosa, la quale egli intende da fare, non ha trovata più vile creatura de me sopra la terra; et ha electo me per confondere la nobilità et la grandeza et la forteza et la belleza et la sapientia del mondo, ad ciò che conosca che omni virtù et omni bene è da lui, et non da la creatura, et niuna persona se possa gloriare nel cospecto suo; ma chi se gloria, se glorii nel Signore ( Lettera I ai Corinti: I, 27-31 ), de cui è omni honore et gloria in eterno.
Alhora frate Masseo ad sì humile resposta, decta cum tanto fervore, se expaventò et cognobe certamente che sancto Francesco era fondato in vera humiltà.
Ad laude de Christo. Amen.
XI
COMO SANCTO FRANCESCO ANDANDO A SIENA REPACIFICO' HOMINI CHE SE OCCIDEVANO INSIEME
Andando un iorno sancto Francesco per camino cum frate Masseo, el decto frate Masseo andava un poco innanzi. Iongendo ad uno trivio de vie, per le quale se poteva andare ad Siena, ad Fiorenza et Arezo, dice frate Masseo: "Patre, per quale via volemo noi andare? "Respuse sancto Francesco :"Per quella che Dio vorrà". Dice frate Masseo: "Et como porremo noi sapere la volontà de Dio?" Dixe sancto Francesco:"Al segnale che io te domanderò; onde io te conmando per sancta obedientia, che in questo trivio nel luoco dove tu tieni li piedi, tu te giri intorno, sì como fanno li fanciulli, et non restare si io non tel dico". Alhora frate Masseo comenzò ad volgerse in giro; et tanto se voltò, che per la vertigine del capo, la quale se suole generare per cotale girare, egli cadè più volte in terra; ma non dicendoli sancto Francesco che restesse, et egli volendo fedelmente obedire, se rizava su et poi recomenzava. Alhora quando egli se volgeva ben forte, dixe sancto Francesco: "Stà fermo et non te mutare". Et così fece. Et sancto Francesco lo demanda: "Inverso qual parte tieni tu la faccia? "Responde frate Masseo: "Verso Siena". Di che sancto Francesco dixe: "Quella è la via per la quale vuole Dio che noi andiamo".
Andando per quella via, frate Masseo fortemente se maravigliava de quello che sancto Francesco li haveva indicto fare, como fanciulli, innanti ad seculari che passavano; nientedemeno non era ardito demandare sancto Francesco per reverentia.
Appressimandose ad Siena, el popolo de la città odì de l'advenimento suo (Advenimento suo: venuta sua), onde se gli fecero incontra et per grande devotione portarono lui, el compagno insino al vescovato, che non toccaro niente terra con li piedi. In quella hora alquanti homini de Siena combactevano insieme, et ià dui de loro ne erano morti; et iognendovi, sancto Francesco predicò ad loro sì devotamente, che tucti li reduxe ad pace et concordia insieme. Per la qual cosa, odendo el vescovo de Siena quella sancta operatione che sancto Francesco haveva facta, si lo invitò ad casa sua, et recevettelo con grandissimo honore quel dì et ancho la nocte. Et la matina sequente sancto Francesco, humile, el quale ne le sue operationi non cercava si non la gloria de Dio, se levò per tempo col suo compagno et partìse senza pigliar comiato da persona.
Di che frate Masseo andava per la via mormorando et dicendo: Que è questo che fa questo homo? Fèceme girare ne la via como uno fanciullo, et al vescovo, che tanto l'à onorato,non li ha decta una buona parola, nè rengriatiatolo. Et pareva ad frate Masseo che sancto Francesco se fosse portato indiscretamente. Ma poi per divina inspiratione retornando in se medesimo et reprendendose, diceva fra se stesso: Frate Masseo, tu sii troppo superbo, che iudichi l'opere divine, et sii degno de l'inferno per la tua indiscreta superbia, però che nel dì de heri (Heri: ieri ) sancto Francesco fece sì sancte operationi, che si le havesse facte l'angelo de Dio non sirìeno state più maravigliose. Onde si te comandasse che tu gictassi le pietre, el deveresti obedire, chè ciò che egli ha facto in questa via (In questa via: in questo viaggio) è proceduto da l'ordinatione divina, sì como se demostra nel buon fine che è sequìto; però che si non havesse repacificati coloro che combactevano insieme, non solamente, como havevano ià incomenzato, molti corpi sirìeno morti de coltello, ma etiamdio molte anime haverìa el diavolo tirate ad l'inferno. Et però tu sii stultissimo et superbo, che mormori de quello che manifestamente procede da la volontà de Dio.
Et tucte queste cose che frate Masseo imaginava nel cuore suo, andando innanzi, fuorono revelate da Dio ad sancto Francesco. Onde approssimandose sancto Francesco dixe così: "Frate Masseo, ad quelle cose che tu pensi ora, t'atieni, che sonno buone et utili da Dio spirate; ma la prima mormoratione che tu facevi era vana, ciecha et superba, et fo ad te messa ne l'animo dal diavolo". Alhora frate Masseo se advide che sancto Francesco sapeva li secreti del suo cuore, et certamente comprese che lo spirito de la divina sapientia dirizava el patre sancto intucti li acti suoi.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XII
COMO SANCTO FRANCESCO PROVO' LA HUMILTA' DE FRATE MASSEO SUO COMPAGNO.
Sancto Francesco, volendo humiliare frate Masseo ad ciò che per molti doni che Dio gli dava non se levasse insuperbia, ma per virtù de la sancta humilità crescesse con epsi de virtù in virtù; una volta che demorava in uno luoco solitario con quelli suoi primi compagni veramente sancti, di li quali era el uno frate Masseo, dixe un dì sancto Francesco, presenti tucti l'altri compagni: "Frate Masseo, tucti questi tuoi compagni hanno gratia de oratione et de contemplatione; ma tu hai gratia de predicare la parola de Dio et satisfare al popolo. Et però io voglio, ad ciò che costoro possano intendere a la contemplatione, che tu facci l'officio de la porta et vadi per la limosina et facci la cocina; et quando l'altri frati magniranno, tu magnirai fuore de la porta del luoco, sì che ad quelli che verrano ad luoco nanzi che picchino, tu satisfacci ad loro de alquante parole de Dio, sì che non bisogni che vada fuore altri che tu. Et questo farai per merito de la sancta obedientia". Alhora frate Masseo inchienando el capo, humilmente recevette et sequitò questa obedientia per più dì, facendo l'officio de la porta, de la limosina et de la cocina. Di che li compagni, como homini illuminati da Dio, comenzaro sentire ne li loro cuori grande rimordemento considerando che frate Masseo era homo de grande perfectione como loro o più, et ad lui era posto tucto el peso del luoco et non ad loro. Per la qual cosa se mossero tucti et andaro ad pregare sancto Francesco chè li piacesse distribuire fra loro quelli officii, però che le loro conscientie per nullo modo potevano sostenere che frate Masseo portasse tante fatighe. Odendo questo, sancto Francesco consentì a li loro preghi et voluntadi et chiamò frate Masseo et dixe: "Frate Masseo, li tuoi compagni vogliono far parte de li officii che io te ho dati; et però vogli che li dicti offici se dividano". Alhora frate Masseo cum grande humilità dixe: "Patre, ciò che tu me imponi, o de tucto o de parte, tucto lo reputo facto da Dio". Alhora sancto Francesco, vedendo la carità de coloro et la humilità de frate Masseo, fece ad loro una predica maravigliosa de la sanctissima humilità admagestrandoli che quanto maiuri doni et gratie c'è da Dio, tanto noi debiamo essere più humili; però che senza humilitade niuna virtù è acceptabile ad Dio. Et fornita la predica, distribuì l'officii cum grande carità-
Ad laude de Christo. Amen.
XIII
EXEMPLO MARAVIGLIOSO DE POVERTA' ET HUMILITA' DE SANCTO FRANCESCO.
El maraviglioso sequitatore de Christo sancto Francesco, per conformarse perfectamente ad Christo in omni cosa, el quale, secondo che dice el vangelio, mandò li suoi discipuli a dui a dui ad tucte quelle cittade et luochi dove egli deveva andare ( MARCO; VI, 7 e LUCA; X, 1); da poi che sancto Francesco ad exemplo de Christo habe radunati XII compagni, sì li mandò per lo mondo ad predicare a dui a dui. Et, per dare ad loro exemplo de vera obedienza, comenzò prima ad andare, ad exemplo de Christo che comenzò prima ad fare che ad insegnare (Atti degli Apostoli; I,1). Onde avendo assignate a li compagni l'altre parte del mondo, egli prendendo frate Masseo per compagno prese el camino verso la provincia de Francia.
Et pervenendo un iorno ad una villa assai affamati, andaro, secondo la Regola, mendicando el pane per amore de Dio; et sancto Francesco andò per una contrada, et frate Masseo per un altra. Ma perchè sancto Francesco era homo troppo desprezato et piccolo de corpo, però era reputato un vile poverello da chi non lo conosceva, non gli fo dato si non paricchi pezolini de pane secco; ma frate Masseo, perchè era homo grande et bello del corpo, sì gli fuorono dati buoni pezi de pane grandi, et assai, et alcuno integro.
Accactato che egli hebero, se retrovarono insieme fuor de la villa, in un luoco, per magnare, dove era una bella fonte, et al lato era una bella pietra larga, sopra la quale ciaschuno puse le limosine che avevano accactate . Et vedendo sancto Francesco che li pezi del pane de frate Masseo erano più grandi et più belli che li suoi, fece grandissima alegreza, et dixe così: "Frate Masseo, noi non siamo digni de così gran thesoro". Et dicendo queste parole più volte, respuse frate Masseo: "Patre, como se pò chiamare thesoro, dove è tanta povertà et manchamento de le cose che bisognano? Qui non è tovaglia, nè coltello, nè taglieri, nè scodelle, nè cassa, ne mensa, nè fante, nè fantesca". Dixe alhora sancto Francesco: "Et questo è quello che io reputo grande thesoro, ove non è cosa veruna apparecchiata per industria humana; ma ciò che ci è, è apparecchiato da la providentia devina, sì como se vede manifestamente dal pane accactato, et ne la mensa de pietra et ne la fonte sì chiara et bella. Et però voglio che preghiamo Dio ch' el thesoro de la sancta povertà così nobele, el quale ha per servitore Dio, ce faccia amare con tucto el cuore". Et decte queste parole, et facta la oratione, et presa la refectione corporale de quelli pezi del pane et de l'acqua, se levarono per caminare in Francia.
Et iongnendo ad una chiesa, dixe sancto Francesco al compagno: "Intriamo in questa chiesa a l'oratione". Et sancto Francesco se ne va derieto a l'altare, et ponse in oratione, et in quella oratione si ricevette da la divina visitatione sì excessivo fervore, che infiammò l'anima sua sì fortemente de l'amore de la sancta povertà, che sì per lo colore de la faccia et per lo nuovo exbadigliare de la bocca pareva che gictasse fiamma de amore. Et venendo così infocato al compagno, sì gli dixe: "A! A! A! frate Masseo, damme te medesimo". Et cosi dixe tre volte, et ne la terza volta sancto Francesco col fiato levò frate Masseo in aere et gictòlo denanti ad se per spatio de una hasta de lancia. Di che frate Masseo hebe grandissimo stupore et recitò poi a li compagni che in quello levare et suspingere col fiato, el quale li fece sancto Francesco, sentì tanta dolceza de animo et consolatione de lo Spirito Sancto che mai in vita sua sentì tanta suavità.
Et facto questo, dixe sancto Francesco: "Andiamo ad sancto Pietro et ad sancto Paolo et preghiamoli che ce ensignino et adiutino ad possedere el thesoro exmesurato de la sanctissima povertà; però che ella è thesoro dignissimo et sì divino, che noi non simo digni de possederlo ne li nostri vasi vilissimi; cum ciò sia cosa che questa virtù sua quella celestiale, per la quale tucte l'altre cose terrene et transitorie se calcano, et per la quale omni impaccio se tolle (Tolle; toglie) denancti a l'anima, ad ciò che ella se possa coniongere cum Dio eterno. Questa è quella virtù la quale fa l'anima, ancora posta in terra, conversare in cielo co l'angeli. Questa è quella che accompagnò Yhesu Christo in su la Croce, cum Christo fu sepellita, cum Christo risuscitò, cum Christo salì in cielo; et la quale etiamdio in questa vita concede a l'anime, che de lei se inamorano, ageveleza de volar in cielo; cum ciò sia cosa che ella guardi l'arme de la vera humiltà et carità. Et però preghiamo li sanctissimi apostoli de Christo, li quali fuoro perfecti amatori de questa povertà evangelica, che ce accactino questa gratia dal nostro Signore Yhesu Christo, li quali fuoro perfecti amatori de questa povertà evangelica, che ce accactino questa gratia dal nostro Signore Yhesu Christo, che per la sua sancta misericordia ce conceda de meretare de essere veri amatori et veri observatori et discipoli de la sanctissima evangelica povertà".
Et in questo parlare ionsero ad Roma, et intraro ne la chiesa de sancto Pietro; et sancto Francesco se puse in oratione cum molte lacrime in uno cantuccio de la chiesa, et frate Masseo ne l'altro. Et stando lungamente in oratione cum molte lacrime et grande devotione, appariero ad sancto Francesco li sancti apostoli Pietro et Paolo cum grande splendore, et sì li dixero: "Però che demandi et desideri observare quello che Christo et li sancti apostoli servarono, lo nostro Signore Yhesu Christo benedecto ce manda ad te ad annuntiarte como la tua oratione è exaudita, et è conceduto ad te et a li tuoi sequaci da Dio perfectissimamente el thesoro de la sanctissima povertà. Et anche da sua parte te dicemo, che qualunque ad tuo exemplo sequitarà perfectamente questo desiderio, egli è securo de la beatitudine de vita eterna; et tucti li tuoi sequaci con teco seranno da Dio benedecti". Et decte queste parole disparierono, lassando sancto Francesco pieno de consolatione.
Et levandose sancto Francesco da la oratione retrovò el suo compagno et dixe se Dio li haveva revelato nulla; respuse de no. Alhora sancto Francesco li dixe como li sancti apostoli li erano appariti et quello che li havevano revelato. Di che, ciaschuno pieno de letitia, determinaro retornare a la Valle de Spoleti lassando l'andata de Francia.
Ad laude de Christo. Amen.
XIV
COMO SANCTO FRANCESCO CON CERTI SUOI COMPAGNI FAVELLANDO DE DIO, APPARVE IN MEZZO DE LORO YHESU CHRISTO BENEDECTO
Essendo una volta sancto Francesco, nel comenzamento de l'Ordine, raccolto con li suoi conpagni inuno luoco a parlare de Dio, egli in fervore de spirito conmandò ad uno de loro che nel nome de Dio aprisse la bocca et parlasse de Dio ciò che lo Spirito Sancto lo spirasse. Adempiendo el frate el conmandamento et parlando de Dio maravigliosamente, sancto Francesco l'impuse silentio, et conmandò ad uno altro el simigliante. Et obedendo, suctilissimamente parlò de Dio, et sancto Francesco similmente l'impuse silentio; et comandò al terzo che parlasse de Dio. El quale comenzò a parlare sì profondamente de le cose de Dio, che sancto Francesco certamente vide che questo, como l'altri dui, parlava per Spirito Sancto.
Et questo anche se demostra per expresso segnale; però che, stando in questo parlamento, apparve Christo benedecto in menzo de loro in specie de uno bellissimo iovene: et benedicendoli gli riempiè di tanta dolcezza che tucti furono ratti
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XV
DEL MARAVIGLIOSO MAGNARE CHE FECE SANCTO FRANCESCO CUM SANCTA CHIARA AD SANCTA MARIA DE L'ANGELI.
Sancto Francesco, quando stava ad Asisi, spesse volte visitava sancta Chiara (Nota: Chiara fu della città di Assisi. Nacque (1193) da Favarone di Offredduccio e da Ortalana, ambedue di famiglia nobile e ricca. Fin dalla più tenera età principiò a risplendere per la sue virtù. A diciassette anni (1210), udite le prediche che S. Francesco faceva nella Cattedrale, desiderosa della più alta perfezione cristiana, andò ripetutamente in segreto con una sua fida compagna, Bona di Guelfuccio, a chiedergli consiglio sul come più facilmente conseguirla. così venne alla determinazione di abbandonare il mondo e votarsi totalmente a Dio. La notte seguente la domenica delle Palme (28 marzo 1211) fugge dalla casa paterna a S.Maria degli Angeli in Porziuncola, di dove S. Francesco, vestitala dell'abito monastico, la conduce al monastero benedettino di S. Paolo presso Bastia.
Di quivi i parenti con lusinghe e minacce tentano di strapparla, ma essa resiste e vince, e dopo pochi giorni dimora passa al monastero, anche questo benedettino, di S. Angelo di Panso, e poco dopo a S. Damiano. Quivi sorse il primo monastero de monache che da lei si dissero Clarisse, quivi visse per circa 43 anni nel continuo esercizio delle più eroiche virtù, visse per circa 43 anni nel continuo esercizio delle più eroiche virtù, quivi morì nel 1253. Il suo corpo si venera nella chiesa a lei dedicata, presso la quale le Clarisse andarono ad abitare dopo la morte della loro Santa Madre, dandoli sancti admagestramenti. Et avendo epsa grandissimo desiderio de magnare una volta con lui, et de ciò pregandolo molte volte, lui volse mai fare quella consolatione. Onde vedendo li suoi compagni el desiderio de sancta Chiara, dixero ad sancto Francesco: "Patre, ad noi pare che questa rigidità non sia secondo la carità divina, che sora Chiara, vergene così sancta, da Dio dilecta, tu non exaudisci in così piccola cosa, como è magnare con voi; et spetialmente considerando che ella per la tue predicationi abandonò le pompe et le riccheze del mondo. Et di vero, si ella te demandasse maiure gratia che questa, la deverate fare a la vostra pianta spirituale.
Alhora sancto Francesco respuse: "Pare ad voi che io debia exaudire? "Respusero li compagni: "Patre, degna cosa è che tu li facci questa consolatione". Dixe alhora sancto Francesco: "Poi che pare ad voi, pare ancho ad me. Ma ad ciò che ella sia più consolata, io voglio che questo magnare se faccia in sancta Maria de l'Angeli, però che ella è stata lungo tempo rinchiusa in sancto Damiano, sì che li ioverà vedere un poco el luoco de sancta Maria, ove ella fo tondita et facta sposa de Yhesu Christo; et ivi magnerimo insieme al nome de Dio.
Venendo adonque el dì ordinato ad ciò, sancta Chiara uscì del monasterio con una compagna, et accompagnata da li compagni de sancto Francesco venne ad sancta Maria de l'Angeli. Et salutata devotamente la vergene Maria gratiosa denanti al suo altare, dove era stata tondita et velata, poi la menaro vedendo el luoco insino ad tanto che venne el hora del magnare. Et in questo menzo sancto Francesco fece apparecchiare la mensa in su la piana terra, como era usato de fare. Et facta el hora, se pongono ad magnare sancto Francesco et sancta Chiara insieme; et uno de li compagni
Et stando così rapti con le mani et co l'occhi levati in cielo, li homini d'Asisi et da Bectona (Bettona: paese di fronte ad Assisi), de la contrada dintorno vedevano che sancta Maria de l'Angeli et tucto el luoco et la selva, che era alhora al lato el luoco, ardevano fortemente, et pareva che fosse un fuoco grandissimo che occupava la chiesa et luoco et la selva insieme. Per la qual cosa li Asisiciani cum grande frecta cursero la giù per spegnere el fuoco, credendo fermamente che omni cosa ardesse. Ma iongendo al luoco et non trovando ardere nulla, intrando dentro trovaro sancto Francesco cum sancta Chiara et con tucta la loro compagnia rapti per contemplatione et sedere intorno ad quella humile mensa. De que ipsi certamente compresero che quello era stato fuoco divino et non materiale, lo quale Dio haveva facto apparire miracolosamente, ad demostrare et significare el fuoco del divino amore, del quale ardevano l'anime de quisti sancti frati et de queste sancte monache; onde li dicti homini suspiravano con grande consolatione ne li loro cuori et cum sancta edificatione.
Poi, depo grande spatio, tornando in sè sancto Francesco et sancta Chiara insieme con li altri, et sentendose bene confortati de cibo spirituale, poco se curarono de cibo corporale. Et così fornito quello benedecto magnare, santa Chiara, bene accompagnata, se tornò ad sancto Damiano. Di che le monache, vedendola, ne habero grande alegreza; però che temevano che sancto Francesco non l'avesse mandata ad regere qualche altro monasterio, si como haveva mandata sora Agnese (Nota: Agnese sorella minore di S. Chiara. Seguì questa nel monastero per consacrarsi a Dio sedici giorni dopo, la seguì in cielo dopo tre mesi ( 16 novembre 1253) sua sorella per abbadessa Idel monasterio de Montecelli de Fiorenza. Et sancto Francesco alcuna volta haveva decto ad sancta Chiara: "Apparecchiate, si bisognasse de mandarte in alcuno luoco"; et ella, como figliola de la obedientia, haveva risposto: "Patre, io so sempre apparecchiata de andare dove me commandereti". Et però le suore se relegrarono molto, quando la videro tornare. Et sancta Chiara d'alhora innanzi remase molto consolata.
Ad laude de Christo. Amen.
XVI
REVELATIONE CHE HEBE SANCTA CHIARA ET FRATE SILVESTRO QUE VITA DEVESSE TENERE SANCTO FRANCESCO
El humile servo de Yhesu Christo messer sancto Francesco, poco tempo depo la sua conversione, avendo ià radunati molti frati et ricevuti a l'Ordine, posto in grande pensiero et dubitatione de quello che devesse fare: o intendere solamente a la oratione, o alcuna volta predicare; et sopra de ciò desiderava molto de sapere la volontà de Dio. Et perchè la sancta humilità era in lui, non presumeva de se, nè de le sue orationi, pensò de cercare la divina volontà co l'orationi altrui.
Onde egli chiamò frate Masseo et dixeli così: "Vanni ad sora Chiara et digli per mia parte che ella con alcune delle più spirituale compagne che habia devotamente preghino Dio, che li piaccia de mostrarme quale sia il meglio: o che io intenda ad predicare, o unicamente a l'oratione. Et poi andirai ad frate Silvestro et similmente li dirai . Costui era stato nel secolo quello messer Silvestro, che aveva veduta una croce d'oro procedere da la bocca de sancto Francesco, la quale era lunga insino al cielo et larga fine a le estremità del mondo; et era questo frate Silvestro de tanta devotione et sanctità, che ciò che chiedeva a Dio impetrava et era esaudito, et spesse volte parlava cum Dio; et però sancto Francesco haveva in lui grande devotione.
Andò frate Masseo et, secondo el conmandamento de sancto Francesco, fece l'ambasciata (prima) ad sancta Chiara et poi ad frate Silvestro. La quale recevuta, subito se puse in oratione, et orando hebe la divina resposta, et tornò ad frate Masseo et dixe così: "Questo dice Dio che tu dichi ad frate Francesco: che Dio non l'à chiamato in questo stato solamente per se, ma acciò cha faccia fructo a l'anime et multi per lui sieno salvati".
Havuta questa resposta, frate Masseo tornò ad sancta Chiara et ella respuse, che quella medesima resposta haveva havuta lei e le sue compagne da Dio, come frate Silvestro.
Et con questo frate Masseo retornò ad sancto Francesco et da lui fo recevuto con grande carità, et, lavatoli li piedi et magnato, lo chiamò ne la selva et cavandose lo capuccio et inginocchiandose denanti ad frate Masseo et faccendo croce de le braccia lo demandò: "Que conmanda che io faccia el nostro signore Yhesu Christo benedecto? "Respuse frate Masseo che sì ad frate Silvestro at sì ad suora Chiara et così a la sorella Christo haveva resposto et revelato: "che la sua volontà si è che tu vadi per lo mondo predicando, però che non per te solo te ha electo Dio, ma per te et per altri". Alhora sancto Francesco, questa resposta odita, et cognosciuta per epsa la volontà de Dio, con grandissimo fervore dixe: "Andiamo al nome de Dio". Et prese per compagni frate Masseo et frate Angelo.
Et andando con impeto de spirito, senza considerare via, nè semita (sentiero) ionsero ad uno castello che se chiama Cannaia. Et sancto Francesco se puse ad predicare, conmandando prima a le rondini, che cantavano, che tenessero silentio insino ad tanto che havesse predicato. Et così fo obedito. Et ivi predicò con tanto fervore, che li homini et le donne de quello castello per grande devotione volevano andarli derieto et abandonare el castello; ma sancto Francesco non volse, dicendo ad loro: "Non habiate frecta et non ve partite, che io ordinarò quello che voi debiate fare per salute de l' anime vostre". Alhora pensò de fare el terzo Ordine per salute universale de tucti. Et così lassandoli molto consolati et ben disposti ad penitentia, partìse de llì et venne fra Cannaia et Bevagni.
Et passando oltra con quello fervore, levò li occhi in alto et vide alquanti arbori ad lato la via, insu li quali era grande multitudine de ucelli; de che sancto Francesco maravigliandose dixe a li compagni: "Voi me aspectarite qui ne la via, et io andirò ad predicare a le mie sorelle ucelle". Et dentro nel campo comenzò ad predicare ad li ucelli che erano in terra; et subito quelli che stavano in su l'arbori vennero ad lui; et tucti insieme stectero fermi,
Et secondo che recitò poi frate Masseo a li frati da Massa, andando fra loro sancto Francesco, et toccandole co l'abito niuna se moveva.
La substantia de la predica fo questa:
"Sorelle mie ucelle,
voi site tenute molto ad Dio vostro creatore,
et sempre, in omni luoco,
lo devete laudare,
però che egli ve ha dato el vestimento duplicato et triplicato;
appreso,
però che de voi reservò el seme ne l'arca de Noè,
ad ciò che la spetie de voi non venesse meno nel mondo; anchora li site tenute per lo elemento de l'aere che ha deputato ad voi.
Oltra a questo, voi non seminate,
non bactete, et Dio ve pasce et dave li fiumi et li fonti per vostro bere,
et monti et valle per vostro rifugio,
et l'arbori per fare li nidi.
Et cum ciò sia cosa che voi non sapiate nè coscire,
nè tagliare,
Dio veste voi et li vostri figlioli.
Onde molto ve ama el Creatore,
poichè ve ha dati tanti beneficii.
Et però guardateve, sorelle mie, dal peccato de la ingratitudine, ma sempre ve studiate laudare Dio.
Dicendo ad loro sancto Francesco queste parole, tucti quelli ucelli comenzarono ad aprire li becchi, et ad distendere l'ale et li colli, et con reverentia inchienare li capi fine ad terra, et con acti et con canti demostrare che le parole de sancto Francesco davano a loro grandissimo dilecto. Et sancto Francesco insieme con loro se delectava, et maravigliandose molto de tanta moltitudine de ucelli et de la loro bellissima varietà, et de la loro actentione et familiaritade; per la qual cosa egli co'lloro divotamente lodava il Creatore.
Fornita la predica, sancto Francesco lo' fece el segno de la sancta croce et dedigli licentia de partirse; et alhora tucti quelli ucelli schierati se levarono in aere con maravigliosi canti, et poi secondo la croce che lò haveva facta sancto Francesco, così se divisero in quattro parte; el una parte volò verso l'oriente, l'altra verso l'occidente, la terza verso el meridie, et la quarta verso lo aquilone (mrzzogiorno), et ciascuna schiera andava cantando maravigliosamente, significando che como sancto Francesco, confalonieri de la croce de Christo, era stato loro predicatore et sopre de loro haveva facto el segno de la croce, secondo el quale egli devevano andare cantando in quattro parte del mondo; così la predicatione de la croce de Christo renovata per sancto Francesco se deveva per lui et per li suoi compagni portare per tucto el mondo; li quali frati, ad modo de ucelli, non possedendo alcuna cosa propria in questo mondo, solo ad la providentia de Dio conmectono la loro vita. Ad laude de Christo. Amen.
XVII
COMO UNO NOVITIO VIDE UNA REVELATIONE FACTA AD SANCTO FRANCESCO.
Uno fanciullo molto puro et innocente fo recevuto a l'Ordine, vivendo sancto Francesco ; et stava in uno locarello piccolo, nel quale li frati per necessità dormivano in capolecto. Or venendo sancto Francesco una volta al decto luoco, la sera, decta Compieta, se andò ad dormire per poterse levare la nocte a la oratione, quando gli altri frati dormivano, como lui era usato de fare. El decto fanciullo se pose in cuore de vedere solicitamente le vie de sancto Francesco, per poter conoscere la sua sanctità et spetialmente quello che la nocte faceva quando se levava. Et ad ciò che el sonno non lo ingannasse, se puse ad dormire ad lato ad sancto Francesco per sentire quando egli se levasse, et legò la corda sua con quella de sancto Francesco; et de questo sancto Francesco non sentì nulla. Ma la nocte su el primo sonno, quando tucti i frati dormivarno, sancto Francesco se lieva et trova la corda sua così legata, sciolsela si pianamente, ch' el fraticello nol sentì et andosene solo ne la selva che era presso al luoco, et intrò in una celluza che ce era et pùsesi in oratione.
Depo alcun spatio se desta el fraticello, et non trovando sancto Francesco, et trovarsi la corda sciolta, lievase su et va cercando sancto Francesco, et trovando aperto el uscio de la selva pensò che sancto Francesco vi fusse dentro. Et intrando ne la selva et iongendo presso al luoco dove sancto Francesco orava, comenzò ad udire un grande favellare; et approximandose più per odire et per intendere el parlamento, egli vide una luce mirabile la quale attorniava sancto Francesco, et in epsa vide Christo benedecto et la vergine Marìa et sancto Johanni Baptista et lo Evangelista et grandissima moltitudine de Angeli, li quali parlavano con sancto Francesco. Vedendo questo el fanciullo et odendo, cade in terra tramortito.
Poi fornito el misterio de quella sancta apparitione, tornando sancto Francesco al luoco, co lli piedi trovò el decto fanciullo iacere ne la via come morto, et per compassione se lo puse in braccio et portòlo a lecto, como fa el buon pastore con la sua pecorella.
Et poi sapendo da lui como haveva veduta la decta visione, li conmandò che non lo dicesse mai ad persona finchè egli fosse vivo. El fanciullo poi, crescendo in grande gratia de Dio et de sancto Francesco, fo valente homo ne l'Ordine, et solo depo la morte de sancto Francesco revelò a li frati la decta visione.
Ad laude de Christo. Amen.
XVIII
DEL MARAVIGLIOSO CAPITOLO FACTO AD SANCTA MARIA DE L'ANGELI, DECTO CAPITOLO DE LE STOIE
El fedele servo de Yhesu Christo sancto Francesco tenne una volta Capitolo generale, ad Sancta Maria de l'Angeli, al quale se radunarono cinque milia frati, et vennevi sancto Domenico, capo e fondatore de' Frati Predicatori el quale alhora veniva de Borgogna et andava ad Roma, et odendo questa Congregatione et Capitolo che sancto Francesco faceva ad Sancta Maria, si lo andò a vedere con septe frati de l'Ordine suo.
Fo anchora nel decto Capitolo uno cardinale devotissimo de sancto Francesco, al quale egli haveva prophetato che deveva essere Papa, et così fo; el quale cardinare era venuto studiosamente da Peroscia, che ce stava la corte, et omne dì veniva ad vedere sancto Francesco con li suoi frati, et alcuna volta cantava la messa, alcuna volta faceva el sermone a li frati in Capitolo.
Et prendeva el decto cardinale grandissimo dilecto et consolatione, quando veniva ad visitare questo sancto collegio, vedendo in quella pianura sedere li frati ad schiere, qui LX, qui C, dove CC, dove CCC, tucti occupati solamente ad rascionare de Dio, in oratione, in lacrime et in exercito de carità; et stavano in tanto silentio et in tanta modestia, che ivi non se sentiva uno rumore, nè uno strepito; et maravigliosamente de tancta moltitudine et così ordinata, con lacrime et con grande devotione diceva: "Veramente questo è el campo de l'exercito de cavalieri de Yhesu Christo".
Non se udiva in tanta moltitudine niuno favellare fabule, nè buscie (favole, cose vane); ma devunque si radunava una schiera de frati o egli oravano, o dicevano officio, o piangevano li peccata loro et de loro benefactori, o vero ragionavano de la salute de l'anima. Et erano in quello campo tecti de graticcie et de stoie, distincti per turme, secondo li frati de diverse Provincie; et però se chiamava quel Capitolo el Capitolo de le stoie o vero de li graticci. Li loro lecti era la pura terra, et chi ce haveva un poco de paglia; el guanciale era pietra o legno.
Per la qual cosa era grande devotione de loro ad chi li vedeva o odiva, et era tanta la fama de la loro sanctità, che la corte del Papa, che era alhora ad Peroscia, cardinali, vescovi, abbati con altri chierici, conti et baroni, cavalieri et altri gentili homini et popolari de l'altre terre de la Valle de Spoliti venivano ad vedere quella sancta, grande et humile compagnia et congregatione, la quale el mondo non hebe mai de cotanti homini insieme. Et principalmente venivano per vedere el capo et patre sanctissimo de tucta quella sancta congregatione, el quale haveva robata al mondo quella bella preda et radunato così bella gregie al loro vero pastore Yesu Christo benedecto.
Et essendo così radunato tucto el Capitolo generale, el patre de tucti sancto Francesco in fervore de spirito propone la parola di Dio, et predicando ad loro in alta voce quello che lo Spirito Sancto lo faceva parlare; per thema propuse queste parole: "Figlioli miei, grande cose habiamo promesse a Dio, ma troppo maiure sono da Dio promesse ad noi; observiamo quello che habiamo promesso, et aspectiamo de certo quello che è promesso ad noi. Breve è lo dilecto del mondo, ma la pena che seguita ad epso è perpetua. Piccola è la pena di questa vita, ma la gloria de l'altra vita è infinita". Et sopre ad queste parole predicando devotissimamente, confortava et reduceva li frati ad reverentia et obedientia de la sancta matre Ecclesia, ad carità fraternale, ad orare per tucto el popolo de Dio, ad havere temperantia ne la prosperità et patientia ne l'adversità del mondo, ad tenere pudicitia et castità angelica; ad havere pace con Dio, con li homini et con la propria conscentia; ad amore et observantia de la sanctissima povertà. Et qui dixe: "Io conmando per merito de la sancta obedienti ad tucti voi, che site ecqui (quì) congregati che nullo de voi habia cura, nè solicitudine de veruna cosa da magnare, nè da bere, nè de altre cose necessarie al corpo, ma solamente intendete a la oratione et ad laudare Dio; et tucta la solicitudine del corpo vostro lassate a Dio; però che egli ha spetial cura de noi". Et tucti recevectero questo conmandamento con alegro cuore et lieta faccia. Et fornito el sermone de sancto Francesco tucti se pusero in oratione.
Di che sancto Fomenico se maravigliò del comandamento de sancto Francesco et reputavalo indiscreto, non potendo pensare como tanta moltitudine se potesse regere, senza havere cura et solicitudine de le cose necessarie al corpo. Ma lo principale pastore Christo benedecto, volendo mostrare como lui ha cura de le sue pecorelle et singulare amore a li poveri suoi, incontinente spirò (ispirò) a le gente de Peroscia, de Spoliti, de Foligni, de Aspello, de Asisi et de l'altre terre dentorno che portassero da magnare et da bere ad quella sancta congregarione. Et ecco subitamente venire de le decte terre homini con somieri et cavalli et carri carchi de pane, vino et cascio, fave et altre buone cose da magnare secondo che a lì poveri erano de bisogno. Et fra questo rechavano tovaglie, orcioli, bicchieri et altri vasi necessarii ad tanta moltitudine. Et beato se reputava chi più cose portare poteva et più solicitamente servire, intanto che etiandio li cavalieri et baroni et altri gentili homini con grande humilità et devotione li servevano innanti.
Per la qual cosa sancto Domenico vedendo queste cose et conoscendo che la providentia divina se adoperava in loro, humilmente se recognobe haver male iudicato et inginocchiòse innanzi ad sancto Francesco et humilmente dixe sua colpa, et odionse: "Veramente Dio ha cura speciale de questi poverelli et io non lo sapeva, et io da hogi innanzi promecto de observare la evangelica povertà sancta; et meledico da parte de Dio omnipotente tucti li frati de l'Ordine mio li quali nel decto Ordine presumeranno de havere de proprio " (Nel Capitolo generale dei Domenicani tenuto a Bologna nella Pentecoste del 1220 lo stesso S. Domenico emanò un decreto col quale imponeva ai suoi la rinuncia ai beni terreni e il vivere nella più stretta povertà). Si chè sancto Domenico fu molto edificato del fedele et sanctissimo servo de Christo Francesco et de la obedientia et de la povertà de sì grande et ordinato collegio, et de la providentia divina et de la copiosa abondantia de omni bene.
Et in questo medesimo Capitolo fo decto ad sancto Francesco che multi frati portavano la panziera del ferro in su la carne et cerchi de ferro; per la qual cosa multi ne infermavano, et multi n'erano impediti da l'oratione. Di che sancto Francesco, como discretissimo patre, conmandò per sancta obedientia, che qualunque havesse panziera o cerchio de ferro, se lo cavasse et ponesselo denanti ad lui. Et fosì fecero. Et fuoro annumerate cinquecento panziere et multi più cerchi de ferro, intanto che facevano uno buono monticello; et sancto Francesco tucti li fece lassare ivi.
Poi fornito el Capitolo, sancto Francesco confortandoli tucti in bene et admagestrandoli como devessero scampare de questo mondo malvascio (malvagio) senza peccato, con la benedictione de Dio et sua gli remandò ad le loro Provincie, tucti consolati de letitia spirituale.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XIX
COMO SANCTO FRANCESCO ANDO' AL CARDINALE PROTECTORE DE L'ORDINE.
Essendo sancto Francesco una volta gravemente infermo de gli occhi, messer Ugolino cardinale et protectore de l'Ordine, per grande tenereza che haveva de lui, sì gli scripse che andasse ad lui ad Riete, dove erano optimi medici da occhi. Alhora sancto Francesco, recevuta che hebe la lettera del cardinale, se ne andò prima ad sancto Damiano, dove era sancta Chiara, devotissima sposa de Yhesu Christo, per dargli alcuna consolatione et poi andare al cardinale. Et essendo ivi sancto Francesco, la nocte seguente peiorò sì de gli occhi che niente vedeva; di che non potendose partire sancta Chiara li fece una celluza de cannicci, ne la quale egli se potesse meglio reposare. Ma sancto Francesco si per lo dolore de la infermità et per la moltitudine de sorci, che gli facevano grandissima noia, niente se poteva posare, nè de dì, nè de nocte.
Et sostenendo più dì quella pena et tribulatione, comenzò ad pensare et reconoscere che quello era uno flagello de Dio per li suoi peccati; et cum tucto el cuore et con la bocca comenzò ad rengratiare Dio; et poi diceva ad alta voce: "Signore mio, io so degno de questo et de pegio. Signore mio Yhesu Christo, pastore buono, el quale ad noi peccatori et indigni hai posta la tua misericordia in diverse pene et angoscie corporale, concedi grati et virtù ad me, tua pecorella, che per niuna infermità, angoscia o dolore io me parta da te". Et facta questa oratione venne una voce da cielo la quale gli dixe: "Francesco, rispondime. Si tucta la terra fosse oro, et tucti li mari, li fonti et li fiumi fossero balsamo, et tucti li monti, et colli, et saxi fossero pietre prectiose, et tu trovassi uno altro thesoro più nobile che queste cose, tanto quanto el oro è più nobile che la terra, el balsamo che l'acqua, et le pietre pretiose più che li monti et li saxi, et fòssete ( ti fosse ) dato per questa infermità quello più nobile thesoro, non deveresti tu essere contento bene et alegro? "Relegrate, Francesco, però che quello thesoro è la vita eterna, el quale io te conservo et insino ad hora io te ne investisco; et questa infermità è arra de questo thesoro beato".
Alhora sancto Francesco chiamò el compagno con grandissima alegreza de quella gloriosa promessa
et dixe: "Andiamo al cardinale". Et consolando prima sancta Chiara con sancte parole, da lei humilmente prese conmiato, pigliando el cammino verso Riete.
Et quando ce ionse presso, tanta moltitudine del popolo si li fece incontra, che perciò egli non volse intrare ne la terra, ma andosene ad una chiesa presso a la città forse due miglia. Sapendo poi i cittadini che egli era in quella chiesa, ad turme currevano ad vederlo, intanto che la vigna de la chiesa tucta se guastava et tucte le uve se coglievano. Di che el prete multo se doleva, et nel cuore suo se penteva havere recevuto sancto Francesco ne la sua chiesa.
Et essendo da Dio revelato ad sancto Francesco el pensiero del prete, el fece chiamare ad se et dixeli: "Patre carissimo, quante some de vino te rende questa vigna el anno, quando è bona stascione?" Respuse el prete che XII some. Dixe sancto Francesco : "Io te prego, patre carissimo, che tu sostenghi patientemente el mio demorare ecqui alquanti dì, però che io ce truovo molto riposo, et lassa tollere (Tollere: togliere) ad omni persona de questa uva de la vigna et fidate de me poverello; et io te promecto da la parte del mio Signore Yhesu Christo che in questo anno te rendirà la vigna XX some de vino". Et questo faceva sancto Francesco, de stare ivi, per lo grande fructo de l'anime che se vediva fare da le genti, che venivano ad lui, de' quali molti se partivano inebriati del divino amore et abandonavano el mondo.
Confidòse el prete de la promessa de sancto Francesco et lassò liberamente la vigna ad coloro che venivano ad lui. Maravigliosa cosa! La vigna fo al tucto guasta et colta, sì che appena ce remasero alquanti racèmoli (Racèmoli; racimoli, miseri grappoli) de uve. Venne el tempo de la vendegna (vendemmia), el prete coglie quelli racèmoli et metteli nel tino et pista; et, secondo la promessa de sancto Francesco, XX some de optimo vino ricolse.
Nel quale miracolo manifestamente se dette ad intendere che, como per li meriti de sancto Francesco la vigna spoliata de uve era abundata in vino, così el popolo christiano sterile de virtù per lo peccato, per li meriti de sancto Francesco et per la sua doctrina spesse volte abonda in buono fructo de penitentia.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XX
COMO UN NOVITIO REMASE NE L'ORDINE PER LA INFRASCRIPTA VISIONE.
Uno iovene molto nobile et delicato venne a l'Ordine de sancto Francesco; el quale depo alquanti dì, per instigatione del demonio, comenzò ad havere in tanta abominatione el habito che portava, che gli pareva portare un sacco vilissimo; haveva horrore de le maniche, abominatione del cappuccio, et la lungheza et l'aspreza li pareva una soma (peso) importabile. Et crescendo pure el despiacere de la religione, egli finalmente deliberò lassare el habito et retornare al mondo.
Haveva ià costui preso per usanza, secondo che gli haveva ensegnato el suo magistro, in qualunque hora egli passava denanti a l'altare del convento, nel quale stava el Corpo de Christo, inginocchiarsi con grande reverentia, et cavarse el cappuccio, et inchienarse con le braccia in croce. Or advenne che in quella nocte, ne la quale se deveva partire et oscire de l'Ordine, gli convene passare denanti a l'altare, et passando de llì, secondo el usanza, se inginocchiò, et fece reverentia. Et subito in quello inginocchiamento fo rapto in spirito et foli monstrata da Dio una maravigliosa visione in questo modo. Vide costui denanti a sè una moltitudine de sancti ad modo de processione a dui a dui, vestiti tucti de bellissimi vestimenti et drappi pretiosi, et la faccia et le mani loro resplendevano como sole, et andavano con canti de angeli suavissimi. Fra li quali erano dui più nobilmente vestiti et ornati che tucti li altri, et erano attorniati de tanta clarità, che davano grandissimo stupore ad chi li guardava; et quasi in fine de la processione, vide uno adornato de tanta gloria, che pareva un cavaliero novello, più ornato che gli altri. Vedendo el iovene questa visione, se maravigliava et non sapeva quello che questa visione se volesse dire: et non era ardito de demandare et stava stupefacto per dolceza.
Nondimeno essendo passata tucta la processione, costui curre et va ad li ultimi et con grande timore li demanda et dice: "Carissimi patri, io ve prego che ve piaccia dirme chi sonno questi così maravigliosi in questa processione sì venerabile". Respondono costoro et dicono: "Sappi, figliolo, che noi siamo tucti frati Minori, li quali hora venimo de la gloria de paradiso". Et costui demanda: "Chi sò chelli dui che resplendono più che gli altri? "Respondono costoro et dicono: "Quelli dui el uno è sancto Francesco, l'altro è sancto Antonio, quello ultimo, che tu vidi così ornato, è uno sancto frate che è morto novellamente; el quale, perché ha combactuto valentemente contra le tentationi et ha perseverato in sino a la fine, noi lo meniamo hora alla gloria del paradiso. Et questi vestimenti de drappi così belli che noi portiamo, ce sonno dati da Dio in scambio de l'aspra de le toniche le quali noi patientemente portammo ne la religione, et la grande chiarità che tu vidi in noi c'è data da Dio per la humilità, et per la patientia, et per la sancta povertà, obedientia et castità, le quale noi servammo in sino al fine. Et però, figliolo, non te sia duro portare el sacco de la religione così fructuoso, però che, si col sacco de sancto Francesco tu per amore de Yhesu Christo dispregirai el mondo, et mortificherai la carne, et contra el demonio combactirai valentemente, tu insieme con noi haberai simile vestimento et clarità de gloria".
Et decte queste parole, el iovene tornò in sè medesimo, et confortato de la visione, cacciò da se omni tentatione, et recognobe la sua colpa inanzi al guardiano et a gli altri frati; et dae llì ( da lì ) inanzi desiderò l'aspreza de la penitenza et de li vestimenti, et finì la vita sua ne l'Ordine con grande sanctitade.
Ad laude de Christo. Amen.
XXI
COMO SANCTO FRANCESCO PACIFICO' EL LUPO COL POPOLO D'EUGUBIO
Al tempo che sancto Francesco demorava en la città d'Eugubio (Oggi, Gubbio) apparì uno lupo asprissimo, terribile et feroce, el quale non solamente devorava li animali, ma etiandio li homini; in tanto che tucti li cittadini stavano impauriti, però che spesse volte se appressava a la città; et tucti andavano armati quando uscivano de la terra, como si andassero ad combactere; et con tucto ciò non se potevano defendere da lui, chi con lui se scontrava solo. Et per paura de questo lupo vennero ad tanto, che niuno ardiva oscire de la terra.
Per la qual cosa sancto Francesco havendo compassione ad quelli homini, volse uscire fuore ad quel lupo, benchè li cittadini ne lo sconsigliassero; et facendose el segno de la sancta croce, uscì fuore con li suoi frati, tucta la sua fidanza reponendo in Dio. Et dubitando gli altri de andare più oltra, sancto Francesco piglia el cammino in verso dove era el lupo. Et questo videromolti cittadini li quali erano venuti ad vedere quello miracolo.
El dicto lupo se fa incontra ad sancto Francesco con la bocca operta; et approssimandose ad lui, sancto Francesco gli fece el segno de la croce, et chiamòlo ad sè et dixe così "Vieni ecquà, frate lupo; io te conmando da la parte de Yhesu Christo che tu non facci lesione, nè male, nè ad me, nè ad persona". Mirabile dire! Incontinente che sancto Francesco hebe facta la croce, el lupo chiuse la bocca et ristette de correre; et, facto el conmandamento, venne mansueto como agnello, et gictòse a li piedi de sancto Francesco ad iacere.
Alhora sancto Francesco parlò così et dixe: "Frate lupo, tu fai molti danni in queste parti, et hai facti molti maleficii, guastando et occidendo le creature de Dio senza sua licentia; et non solamente hai occise et devorate le bestie, ma tu hai havuto ardire de occidere et guastare li homini facti a la ymagine de Dio; per la qual cosa tu sii degno de le forche como latro et homicidiale pessimo; et omni gente grida et mormora de te, et tucta questa terra t'è inimica. Ma io voglio fare la pace, frate lupo, fra te et costoro, sì che tu non li offendi più et elli te perdoniranno omni offesa passata, et nè homini, nè cani te perseguiteronno più.
Dicte queste parole, el lupo con acti corporali de coda, de orecchie et menare de capo mostrava de acceptare ciò che sancto Francesco diceva, et de volerlo observare. Alhora sancto Francesco dixe:" Frate lupo, da poi che te piace de tenere questa pace, io te prometto de farte dare le spese continuamente, finchè viverai, da l'homini de questa terra, sì che tu non patirai più fame; però che io so bene che per la fame tu hai facto omni male. Ma puoi che io te accactirò questa gratia, io voglio che tu e promecti che non nocirai mai più ad niuno homo, nè ad niuno animale. Premettime tu così?" Et inchinando el capo, el lupo fece evidente segnale che promecteva. Et sancto Francesco dice: "Frate lupo, io voglio che tu me facci fede de questa promissione, ad ciò che io me ne possa bene fidare". Et distendendo sancto Francesco la mano per recevere la fede, el lupo levò el piede denanti,et domesticamente el puse sopra la mano de sancto Francesco dandoli quello segnale de fede che poteva.
Alhora dixe sancto Francesco: "Io te conmando nel nome de Yhesu Christo, che tu venghi meco senza dubutare de nulla, et andiamo ad fermare questa pace nel nome de Dio". El lupo obediente se ne va con lui como uno agnello mansueto; di che li cittadini fortemente se mavavigliano. Et subito questa novità se sparse per tucta la città; sì che omni gente, grandi et piccoli, maschi et femine, trahono a la piaza per vedere el lupo con sancto Francesco.
Et essendo ivi bene radunato tucto el popolo, levòse su sancto Francesco et predicà ad loro, dicendo, tra l'altre cose, como per li peccati Dio permecte cotale perstilentie, et che più pericolosa è la fiamma de l'inferno, che è da durare eternalmente a li dannati, che non è la rabia del lupo, el quale non pò occidere si non el corpo.
"Quanto è adonque da temere la bocca de l'inferno, quando tanta multitudine tiene in terrore et in paura la bocca de un piccolo animale? Fate degna penitentia de li vostri peccati, et Dio ve delibererò dal lupo in presente et nel futuro dal fuoco eternale".
Et facta la predica, dixe santo Francesco: "Odite, fratelli miei: frate lupo, el quale è qui denanti ad voi, ha promesso, et fàctome fede, de far pace con voi et de non offenderve mai più in cosa veruna, si voi gli promectete darli omni dì le spese necessarie; et io intrarà ricolta (entrerò mallevadore) per lui ch' el patto de la pace lui observirà fermamente". Alhora tucto el popolo ad una voce promise de nutricarlo continuamente.
Et sancto Francesco denanti ad tucto el popolo dixe al lupo: "Et tu, frate lupo, promecti de observare li pacti de la pace ad costoro, et che tu non offendirai nè animali, nè niuna creatura? " El lupo se inginocchiò et chienò el capo et con acti mansueti de corpo, de coda et de orecchie demostra, quanto è possibile, de voler observare a lloro omni pacto. Alhora dixe sancto Francesco: "Io voglio che como tu me desti la fede et promessa fuor de la porta, così qui denanti ad tucto el popolo me dii fede de la tua promessa, che tu non me ingannirai de la recolta che io te ho facta". Alhora el lupo levando el piè ricto si lo puse in mano de sancto Francesco. Onde per quello acto et de l'altri decti de sopra fo tanta admiratione et alegreza in tucto el popolo, sì per la devotione de sancto Francesco, et sì per la novità del miracolo et per la pace de lupo, che tucti comenzarono gridare ad cielo, laudando et benedicendo Dio, el quale haveva mandato ad loro sancto Francesco, che per li suoi meriti li haveva liberati da la bestia crudele.
Et puoi el decto lupo vixe dui anni in Eugubio et intravase domesticamente per le case ad uscio ad uscio, senza fare male ad persona et senza esserne facto ad lui, et fo nutricato cortesemente da le genti, et andandose così per la terra ià mai niuno cane li abaiava. Finalmente depo dui anni frate lupo morì de vecchieza, onde li cittadini molto se dolsero, però che vedendolo andare così mansueto per la città, se recordavano meglio de la virtù et sanctità de sancto Francesco.
Ad laude de Christo. Amen.
XXII
DE LE TURTURE CHE FUORONO DONATE AD SANCTO FRANCESCO ET DA LUI LIBERATE
Uno iovene haveva prese un iorno molte turture, et portandole ad vendere se scontrò in sancto Francesco (Il fatto, secondo gli Actus - cap. 24 avvenne a Siena), el quale haveva sempre singulare pietade a li animali mansueti, et guardando ad quelle turture con occhi pietosi, dixe al iovene: "O buon iovene, io te prego che tu me dii questi ucelli così mansueti et innocenti, li quali ne la sancta Scriptura sonno assimigliati a l'anime caste, humili, devote et fedeli, chè non vengano a le mani de li homini crudeli, che li occidano". De subito colui, spirato da Dio, le decte ad sancto Francesco, et egli recevendoli in grembio, comenzò ad parlarli dolcemente et diceva: "O sorelle mie, semplice, innocenti et caste, perchè ve lassate voi pigliare? Or eccho io ve voglio scampare da la morte et farve li nidi, ad ciò che faciate fructo et moltiplichiate (Genesi C.1 v.22) secondo el conmandamento del nostro Creatore".
Et ad tucte fece el nido. Et elle comenzarono ad fare l'ova et figliare nanzi a li frati, et così domesticamente usavano con sancto Francesco et con l'altri frati, sì como fossero state galline sempre nutricate da loro. Et mai non se partierono in fino che sancto Francesco con la sua benedictione lo' decte licentia.
Et al iovene che gli haveva donate dixe sancto Francesco: "Figliolo, tu sirai anchor frate Minore et in questo sancto Ordine servirai Yhesu Christo benedecto gratiosamente". Et poi el decto iovene se fece frate, sì como sancto Francesco li haveva decto, et vixe ne l'Ordine con grande sanctitate.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXIII
COMO SANCTO FRANCESCO LIBERO' UN FRATE DA LE BRANCHE DEL DIAVOLO.
Stando una volta sancto Francesco in oratione nel luogo de sancta Maria de l'Angeli, vide per divina revelatione tucto el luoco attorniato et assediato da le demonia ad modo che da uno grande exercito; ma niuno poteva però intrare nel luoco, però che quelli frati erano de tanta sanctità, che le demonia non havevano con chi appiccarse. Ma pure perseverando così, uno de quelli frati se scandalizò con uno altro, et pensava nel cuore suo como egli lo potesse accusare et farne vendecta. Per la qual cosa stando in questo mal pensiero, lo demonio, havendo la intrata aperta, intrò nel luoco et pùsese (posossi) nel collo ad questo frate.
Vedendo el solicito pastore, che sempre vegiava (vegliava) sopra lo suo grege, che el lupo era intrato ad devorare la sua pecorella; fece subitamente chiamare ad sè quel frate, et conmandò che subito devesse excoprire el veneno de l'odio concepto contro el proximo, per lo quale egli era ne la mano del nemico. Di che colui impaurito, perchè se vedeva compreso dal patre sancto, excoprì omni veneno et rancore, et recognobe la colpa sua et demandòne humilemente la penitenza. Et absoluto che fo dal peccato, et ricevuta la penitenza, incontinente denanzi ad sancto Francesco el demonio se partì; et lo frate, liberato da la crudele bestia per la volontà del buono pastore, regraziò Dio, et retornando correpto et admagistrato ad la grege del sancto pastore, vixe poi in grande sanctità.
Ad laude de Christo. Amen.
XXIV
COMO SANCTO FRANCESCO ANDO' PER CONVERTIRE EL SOLDANO.
Sancto Francesco, per zelo de la fede de Yhesu Christo et per lo desiderio del martirio andò una volta oltra mare con XII suoi compagni devotissimi et sancti, per andarsene derictamente al Soldano de Babillonia.
Et iognendo in alcuna contrada de Saracini, dove se guardavano li passi da homini sì crudeli, che niuno christiano, che inde passasse, poteva scampare che non fosse morto; piacque ad Dio scamparli da la morte, ma presi, bactuti et legati furono menati denanti al Soldano. Et essendo denanti ad lui, sancto Francesco, admagestrato da lo Spirito Sancto, predicò così devotamente de la fede de Christo, che etiandio per epsa egli voleva intrare nel fuoco.
Di che el Soldano comenzò havere grande devotione de lui, et per la constantia de la fede sua et per lo dispregio del mondo che vedeva inlui, però che nullo dono voleva da lui recevere, essendo poverissimo, et etiandio per lo fervore del martirio che in lui vedeva. Et da quello ponto inanzi el Soldano l'odiva volentieri, et pregòlo che spesse volte tornasse ad lui, concedendo liberamente ad lui et ad li compagni che potessero predicare dove piacesse ad loro. Et decte ad loro uno segnale per lo quale egli non potessero essere offesi.
Havuto adonque questa licentia, sancto Francesco mandò quelli electi suoi compagni ad dui ad dui in diverse parte de Saracini ad predicare la fede de Christo; et egli con uno de loro elesse una contrada, ad la quale iongendo intrò in uno albergo per riposarse. Et ivi era una femina bellissima del corpo et soza de l'anima, la quale maledecta lo richiese de peccato. Et dicendo sancto Francesco: "Io accepto, andiamo ad lecto", et ella lo voleva menare in camera. Et sancto Francesco dixe: "Vieni mecho". Et menòla ad uno grandissimo fuoco che se faceva in quella casa; et in fervore de spirito spogliandose ad lato ad questo fuoco, insu lo spiazo infocato, nudo, invita costei che ce vada et spòglisi su in quello letto così morbido et spiumacciato. Et stando così sancto Francesco per grande spatio con alegro viso, et non ardendose nè abrusciandose niente, quella femina, per tale miracolo spaventata et conpuncta nel cuore suo, non solamente se pentè del peccato et de la mala intentione, ma etiandio se converti a la fede de Christo perfectamente, et deventò de tanta sanctitade, che per lei molte anime se salvaro in quelle contrade.
Finalmente, vedendose sancto Francesco non potere fare più fructo in quelle parti, per divina revelatione se despuse con tucti li suoi compagni retornare fra li fedeli, et radunateli tucti insieme retornò al Soldano et prese commiato da lui. Alhora el Soldano gli dixe: "Frate Francesco, volentieri me convertirìa a la fede de Yhesu Christo,ma io temo de farlo per hora; però che si costoro lo sentissero, occiderieno te et me con tucti li tuoi compagni. Et cum ciò sia cosa che tu possi anchora fare molto bene, et io habia ad spacciare molte cose de gran peso, voglio per hora induciare la morte tua et la mia. Ma pregote che me insegni como io me possa salvare, et sò apparecchiato ad fare ciò che me dirai".
Dixe alhora sancto Francesco: "Signore, io me partirò hora da voi, ma poi che io sirò tornato in mio paese et gito in cielo, per la gratia de Dio, depo la morte mia, secondo che piacerà a Dio, io te mandirò dui de li miei frati, da li quali tu recevirai el baptismo (Battesimo) de Yhesu Christo, et sirai salvo, secondo che me ha revelato el mio Signore Yhesu Christo benedecto. Et ut in questo menzo exbrìgate da omni impaccio, chè quando verrà ad te la gratia de Dio te truovi apparecchiato ad fede et ad devotione.
Et così promise de fare et fece. Facto questo, sancto Francesco se tornò con quello venerabile collegio de li suoi sancti compagni, et depo alquanti anni sancto Frncesco per morte corporale rendecte l'anima ad Dio. Et lo Soldano infirmando aspectava la promessa de sancto Francesco, et faceva stare le guardie ad certi passi, conmandando che si dui frati ce passassero co l'abito de sancto Francesco de subito fossero menati ad lui. In quel tempo apparve sancto Francesco ad dui de li suoi frati et conmandòli che senza inducio andassero al Soldano et procurino la sua salute secondo che lo haveva promesso. Li quali frati incontinente se mossero, et passando el mare, da le decte guardie fuorono menati denanti al Soldano. Et vedendoli el Soldano hebe grandissima alegreza et dixe: "Hora so io che veramente Dio ha mandati ad me li suoi servi per la mia salute, secondo la promessa de sancto Francesco, per revelatione divina". Recevendo adonque informatione da li decti frati, così regenerato in Christo, se morì de quella infirmità, et fo salva l'anima sua per li meriti et operatione de sancto Francesco.
Ad laude de Christo. Amen.
XXV
COMO SANCTO FRANCESCO SANO' UN LEPROSO INFERMO DE L'ANIMA ET DEL CORPO.
El humile et vero descipolo de Yhesu Christo messer sancto Francesco, vivendo in questa miserabile vita, con tucto el suo exforzo se ingegnava de sequitare Christo suo perfecto magestro; onde adveniva spesse volte, per divina operatione, che ad chi sanava el corpo, Dio sanava el anima ad una medesima hora, sì como se lege de Yhesu Christo.
Però che egli non solamente serviva volentieri leprosi, ma oltra ad questo haveva ordinato che li frati del suo Ordine, andando o stando per lo mondo, servissero a' leprosi, per amore de Dio, el quale volse essere reputato per noi leproso. Advenne una volta che appresso ad quel luoco dove demorava sancto Francesco, era uno hospedale de infirmi, infra quali era uno leproso sì impatiente et sì importabile et protervo, che omni persona credeva, et così era de certo, che era invasato dal demonio, però che egli villaniggiava de parole et de bactiture qualunque lo serviva, et, che pegio era, vitupeperosamente biastimava Christo et la sua sanctissima Matre, che per niuno modo se trovava chi volesse o potesse servirlo. Et advenga Dio che le iniurie proprie o villanie li frati se studiassero portare patientemente per accrescere il merito de la patientia; non di meno le iniurie de Christo et de la sua Matre le loro conscentie non potevano sostenere, determinaro al tucto de abandonarlo: ma non volevano fare insino ad tanto che sancto Francesco non lo sapesse.
Ordinatamente significato che lo hebero ad sancto Francesco, per sua carità ne venne ad vederlo personalmente quello leproso tanto perverso; et iognendo ad lui el salutò dicendo: "Dio te dia pace, fratel mio carissimo". Responde lo leproso rimbrocciandolo: "Et que pace posso io havere da Dio, che me ha tolta la pace et omni bene, et hame facto tucto marcio et puzolente?" Et sancto Francesco dixe: "Figliolo, habi patientia, però che le infirmità del corpo ce sonno de grande merito, quando sonno portate patientemente". Responde el leproso: "Como posso portare con pace la pena cheme afflige el dì et la nocte? Et non solamente io sò afflicto de l'infermità mia, ma pegio me fanno li frati che tu me daesti chè me servissero, li quali non me servono como debiano". Alhora sancto Francesco, cognoscendo che questo leproso era posseduto dal malegno spirito per revelatione divina, andò et pùsesi in oratione et pregò Dio devotamente per lui.
Et facta la oratione, retornò ad lui et dixe così: "Figliolo , io te voglio servire, poichè tu non te contenti de l'altri". "Piaceme, dice el leproso; ma que me porrai fare più tu che gli altri?". Responde sancto Francesco: "Ciò che tu vorrai, io farò". Dice lo infermo: "Io voglio che tu me lavi tucto quanto, però che io puzo sì fortemente, che io medesimo non me posso patire". Alhora sancto Francesco incontinente fece scaldare l'acqua con molte buone erbe odorifere, poi spoglia costui et comènzalo ad lavare con le sue gratiose mano, et uno altro frate mecteva su l'acqua. Et per divino miracolo, dove sancto Francesco toccava con le sue sancte mano, se parteva la lepra et la carne remaneva perfectamente sanata.
Et como se comenzò ad sanare la carne, così se sanava l'anima; onde vedendose lo leproso comenzare ad guarire, gli venne grande compunctione et pentimento de li suoi peccati, et piangeva amarissimamente; sì che quando el corpo se mundava da fuore da la lepra per lo lavamento de l'acqua, l'anima se nectava dentro del peccato per la contritione et per le lacrime.
Et essendo perfectamente sanato quanto al corpo et quanto a l'anima, humilmente se rendeva in colpa, et piangendo diceva ad alta voce:"Guai ad me, che io so' degno de l'inferno per le villanie et per le iniurie che ho facte ad li frati, et per la impatientia et biastime che ho havute contra de Dio". Onde XV dì perseverò in amaro pianto per li suoi peccati et chiesene misericordia ad Dio, confesandose al prete integramente. Et sancto Francesco vedendo così expresso miracolo, el quale Dio haveva adoperato per le sue mano, regratiò Dio et partìse de llì, et andò in altri pagesi ( paesi ) assai de longa per fugire omni gloria mundana; emperciochè in tucte le sue operationi solo cercava el honore et la gloria de Dio et non la propria.
Poi el decto leproso sanato de l'anima et del corpo, como ad Dio piacque, depo XV dì de la sua penitentia, infirmòse de altra infermità; et armato de li ecclesiastici Sacramenti morì sanctamente, et l'anima sua se ne andò ad paradiso; et apparve in aere ad sancto Francesco, che stava in una selva ad la oratione, et dixeli così: "Recognoscime tu?" "Chi sii tu?" dixe sancto Francesco. Et egli respuse: "Patre, io so' quello leproso lo quale Christo benedecto guarì per li tuoi meriti, et hogi ne vo ad vita eterna; di che molte gratie rendo ad Dio et ad te. Benedecta sia l'anima, el corpo tuo, et benedecte le tue sancte parole, et le tue operationi; però che per te molte anime se salvaranno nel mondo. Et sappi che non è dì nel mondo, che li sancti angeli non regratiino Dio de li fructi che tu et l'Ordine tuo continuamente facete in diverse parti del mondo; et però confòrtate et rengratia Dio et stà con la sua benedictione". Et decte queste parole, se n'andò ad cielo; et sancto Francesco remase tucto consolato.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXVI
COMO PER LI MERITI DE SANCTO FRANCESCO SE CONVERTIERONO TRE LATRONI ET POI SE FECERO FRATI DE L'ORDINE SUO
Andando sancto Francesco una volta per lo distrecto del Borgo de Sansepolcro, et passando per uno castello che se chiama Montecasale, venne ad lui un iovene nobile et molto delicato et dixeli : "Patre, io vorria essere volentieri de li vostri frati".
Et sancto Francesco respuse: "Figliolo, tu sii iovene, delicato et nobile; forse che tu non porresti sopportare la povertà et l'aspreza nostra". Et egli dixe: "Patre, non site voi homini como io? Adonque como la sostenete voi, così la sosterrò io per la divina gratia". Piacque molto ad sancto Francesco quella resposta; de que incontinente, benedicendolo, lo recevette a l'Ordine et pùseli nome frate Angelo. Et portòse questo iovene si gratiosamente, che de llì ad poco tempo sancto Francesco el fece Guardiano nel luoco de Montecasale.
In quel tempo usavano in quella contrada tre nominati latroni (Nominati latroni: famigerati ladroni), li quali un iorno vennero al luoco de "frati et pregaro el decto Guardiano che lo' desse da magnare. Or perchè in quella contrada facevano molti mali, el guardiano respuse ad loro reprendendoli molto aspramente et dicendoli: "Voi, latroni et crudeli homicide, non ve vergognate de robare le fatighe altrui; ma etiandio, como presumptuosi et sfacciati, volete devorare le limosine che sonno mandate ad li servi de Dio, che non site pur digni che la terra ve sostenga, però che voi non havete alcuna reverentia nè ad Dio, che ve creò, nè a l'homini, nè a le sue creature: andate adonque per li facti vostri, et qui non apparete più". Di que coloro se partierono con grande exdegno turbati.
Et ecco sancto Francesco che tornava de fuore con la tasca del pane et con uno vasello de vino che haveva accattato; et recitandoli el guardiano como lui haveva cacciati coloro, sancto Francesco lo represe, dicendoli che li peccatori meglio se reducevano ad Dio con dolceza che con aspre reprensioni: "Onde el nostro magestro Christo, el cui Evangelio noi havemo promesso observare, dice che non è bisogno a li sani lo medico ma ad l'infirmi, et non era venuto ad chiamare li iusti ma li peccatori ad penitentia; et però egli spesse volte magnava con loro. Cum ciò sia cosa adonque che tu habi facto contra la carità et contra el sancto Evangelio de Christo, io te conmando per sancta obedientia, che incontinente tu pigli questa tasca de pane et questo vasello de vino et và ad loro derieto solicitamente per monte et valle cercandoli, sì che tu li trovi, et presenta lò tucto questo pane et questo vino da mia parte; et poi te inginocchia denanti ad loro et humelmente dirai tua colpa de la tua crudeltà, et poi li pregherai da mia parte che non facciano più male, et temano Dio et non offendano el proximo; et si faranno questo, io promecto de subvenirli ne li loro bisogni, et de dar lò continuamente da magnare et da bere. Et quando haverai decto questo, partiràite humilmente et vieni ad me". Mentre che el decto guardiano andò ad fare questo, sancto Francesco se puse in oratione et pregava Dio che remorbidasse li cuori ad quelli latroni et convertisseli ad penitentia.
Iognendo ad loro el obediente guardiano presentò lo' el pane et vino, et humilmente fece como sancto Francesco li impuse. Et como piacque ad Dio, magnando questi latroni la elimosina de sancto Francesco, comenzaro ad dire insieme: "Miseri noi exventurati! Como aspre pene de l'inferno ce aspectano, li quali andiamo non solamente robando li proximi, ma bactendo et etiandio occidendo; niente de meno de tanti mali et così scelerate cose, como noi facciamo, non habiamo niuno remordimento de conscentia, nè timore de Dio. Et ecco questo sancto frate che è venuto ad noi, per paricchie parole che ce dixe iustamente per nostra colpa et malatia, et così humilmente ce ha decta sua colpa, et oltra ad questo ce ha recato pane et vino et hace facta così liberale promessa da parte del Patre loro. Veramente questi frati sono sancti, li quali meritano paradiso; et noi siamo veramente figlioli de la eterna dannatione, et non sapemo si de li peccati che habiamo facti insino ad qui noi ne poterimo trovare misericordia da Dio". Queste et simile parole dicendo l'uno de loro, l'altri dui dixero: "Certamente tu dici el vero ; ma ecco, que debiamo noi fare?" "Andiamo, dixe costui, ad sancto Francesco, et si egli ce darà speranza che noi troviamo misericordia da Dio de li nostri peccati, faciamo ciò che lui ce conmanda, ad ciò che possiamo le nostre anime liberare da le pene de l'inferno".
Piacque questo consiglio ad tucti, et così tucti tre accordati se ne vengono in frecta ad sancto Francesco et diconli così: "Patre, per multi scelerati peccati,che noi habiamo facti, non crediamo trovare misericordia da Dio; ma si tu ce dài, ecco che siamo apparecchiati de fare ciò che tu conmandirai, et stare con teco ad fare penitentia". Alhora sancto Francesco, recevendoli caritativamente et con benignità, li confortò dandoli multi exempli, et facendoli certi de accaptare lo' da Dio Misericordia mostrando lo' come la misericordia de Dio è infinita. "Et si noi havessemo infiniti peccati, anche la misericoria de Dio è maiure: et secondo el Vangelio et l'apostolo Paolo, Christo benedecto venne in questo mondo per salvare li peccatori.
Per le qual parole et simili admagestramenti li decti tre latroni renunciarono el demonio et fecero grande penitentia, poi che fuorono recevuti a l'Ordine; de li quali dui ne andarono ad paradiso in poso spatio; ma el terzo, sopravivendo et repensando le sue peccata, fece sì grande penitentia, che per XV anni continui, excepte le quadragesime conmuni, le quale faceva con gli altri frati, de altro tempo sempre tre dì de la septimana ieiunava in pane et acqua, et sempre andava scalzo et solo con una tonica indosso, mai non dormiva depo matutino. Infra questo tempo sancto Francesco passò de questa presente vita.
Avendo adonque costui per molti anni continuata cotal penitentia, et eccote che una nocte depo matutino gli venne tanta tentatione de dormire, che per niuno modo poteva resistere al sonno, nè vegiare como soleva. Finalmente, non potendo più resistere, andosene su in lecto per dormire; et subito posto giù el capo, fo rapto et menato in spirito su in uno monte altissimo nel quale era una ripa profondissima, et di qua et di là erano saxi spezati et scogliosi et li scogli variati che uscivano fuore de' sazi; di che inquesta ripa era pauroso aspecto ad guardarci. Et l'angelo che menava questo frate si lo spense et gictollo giù per questa ripa tucto exmembrato et menuzato, secondo che ad lui pareva. Et iacendose così malconcio dice colui che lo menava: "Lievate su chè te conviene fare anchora grande viagio". Responde el frate: "Tu me pari indiscreto et crudele homo, chè me vidi per morire per la caduta che me ha sì expezato, et dici: Lievate sù". Et l'angelo si accostò ad lui et toccòlo, et tucte le sue membra gli sanò. Poi li mostra una grande pianura piena de pietre acute et tagliente, piena de spine et de tribuli, et dice che per tucto questo piano li conviene passare ad piedi nudi tanto che ionga al fine; nel quale vedeva ardere una fornace ne la quale gli convaneva intrare.
Havendo quel frate passata tucta quella pianura cum grande angoscia et pena, l'angelo li dice: "Entra in questa fornace, però che così te conviene fare". Dice costui: "Oimè! quanto me sii crudele guidatore, che me vidi essere presso che morto per questa angosciosa pianura et hora per reposo me dici che io entri in questa fornace ardente". Et vide costui intorno alla fornace molte demonia che havevano forche de ferro in mano, et indutiando intrare si lo spinsero dentro subitamente cum grande furore .
Et puoi che fo dentro ne la fornace, vide uno homo ivi che era stato suo compare, el quale tucto ardeva. Et demandòlo costui dicendo: "O compare exventurato, como venisti tu qua?" Et quello respuse: "Và un poco più inanzi et trovirai la moglie mia, tua conmare, che te dirà la cascione de la nostra dannatione". Et andando el frate più oltra li apparve la decta conmare tucta infocata renchiusa in una mensura de grano tucto focoso; et egli la demanda: "O conmare misera, perchè venisti in così crudele tormento?" Et ella respuse: "Perchè al tempo de la grande fame, la quale predixe sancto Francesco inanzi, lo marito mio et io falsavamo el grano et la biada, che noi vendevamo, nel mesurare, et però io ardo strecta in questa mensura".
Et decte queste parole, l'angelo che menava questo frate si lo spense fuore de la fornace, et poi li dixe: "Apparecchiate ad fare uno horribile viagio". Et costui ramaricandose diceva: "O durissimo conductore, tu non me hai alcuna compassione. Vidi che sò quasi arso in questa fornace, et hanco me vuoi menare in viagio pericoloso et horribile?" Alhora el angelo el toccò et fece sano.
Et poi el menò ad uno ponte che non se poteva passare senza pericolo, el quale era molto sottile et strecto et exdrusciulente et senza sponde da lato, et di sotto passava un fiume obscuro et terribile, pieno de serpenti et dragoni et de scorpioni, li quali gictavano grandissima puza. Et dixe l'angelo: "Passa questo ponte, chè al tucto te conviene passare". Respuse costui: "Et como lo porrò passare che io non cada in questo pericoloso fiume?" Dice l'angelo: "Vieni depo me et poni el piè tuo dove vedirai porre el mio, et passirai bene". Passa questo frate derieto a l'angelo, como li haveva insegnato, et ionto al menzo del ponte l'angelo, como li haveva insegnato, et ionto al menzo del ponte l'angelo se n'andò via, et pùsesi in uno monte altissimo molto da lunga. Et costui considerò bene el luoco dove l'angelo era volato; ma remanendo egli senza guidatore et guardando giù, vedeva quelli animali terribili stare con li capi fuore de l'acqua con le bocche aperte, apparecchiati ad devorarlo si cadesse; era in tanto tremore che per niuno modo sapeva que farse, però che ad rieto tornare non poteva, et non ardiva de andare inanzi.
Onde vedendose in tante tribulationi et che altro refugio non haveva si non Dio, se inchienò et abracciò el ponte et con tucto el cuore se reconmandava ad Dio che per la sua misericordia li succerresse. Et facta la oratione, li parve mectere l'ale; de che egli pregava cum grande alegrezza che le penne crescessero per poter andare de là dal ponte, dove era volato l'angelo. Ma depo alcun tempo, chè egli haveva voglia de volare per passare questo ponte, se mise ad volare; et perchè l'ale non erano tanto cresciute, cade su el ponte et le penne gli cascarono, di che costui da capo abraccia el ponte, et como prima se riconmanda ad Dio. Facta la oratione anchora li pareva mectere l'ale; ma non aspectando che l'ale crescessero perfectamente, mectendose ad volare inanzi al tempo recade da capo in su el ponte et le penne cascarono. Per la qual cosa vedendo che per la fretta che egli haveva de volare inanzi al tempo non poteva volare, diceva fra sè medesmo: "Per certo si io remecto l'ale la terza volta, io aspectirò tanto che siranno sì grande che io porrò volare senza cadere". Et stando inquesto pensiero li pareva mectere l'ale la terza volta; et aspectando gran tempo, tanto che erano bene grandi; parevali, per la prima, seconda et terza volta ad mectere l'ale, havere aspectato centocinquanta anni et più. Et finalmente se lieva questa terza volta con tucto el suo exforzo et volò in alto fine al luoco dove era volato l'angelo.
Et bussando a la porta del palazo dove era pervenuto, el portanaro el demandò: "Chi sii tu che sii venuto qua?" Respuse: "Io sò frate Minore". Dixe el portaio: "Aspeca qui, chè io tornarò et menarò sancto Francesco per sapere si te conosce". Andando costui per sancto Francesco, questo frate comenzò ad guardare le mura maravigliose de questo palazo, le quale pareva relucente et de tanta clarità che chiaramente vedeva li cori de li Sancti et ciò che dentro se faceva. Et stando costui stupefacto in questo, eccote venire sancto Francesco, frate Bernardo et frate Egidio, et depo sancto Francesco tanta multitudine de Sancti et Sancte li quali havevano sequitato la vita sua, che quasi parevano innumerabili. Iognendo sancto Francesco dice al portinaio: "Lassalo entrare dentro, però ch'egli è de li miei frati". Et incontinente como fo entrato dentro, sentì tanta consolatione et alegreza che dementicò tucte le tribulationi che haveva havute, como si mai non fossero state. Et alhora sancto Francesco menandolo dentro li mostrò molte cose maravigliose et poi li dixe: "Figliolo, te conviene de tornare al mondo et starvi septe dì, ne li quali apparecchiate diligentemente con omni devotione, però che depto septe dì,io verrò per te, et alhora verrai meco ad questo loco de li beati". Et era sancto Francesco coperto de uno mantello maraviglioso, adornato de stelle, bellissimo, et le sue cinque Stigmate erano cinque stelle relucente et bellissime de tanto splendore che tucto quello palazzo illuminavano con li loro ragi. Et frate Bernardo haveva incapo una corona de stelle bellissime, et frate Egidio era adornato de maraviglioso lume; et molti altri frati conobe fra loro li quali al mondo non haveva mai veduti. Licentiato adonque da sancto Francesco, se ritornò al mondo benchè mal volentieri.
Destandose et ritornando in sè, li frati suonano ad Prima; sì che non era stato in quella visione si non da Matutino ad Prima, benchè ad lui paresse essere stato molti anni. Et recitando per ordine al suo guardiano tucta questa visione, infra septe dì comenzp ad febricare; et l'octavo dì venne per lui sancto Francesco, secondo la promessa, con grandissima moltitudine de Sancti, et menò l'anima sua al reame de vita eterna.
Ad laude de Christo. Amen.
XXVII
COMO PREDICANDO SANCTO FRANCESCO AD BOLOGNA SE CONVERTI' FRATE PELEGRINO ET FRATE RICCIERI DE LA MARCHA.
Pervenendo una volta sancto Francesco a la città de Bologna, tucto el popolo de la città curreva per vederlo, et era sì grande la calca, che appena poteva iongere in su la piaza. Et essendo tutta la piaza piena de homini et de donne et de scolari, sancto Francesco se lieva su nel mezzo in uno loco alto, et comenzò ad predicare sì como era dictato da lo Spirito Sancto. Et predicava sì maravigliose cose, che pareva più presto Angelo che homo, et le sue parole parevano celestiale ad modo che sagepte acute, le quale passavano sì li cuori de chi l'odivano, che in quella predica grande moltitudine de homini et de donne se convertierono ad penitentia. Fra quali fuorono dui nobili studianti de la Marcha de Ancona; et l'uno avea nome Pelagrino, et l'altro Riccieri, li quali, per la decta predica toccati per divina ispiratione, vennero ad sancto Francesco, dicendoli che al tucto volevano abandonare el mondo et essere de li suo frati. Alhora sancto Francesco, conoscendo per revelatione divina che costoro erano mandati da Dio et che ne l'Ordine devevano tenere sancta vita, et considerato el grande fervore, con alegrezza gli recevette, et dixe: "Tu, Pelegrino, terrai ne l'Ordine la via de la humiltà; et tu Riccieri, servirai li frati.
Et così fo: chè frate Pelegrino non volse andare como chiereco, ma como laico, benchè fosse molto licterato et grande decretalista; per la quale humilità egli pervenne ad grande perfectione de virtù, in tanto che frate Bernanrdo dixe de lui che egli era de li più perfecti frati del mondo. Et finalmente el decto frate Pelegrino, pieno di virtù, passò de questa vita, ad andò ad vita eterna, con molti miracoli inanzi et depo la morte. Et frate Riccieri devotamente et fedelmente servì li frati con grande humilità et santità; et deventò molto familiare de sancto Francesco, in tanto che molti secreti li revelava. Et essendo facto Ministro ne la Marcha de Ancona, grande tempo la resse con grandissima pace et discretione.
Et depo alcuno tempo Dio gli mise una grande tentatione ne l'anima sua; di che egli tributato et angustiato fortemente se afligeva con digiuni, discipline, lacrime et orationi de dì et de nocte, et non poteva però cacciare da lui questa tentatione, ma spesse volte era in grande desperatione impero che per essa egli si riputava abandonato da Dio. Et stando in questa desperatione, per ultimo remedio se determinò de andare ad sancto Francesco, pensandose fra sè medesimo così: "Si sancto Francesco me farà buono visto et mostraràme familiarità, como suole, io credo che Dio non me haverà abandonato, et hanco (Hanco, ancora) havrà de me pietà, ma si non me farà buon viso, sirà segnale de essere da Dio in tutto abandonato". Muòvese adonque costui et viene ad sancto Francesco, che stava nel palazo del Vescovo de Asise gravemente infermo.
Et Dio revelò ad sancto Francesco tucto el modo de la tentatione de frate Riccieri et suo proponimento et suo venire. Et incontinente chiamò frate Lione et frate Masseo, et diceli: "Andate presto incontra al mio figliolo frate Riccieri, et abbracciatelo da mia parte, et diteli che infra tucti li frati che sonno nel mondo io singularmente amo lui". Vanno costoro et truovano frate Riccieri per la via, et abbracciandolo li dicono questo che sancto Francesco lo' ha imposto. Onde tanta dolceza et consolatione gli fo a l'anima sua, che quasi uscì fuor de sè, et regratiando Dio con tucto el cuore, andò et ionse al luoco dove sancto Francesco iaceva infermo. Nondimeno sentendo venire frate Riccieri, benchè gli fosse grave, se levò su et fècelise incontra, et abbracciòlo dulcissimamente, et si gli dixe: "Figliol mio frate Riccieri, fra tucti frati che sonno nel mondo io amo te singularmente". Et decto questo, si gli fece el segno de la Croce ne la fronte, et basciòlo, et poi gli dixe: "Figliolo, questa tentatione te ha permessa Dio per grande guadagno de merito; ma si tu non vuoi più questo guadagno, non l'abbi". Maravigliosa cosa! Si presto como sancto Francesco hebe decte queste parole, subito se partì da lui omni tentatione, como si mai non l'avesse sentita, et remanse tucto consolato.
Ad laude de Christo. Amen.
XXVIII
COMO FRATE BERNARDO, ODENDO LA MESSA FO RAPTO IN SPIRITO.
Quanta gratia faccia Dio spesse volte a li poveri evangelici, li quali per amore de Yhesu Christo abandonano el mondo, se demostra in frate Bernardo, primogenito de sancto Francesco, el quale, poi che prese el habito, spesse volte era rapto per contemplatione de le cose celestiali.
Et fra l'altre advenne una volta che odiva la Messa, et stando con la mente suspesa, subito fo rapto et absorto in contemplatione in tal modo, che, levandose el Corpo de Christo, non se ne advide niente, nè se inginocchiò, nè cavò el cappuccio, como gli altri che v'erano, ma senza bactere occhio, stette così fixo et insensibile da la matina insino ad Nona. Et depo Nona retornando in, sè andava per lo luoco gridando con voce admirativa, et diceva: "O frati! o frati! o frati! Non è niuno in questa contrada sì grande, nè sì nobile, al quale fosse proferto uno palazo bellissimo pieno d'oro, non li fosse agevole portare un sacco pieno de letame per guadagnare quello thesoro nobilissimo".
Ad questo thesoro celestiale, promesso ad li amatori de Dio, fo frate Bernardo predecto sì elevato con la mente, che per XV anni continui sempre andò con la mente et con la faccia levata in cielo. Et in quel tempo mai non se tolse fame, benchè mangiasse, de ciò che gli era posto inanzi, un poco; però che diceva che de quel ch' el homo non gusta non fa perfecta abstinentia, ma la perfecta abstinentia si è temperarse de le cose che sanno buone a la bocca. Et con questo venne anco ad tanta clarità et lume de intelligentia, che etiandio li grandi chirici recurrevano ad lui per solutioni de forti questioni et male agevoli passi de la Scriptura sancta; et egli de omni difficultà li dechiarava.
Però che la mente sua era tucta sciolta da le cose terrene, et egli como rondine volava per contemplatione; onde alcuna volta XX dì, alcuna volta XXX dì se stava solo in su le cime de li monti altissimi, contemplando le cose celestiali. Per la qual cosa diceva frate Egidio de lui che non era dato ad onniuno, quelo che haveva frate Bernardo, cioè che volando se pasceva como la rondine. Et per questa excellente gratia che haveva da Dio, sancto Francesco volontieri et spesse volte favellava con lui de dì et de nocte: onde alcuna volta fuorono trovati insieme, per tucta la nocte, rapti in Dio ne la selva ambedui, dove se erano raccolti ad favellare de Dio.
El quale è benedecto in secula seculorum. Amen.
XXIX
COMO FRATE RUFINO, PER LI MERITI DE SANCTO FRANCESCO, FO LIBERATO D'UNA TENTATIONE CHE GLI MISE EL DEMONIO.
Frate Rufino, de li più nobili homini de Asisi, compagno de sancto Francesco et homo de grande sanctitade, fo un tempo molto combactuto de la predestinatione dal demonio; onde egli stava molto melanconoso et tristo; però che el demonio gli metteva pure incuore che egli era dannato et non era de li electi ad vita eterna, et che se perdeva ciò che faceva ne l'Ordine. Durando questa tentatione più et più dì, et egli per vergogna non lo revelava ad sancto Francesco, nientedemeno non lassava la oratione et l'abstinentia usata; onde el nemico li comenzò ad iongere tristitia sopre tristitia; et oltra la bactaglia dentro, el combacteva anchor da fuore con false apparitioni.
Di che una volta gli apparve in forma del Crucifixo et sì li dixe: "O frate Rufino, perchè te affligi tu in penitentia et oratione, cum ciò sia cosa che tu non sii de li electi ad vida eterna? Et credemi, però che io so quelli che ho electi et predestinati, et non credere al figliolo de Pietro Bernardone si te dicesse el contrario, et ancho non n'el demandara de questo, però che nè egli nè altri lo sa, si non io che sò Figliolo de Dio; però credemi per certo che tu sii del numero de li dannati, et così el figliolo de Pietro Bernardone, tuo patre, et ancho el patre suo sonno dannati, et qualunque lo seguita è ingannato".
Odite queste parole, frate Rufino comenzò ad essere così ottenebrato dal principe de le tenebre, che ià perdeva omni fede et amore che haveva havuto ad sancto Francesco, et non se curava de dirgline nulla.
Ma quello che ad sancto Francesco non dixe frate Rufino, lo revelò lo Spirito Sancto. Onde vedendo in spirito sancto Francesco tanto pericolo del decto Frate Rufino, mandò per lui frate Masseo, al quale frate Rufino respuse rimbrocciando: "Que ho io ad fare con frate Francesco?" Alhora frate Masseo tucto pieno de sapientia divina, conoscendo la fallacia del demonio, dixe così: "O frate Rufino, or non sai tu che frate Francesco è como un angelo de Dio? Onde io voglio che ad omni modo tu venghi ad lui, però che io vegio chiaramente te essere ingannato dal demonio". Et odite queste parole, frate Rufino se mosse et andò ad sancto Francesco.
Et vedendolo venire da longa, sancto Francesco comenzò ad gridare: "O frate Rufino captivello, ad chi hai creduto?" Et iognendo ad lui gli dixe per ordine tucta la tentatione che haveva havuta dal demonio dentro et de fuore, mostrandogli chiaramente che colui che gli era apparito era demonio et non Christo, et che per nullo modo gli deveva mai consentire a le sue subiestioni. "Ma quando el demonio te dice più: Tu sii dannato, dice sancto Francesco, et tu li respondi: "Apri la bocca et mò vi te caco". Et questo te sia segnale che egli è demonio, chè decte che tu haverai queste parole incontinente fugirà. Ad questo ancora devevi tu conoscere che era demonio, però che te indurò el cuore ad omni bene; la quale cosa è proprio suo officio; ma Christo benedecto mai non indura el cuore de l'homo fedele, anzi lo admorbida, secondo che dice per lo propheta: Io ve torrò el cuore de pietra et darove el cuore de carne.
Alhora frate Rufino, vedendo che sancto Francesco gli diceva così per ordine tucto el facto et modo de la sua tentatione, componcto per le sue parole, comenzò ad lacrimare fortissimamente, et humilmente inanzi ad sancto Francesco conobe la sua colpa de haverli celata quella tentatione. Et così remase tucto consolato et confortato per li admonimenti de sancto Francesco, et tucto fo mutato in meglio. Poi finalmente gli dixe sancto Francesco: "Và, confessate et non lassare lo studio de la oratione usata, et sappi per certo che questa tentatione te sirà ad grande utilità et consolatione, et in brevi lo provirai".
Retornandose frate Rufino ne la cella sua ad la selva, et standose con molte lacrime in oratione, eccote venire lo inimico de l'umana natura in forma de Christo, secondo l'apparentia de fuore, et dixeli: "O frate Rufino, non t'ò io decto che tu non credi al figliolo de Pietro Bernardone, et che non te affatighi in lacrime et orationi, però che tu sii dannato? Que te iova affligerte mentre sei vivo, chè quando morrai sirai dannato? "Subito frate Rufino respuse: "Apri la bocca, et mo te ce caco". Di che el demonio exdegnato incontinente se mutò ne la sua forma horribilissima, et partìse con tanta tempesta et commotione de pietre del monte Subasio che era ivi ad lato, che per grande spatio bastò la ruina de le pietre che venevano giù per la valle exfavillando fuoco horribile. Et per lo remore che le pietre facevano sancto Francesco con li compagni escierono fuore del luoco con grande admiratione ad vedere que novità fosse quella. Et ancho se vede quella ruina grandissima de pietre. Alhora frate Rufino conobe manifestamente che colui era el demonio che lo haveva ingannato. Et tornando ad sancto Francesco ancho da capo se iecta in terra reconoscendo la colpa sua. Et sancto Francesco el confortò con dolce parole et andòsene molto consolato ad la sua cella.
Ne la quale standose egli in oratione devotissimamente, Christo benedecto li apparve et tucta la sua anima rescaldò del divino amore, et dixeli; "Bene facisti, figliolo, che credisti ad frate Francesco, però che colui che te haveva contristato era el demonio; ma io sò Christo, tuo magistro. Et però che tu ne sii certo, io te do questo segnale che mentre che tu sirai vivo non sentirai mai tristitia, nè melanconia nisuna". Et decto questo, Christo benedecto se partì lassandolo con tanta alegreza et dolceza de spirito et elevatione de mente che el dì et la nocte era absorto et rapto in Dio.
Et d'alhora inanzi fo sì confortato et fermato in gratia et securtà de la sua salute, che tucto deventò mutato in altro homo. Et sirìa stato el dì et la nocte in oratione, chi lo havesse lassato stare. Onde diceva sancto Francesco de lui che frate Rufino era in questa vita canonizato da Yhesu Christo et che non dubitava de dire "Sancto Rufino" benchè fosse ancor vivo in terra.
Ad laude de Christo. Amen.
XXX
COMO SANCTO FRANCESCO MANDO' FRATE RUFINO NUDO AD PREDICARE AD ASISI
Frate Rufino era, per la continua contemplatione, sì absorto in Dio, che quasi era diventato insensibile et muto, e rarissime volte parlava; et appresso egli non haveva gratia, nè facundia, nè ardire de predicare. Nientedemeno sancto Francesco una volta gli commandò che andasse ad predicare al popolo ciò che Dio lo spiriasse. Di che frate Rufino gli respuse: "Patre, io te prego che me perdoni et ad ciò non me mandi; però che, como tu sai, io non ho gratia de predicare, et so' semplece et idiota". Alhora dixe sancto Francesco: "Perchè non hai obedito prestamente, io te conmando per sancta obedientia che nudo, con le brache solamente, tu vadi ad Asisi et intri in una chiesa et così nudo predicherai al popolo". Al quale conmandamento frate Rufino se spoglia nudo, et va ad Asisi et intra in una chiesa; et facta reverentia a l'altare, sale in su el polpito, et comenzò ad predicare. Per la qual cosa li fanciulli et homini comenzarono ad ridere et dicevano: "Ecco, questi frati che fanno tanta penitentia, che diventano stolti, et escono fuore de se".
In questo menzo sancto Francesco pensando sopra la prompta obedientia de frate Rufino, et del conmandamento duro che gli haveva facto, comenzò ad reprendere se medesimo et diceva: "Onde ad te tanta presumptione, figliolo de Pietro Bernardone, vile homicciolo, ad conmandare ad frate Rufino, el quale è de' maiori gentili homini de Assisi, che vada nudo ad predicare al popolo como uno pazo? Certamente tu provirai in te quello che tu conmandi ad altrui". Et subito in fervore de spirito se spogliò anch'egli nudo et vàsene ad Asisi, et menò con lui frate Lione, che recasse el habito suo et quello de frate Rufino. Et vedendolo li asisciani, lo schernivano reputando che egli et frate Rufino fossero impazati per la troppa penitentia. Et intrando sancto Francesco ne la chiesa dove era frate Rufino, et alhora predicava queste parole: "O carissimi, fugite el mondo, lassate le peccata; rendete l'altrui, se volete scampare da l'inferno; servate li commandamenti de Dio, amate el proximo, si volete andare ad paradiso et possedere el reame de vita eterna". Et alhora sancto Francesco nudo montò in su el pulpito ad predicare, et predicò si maravigliosamente del dispregio del mondo, et de la penitentia, et de la sancta povertà voluntaria, et del desiderio del reame celestiale, et de la nudità et opprobio et de la passione del nostro signore Yhesu Christo, che tucti quelli che erano ad la predica, maschi et femine in grande multitudine, comenzarono ad piangere fortissimamente con incredibile devotione et compunzione de cuore; et non solamente ivi, ma per tucto Asisi fo in quel dì tanto pianto de la passione de Christo, che mai non ve fo simile.
Et così fo edificato et consolato el popolo de l'acto de sancto Francesco et de frate Rufino. Poi sancto Francesco se vestì lui et frate Rufino, et così vestiti se retornarono ad Sancta Maria de l'Angeli, laudando et glorificando Dio che lo' haveva data gratia de vencere se medesimi per dispregio de sè, et edificatione de le pecorelle con buono exemplo, et demostrare quanto è da dispregiare el mondo. Et in quel dì crebe tanto la devotione del popolo verso de loro, che beato se reputava chi lo' poteva toccare l'orlo del vestimento.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXI
COMO SANCTO FRANCESCO PER DIVINA ISPIRATIONE CONOSCEVA TUTTE LE VIRTU' ET LI MANCAMENTI DE LI SUOI COMPAGNI.
Sì como el nostro signore Yhesu Christo dice nel Vangelio: "Io conosco bene le mie pecore et elle conoscono me, etc.; così el servo de Dio sancto Francesco, como buono pastore, tucti li meriti et virtò de li suoi compagni per revelatione divina sapeva, et così conosceva li loro defecti; per la qual cosa epso sapeva ad tucti provedere de optimo remedio, cioè humiliando li superbi et esaltando li humili, vituperando li vitii et laudando le virtù, sì como se lege ne le mirabile revelationi che egli haveva de quella sua primitiva famiglia.
Fra le quali se truova che essendo sancto Francesco una volta con quella sua famiglia in uno luoco ad rascionare de Dio, frate Rufino usciva fuore de la selva et passò alquanto de lunga da costoro. Alhora sancto Francesco, vedendolo, si rivoltò ad li compagni et demandoli così: "Quale credete che sia la più sancta anima, che Dio habia nel mondo?" Et respondendoli che credevano che fosse la sua, et sancto Francesco dixe: "O carissimi, sò da me el più indegno et più vile homo che Dio habia nel mondo; ma vedete voi quel frate Rufino che esce hora da la selva? Dio me ha revelato che l'anima sua è una de le tre anime più sancte che Dio habia hora in questo mondo; et fermamente ve dico che io non dubitaria de chiamarlo "Sancto Rufino", cum ciò sia cosa che l'anima sua sia confirmata in gratia et sanctificata et canonizzata in cielo dal nostro signore Yhesu Christo".
Et queste parole non diceva mai sancto Francesco in presentia de frate Rufino.
Conobe anchor sancto Francesco li defecti de' suoi frati, como se comprende chiaramente in frate Helia el quale egli spesse volte reprendeva de la sua superbia; et in frate Iohanni da la Cappella, al quale egli predixe che se deveva impiccare per la gola sè medesimo; et in quel frate al quale el diavolo teneva strecta la gola quando era correpto de la disobbedientia; et in molti altri frati, li quali defecti secreti et le virtù chiaramente egli conosceva per divina revelatione.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXII
COMO FRATE MASSEO IMPETRO' DA DIO LA VIRTU' DE LA SANCTA HUMILITADE.
Li primi compagni de sancto Francesco con tucto lo exforzo se ingegnavano essere poveri de cose terrene et ricchi de virtù, per le quali se perviene a le vere riccheze celestiale et eterne.
Advenne un iorno che, essendo raccolti insieme certi frati ad parlare de Dio, uno de loro dixe questo exemplo: "Fo uno che era grande amico de Dio, et haveva grande gratia de vita activa et contemplativa, et con questo haveva sì profonda humilità, che se reputava grandissimo peccatore; la quale humilità lo sanctificava et confermava in gratia facendolo continuo crescere in virtù et doni de Dio, et mai non lo lassava cadere in peccato". Odendo frate Masseo così meravigliose cose dela humilità et conoscendo che ella era uno thesoro de vita eterna, comenzò ad essere infiammato de amore et crescere in questa virtù, et levando la faccia in cielo, fece voto et proponimento firmissimo de non se relegrare mai, per fin che egli sentisse la decta virtù ne la sua anima perfettamente. Et d'alhora inanzi se stava quasi rechiuso in cella macerandose con deiuni, vigilie, orationi et pianti grandissimi denanzi ad Dio, per impetrare questa virtù, senza la quale egli se reputava degno de l'inferno.
Et stando frate Masseo molti dì in questo desiderio, advenne che un iorno egli intrò ne la selva, et in fervore de spirito andava per la selva gictando lacrime, sospiri et voci, demandando con fervente desiderio questa virtù divina. Et perchè Dio exaudisce le orationi de gli humili et contriti, stando così frate Masseo, venne una voce da cielo la quale chiamò due volte dicendo: "Frate Masseo! Frate Masseo!" Et egli conoscendo per spirito che quella era la voce de Yhesu Christo, respuse: "Signor mio! Signor mio!" Et Christo ad lui: "Che vuoli tu dare per havere questa virtù che tu demandi?" Respuse frate Masseo: "Voglio dare gli occhi dal capo mio". Et Christo ad lui: "Io voglio che tu habi la gratia et ancho l'occhi". Et decto questo, la voce disparì; et frate Masseo remase pieno de tanta gratia, per la divina virtù desiderata, et de tanto lume de Dio, che d'alhora inanzi egli era sempre in iubilo; et spesse volte, quando orava, faceva un iubilo uniforme con suono, ad modo de colomba, octuso: U! U! U!, con faccia lieta et cuore iocondo stava così in contemplazione. Et con questo, essendo deventato umilissimo, se reputava minimo de gli altri homini del mondo.
Una volta fo demandato da frate Iacobo de Fallarone, perchè nel suo iubilo non mutava verso, respuse con grande letitia che, quando in una cosa se truova omni bene, non bisogna mutare verso.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXIII
COMO EL PAPA ANDO' AD VISITARE SANCTA CHIARA NEL SUO MONASTERIO.
Santa Chiara, devotissima descepola de la Croce de Christo et nobile pianta de santo Francesco, era de tanta sanctità, che non solamente li Ovescovi et Cardinali, ma etiandio el Papa desiderava con grande affecto de vederla.
Fra l'altre volte andò una volta el Sancto Patre al monasterio per odirla favellare de le cose celestiale et divine; et essendo così insieme in divini rascionamenti, sancta Chiara fece intanto apparecchiare la mensa et porve suso el pane, ad cio che el Sancto Patre el benedicesse. Onde, fornito el rascionamento spirituale, sancta Chiara inginocchiandose con grande reverentia el prega che li piaccia benedire el pane posto a la mensa. Responde el papa: "Suor Chiara fedelissima, io voglio che tu benedichi questo pane et facci sopra epso el segno de la santa Croce, figliola de Christo, al quale te sii tucta data ". Et sancta Chiara dice:"Sanctissimo Patre, perdonatemi, però che io sirìa de grande reprensione, si in presentia del Vicario de Christo, io, che so' una vile feminella, presumesse de fare cotale benedictione". El papa respuse: "Ad ciò che questo non sia imputato ad presumptione, ma ad merito de obedientia, io te conmando che sopra ad quisti pani tu facci el segno de la sancta Croce et benedichili nel nome de Dio".
Alhora sancta Chiara, como vera figliola de l'obedientia, extendendo la mano, devotissimamente benedixe quilli pani col segno de la sancta Croce. Mirabil cosa! Subitamente apparve in tucti quelli pani el segno de la Croce intagliato bellissimo. Et alhora de quilli pani parte ne fo magnata et parte per miracolo reservata. El pap, veduto el miracolo, prese del dicto pane et regratiando Dio se partì, lassando sancta Chiara con la sua benedictione.
In quillo tempo demorava in quillo monasterio suora Ortolana, matre de sancta Chiara, et suora Agnese, sua sorella, et ambedue insieme con santa Chiara piene de virtù et de Spirito Sancto, con molte altre sancte monache. A le quali sancto Francesco mandava multi infirmi; et elle col segno de la croce ad tucte rendèno sanità.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXIV
COMO SANCTA CHIARA FO PORTATA MIRACOLOSAMENTE LA NOCTE DE NATALE A L'OFFICIO NE LA CHIESA DE SANCTO FRANCESCO.
Essendo una volta sancta Chiara gravemente inferma, tanto che non poteva andare ad fare l'officio suo in chiesa con l'altre monache; venendo la sollennità de la Natività de Yhesu Christo, tucte l'altre andarono ad Matutino, et ella sola se remase nel lecto, mal contenta puoi chè ella non poteva andare insieme con l'altre et havere quella consolatione spirituale. Ma Yhesu Christo suo sposo, non volendola lassare così exconsolata, miracolosamente la fece portare a la chiesa de sancto Francesco et essere ad tucto l'Officio del Matutino, et oltra questo recevere la sancta Communione, et poi reportarla ad lecto suo.
Tornando le monache ad sancta Chiara, fornito l'Officio, li dixero: "O matre nostra, como grande consolatione havemo havuta in questa sancta Natività! Or fosse piaciuto ad Dio, che tu fossi stata con noi!". Et sancta Chiara gli respuse: "Laude et gratie ne rendo al mio Signore Yhesu benedecto, sorelle mie et figliole carissime, però che ad omni sollennità de questa sanctissima nocte, et ad maiore che voi, sò stata io con molta consolatione dell'anima; però che, ad procuratione del patre mio sancto Francesco, con le mie corporale orecchie ho odito tucto el canto et suono de li organi che ve s'è facto, et ivi medesimo ho presa la sancta Communione. Onde de tancta gratia ad me facta relegratevene et regratiatene Dio.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXV
COMO SANCTO LODOVICO RE DE FRANCIA VISITO' FRATE EGIDIO
Andando sancto Lodovico re de Francia (Nota: Lodovico nacque a Poissy il 25 aprile 1225. Re di Francia, capitanò la settima (1248) e l'ottava (1270) crociata, durante la quale (25 agosto 1270) morì. Fu canonizzato da Bonifacio VIII l' 11 agosto 1297. Di un suo viaggio in Italia da altri, prima della redazione de I Fioretti, non si fa menzione) in peregrinagio visitando li Santuarii del mondo, et odendo la fama grandissima de frate Egidio, el quale era stato de li primi compagni de sancto Francesco, se puse in cuore de visitarlo personalmente. Per la qual cosa egli venne ad Peroscia, dove demorava frate Egidio.
Et iognendo a la porta del luoco de' frati, como uno povero pelegrino sconosciuto, con pochi compagni, demanda con grande instantia frate Egidio, nondicendo altramente chi fosse che el demandava. Va adonque el portinaio et dice ad frate Egidio che uno pellegrino è ad la porta che el demandava; et Dio haveva rivelato ad frate Egidio che quello è lo re de Francia. De che egli con grande fervore subito uscì fuore de cella et curre ad la porta, et senza altro demandare, nè mai se erano veduti insieme, con grandissima devotione inginocchiando se abbracciano insieme et baciaronse con tanta domesticheza, como si lungo tempo havessero tenuta amicitia insieme; ma con tucto questo non parlavano l'uno ad l'altro, ma stavano così abbracciati con quelli signi de amore caritativi in silentio. Et stati che fuorono per grande spazio nel decto modo senza parlarse insieme, se partierono el uno da l'altro; sancto Lodovico se ne andò al suo viagio, et frate Egidio se ne andò ad la sua cella.
Partendose el re, uno de li suoi compagni fo demandato da uno frate chi era colui che tanto era stato abbracciato con frate Egidio; et quello respuse che era Lodovico re de Francia, el quale era venuto ad vedere frate Egidio. Di che, dicendolo costui ad altri frati, tucti ne hebero grande melanconia che frate Egidio non li haveva parlato, nè decta parola; et ramaricandosene gli dixero: "Do! perchè sii tu stato così villano, che ad uno così facto re, el quale è venuto de Francia per vederte et per odire da te qualche bona parola, et tu non hai aperta bocca?" Respuse frate Egidio: "Carissimi fratelli, non ve maravigliate de questo; però che nè io ad lui nè lui ad me possette parlare parola, però che così presto como noi ce abracciammo insieme, la luce de la divina Sapientia revelò et manifestò ad me el cuore suo et ad lui el mio; et così per divina revelatione reguardandoce ne li cuori, ciò che io voleva dire ad lui et egli ad me troppo meglio conoscevamo che si noi ce avessemo voluto parlare con la lingua, et con maiure consolatione, che si noi havessemo voluto explicare con la voce quello che noi sentevamo nel cuore, per lo difecto de la lingua humana, la quale non pò chiaramente esprimere li misterii secreti di Dio, ce sirìa stato più presto exconsolatione che consolatione. Et però sappiate de certo che el re s'è partito mirabilmente consolato".
Ad laude de Christo. Amen.
XXXVI
D' UNA MIRABILE VISIONE CHE HEBE FRATE LEONE DE L'ORDINE NOSTRO
Una volta sancto Francesco era infermo et frate Leone el serviva, el decto Frate Leone, stando in oratione presso ad sancto Francesco, fo rapto in extasi et fo menato ad uno fiume grandissimo, largo et impetuoso. Et stando ad guardare chi lo passava, et egli vide alquanti frati carcati intrare in questo fiume, li quali subitamente erano abatuti da l'impeto del fiume et affocavano, alquanti andavano in sino al terzo, alquanti insino al mezo, alquanti presso ad la proda; li quali tucti, per lo impeto del fiume et per li pesi che portavano adosso, finalmente cadevano et affocavano. Vedendo questo, frate Leone haveva ad loro grandissima compassione. Et standose così eccote venire una grande moltitudine de frati senza peso alcuno adosso, ne li quali reluceva la santa povertà; et intrando in questo fiume, passarono da l'altro lato senza alcuno pericolo. Et veduto questo, frate Leone retornò in sè.
Alhora sancto Francesco, sentendo per spirito che frate Leone haveva havuta qualcuna visione, lo chiamò ad sè et dixe: "Que hai tu veduto? " Et dicta che li hebe tucta la visione, dixe sancto Francesco:"Frate Leone, ciò che tu hai veduto è vero. El grande fiume che vedisti è chesto mondo; li frati che affocano sonno quelli che non seguitano la evangelica professione et specialmente quanto a l'altissima povertade; ma quelli che senza pericolo passano, sonno quelli frati che niuna cosa terrena nè carnale cercano nè possedono in questo mondo, ma solamente havendo el temperato vivere (Vivere; vitto) et vestire, sonno contenti, sequitando Christo nudo in croce, el peso et iugo suave de Christo et la sancta obedientia portano alegramente et volentieri; et però agevelmente passano de la vita presente et vanno ad vita eterna".
Ad laude de Christo. Amen.
XXXVII
COMO UNO GENTILE HOMO PER LA CARITA' CHE FECE AD SANCTO FRANCESCO ET AD LI SUOI COMPAGNI MERITO' ESSERE FRATE MINORE
Iognendo sancto Francesco una sera al tardo ad casa de uno gentile homo et molto potente, fo recevuto da lui ad albergo, lui et li compagni, como fossero stati angeli de paradiso, con grandissima cortesia et devotione. Per la qual cosa sancto Francesco gli puse grande amore, considerando che ne l'intrare de casa egli lo haveva abracciato et basciato amichevolmente, et poi li haveva lavati li piedi et sciuctati et basciati humelmente, et acceso uno gran fuoco et apparecchiata la mensa de molti boni cibi; et quando magnavano, costui gli serviva con alegra faccia. Hor, magnato che hebero sancto Francesco con li suoi compagni, dixe questo gentile homo: "Ecco, patre, io ve proferisco me et le mie cose; quando voi havete bisogno de nulla, de tonica o de mantello o de veruna altra cosa, comperatela, et io la paghirò; et vedete che io so' apparecchiato ad provedere intucti li vostri bisogni, chè per la gratia de Dio io posso, però che abondo in omni bene temporale; et per amore de Dio, che me l'ha data, io ne fo volentieri bene a' li poveri suoi".
Di che, vedendo sancto Francesco tanta cortesia et amorevelezza in lui, concepecteli tanto amore, che poi partendose andava dicendo col suo compagno: "Veramente questo gentile homo sirìa bono per la nostra conpagnia, el quale è così grato et cognoscente verso de Dio, et così amorevole et cortese al proximo et ad li poveri. Sappi, carissimo frate, che la cortesia è una de le proprietà de Dio, el quale dà la sua piogia a li iusti et a li iniusti in cortesìa; et è la cortesìa sorella de la carità, la quale expenge el odio et conserva l'amore. Et però che io ho cognosciuto in questo buono homo tanta virtù divina, volentieri el vorrìa per conpagno; et però voglio che un giorno torniamo ad lui, che forse Dio lo toccarà nel cuore ad volerse accompagnare con noi ne li servitii de Dio; et in questo mezzo noi pregarimo Dio che gli mecta nel cuore questo desiderio et dìeli gratia mecterlo in effecto". Mirabile cosa! De lì a pochi dì, facta che sancto Francesco hebe la oratione, Dio mise nel cuore de questo gentile homo questo desiderio; et dixe sancto Francesco al compagno: "Andiamo, fratello, a l'homo cortese, che io ho certa speranza in Dio che egli con la cortesìa de le cose temporali donarà se medesimo in nostro compagno". Et andaro.
Et iognendo presso ad la casa sua, dixe sancto Francesco al suo compagno:"Aspectame un poco, però che io voglio prima pregare Dio che faccia prospero el nostro cammino et che la nobile preda, la quale noi pensiamo de tòrre al mondo , piaccia ad Christo benedicto de concederla ad noi poverelli ed debeli, per virtù de la sua santissima passione". Et dicto questo, se puse in oratione devotissimamente in un luoco che poteva esser veduto dal dicto gentile homo; onde, como piacque al Dio, guardando colui in qua et in là, vide sancto Francesco stare in oratione denanti ad Yhesu Christo benedetto, el quale in grande clarità gli era apparito ne la decta oratione et stava inanti ad lui; et in questo stare così, vedeva sancto Francesco per buono spazio levato da terra corporalmente. Per la qual cosa egli fo toccato da Dio sì factamente in spirito ad lassare el mondo, che de subito egli uscì fuore del palazo suo, et in fervore de spirito curre verso sancto Francesco et iognendo ad lui, che stava in oratione, gli se gictò ad li piedi et con grandissima instantia et devotione el prega che lo receva ad fare penitentia con lui.
Alhora sancto Francesco, vedendo che la sua oratione era exaudita de quello che haveva chiesto con grande instantia, levòse su et in fervore et letitia spirituale devotamente abbraccia et bascia costui, et regratia Dio che uno così facto cavalieri haveva accresciuto ad la sua compagnia. Et diceva quel gentile homo ad sancto Francesco: "Patre, que commandi tu che io faccia? Ecco, io so' apparecchiato ad omni tuo conmandamento, dare ad li poveri ciò che possedo, et con teco sequitare Yhesu Christo, scarcato de omni cosa temporale".
Et così fece, che, secondo el consiglio de sancto Francesco, distribui a li poveri tucto el suo et intrò ne l'Ordine, et vivecte in grande patientia et sanctità de vita et conversatione honesta.
Ad laude de Christo. Amen.
XXXVIII
COMO FO REVELATO AD SANCTO FRANCESCO CHE FRATE ELIA DOVEVA APOSTARE ET MORIRE FUORE DE L'ORDINE
Demorando sancto Francesco una volta con frate Helia, gli fo revelato che frate Helia deveva apostatare et essere dannato et finalmente morire fuore de l'Ordine. Per la qual cosa sancto Francesco concepecte una cotale displicentia verso de lui, intanto che non parlava, nè conversava con lui; et si adveniva che alcuna volta frate Helia andasse inverso de sè, gli torceva la via in altra parte per non scontrarse con lui.
De che frate Helia se comenzò ad avedere che sancto Francesco haveva displicentia de lui; onde volendo saper la cascione, uno giorno se acostò per parlargli, et sancto Francesco schifandolo, frate Helia sì lo retenne cortesemente per forza et cominciòlo ad pregare discretamente che li piacesse significare la cascione per la quale egli così schifava la sua conpagnia et parlare consueto.
Et sancto Francesco gli responde et dice: "La cascione è questa, però che ad me è stato revelato, como per li tuoi peccati aposteterai et morirai fuore de l'Ordine, et anche me ha Dio revelato che tu sii dannato".
Odendo questo, frate Helia dice così:"Patre mio, io te prego per amore de Yhesu Christo, che per questo tu non me schifi, nè cacci da te ; ma como buono pastore, ad exemplo de Christo, retrova et recevi la pecora che perisce, et prega Dio per me, che, si può essere, egli revochi la sententia de la mia dannatione; però che se trova scripto como Dio sa mutare la sententia, si el peccatore se monda dal peccato; et io ho tanta fede ne le tue orationi, che se io fosse nel mezo de'inferno, et tu facessi per me oratione ad Dio, io senterìa alcuno refrigerio. Onde anche te prego, che me peccatore reconmandi ad Dio, el quale venne per salvare i peccatori et receverli ad misericordia sua". Et questo diceva frate Helia con devotione et lacrime; di che sancto Francesco, como pietoso patre, gli promecte pregare Dio per lui; et così fece. Et pregando Dio per lui devotissimamente, intese per divina revelatione che la sua oratione era exaudita quanto ad la revocatione de la sententia de la dannatione de frate Helia, et che finalmente l'anima sua non sirìa dannata, ma de certo uscerìa de l'Ordine et fuore de l'Ordine morrìa. Et così advenne. Però che, rebellandose Federico re de Sicilia, et essendo excomunicato dal papa lui et qualunque li dava adiuto et consilio; el decto frate Helia, il quale era tenuto uno de li più savii homini del mondo, rechiesto dal decto Federico, se accostù ad lui, deventò ribello de sancta Chiesa et apostetò da l'Ordine: per la qual cosa fo excomunicato et privato de l'habito de sancto Francesco.
Et stando così excomunicato, infermò gravemente; la quale infirmità odendo un suo fratello, layco, el quale era rimasto ne l'Ordine et era de buona et honesta vita, sì lo andò ad visitare, et fra l'altre cose gli dixe: "Fratello mio carissimo, molto me doglio che sii excomunicato et fuore de l'Ordine tuo, et così te morrai; ma si tu ce vedissi modo veruno che io te potesse cavare de questo pericolo, volentieri ne piglierìa omni fatiga". Respuse frate Helia: "Fratello mio, io non ce vedo altro rimedio si non che tu vadi al papa (Innocenzo IV, 1243-1254), et preghilo per amore de Yhesu Christo et del suo servo sancto Francesco, per lo cui admagestramento et doctrina io abandonai el mondo, che lui me absolva et restituiscame el habito de la religione".
Dice questo suo fratello che volentieri se affatigharìa per la sua salute: et partendose da lui, se ne andò a li piedi del papa, pregandolo per amore de Yhesu Christo et de sancto Francesco suo servo, che faccia gratia al suo fratello. Et como piacque ad Dio, el papa gli concedecte che retornasse et, si el trovasse vivo, che da sua parte lo absolvesse da la excomunicatione et restituissili el habito.
Partendosi costui lieto et con gran frecta retorna ad frate Helia, et trovalo vivo, ma in su la morte, et sì lo absolvette da la excomunicatione, et remiseli l'abito. Frate Helia passò de questa vita, et l'anima sua fo salvata per li meriti de sancto Francesco et per le sue orationi, ne le quali frate Helia haveva havuta così grande fede.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XXXIX
COMO SANCTO ANTONIO PREDICO' IN PRESENTIA DEL PAPA ET DE TUCTO EL CONCISTORIO MARAVIGLIOSAMENTE
Lo maraviglioso vasello de lo Spirito Sancto sancto Antonio da Padua, uno de li electi discipuli et conpagni de sancto Francesco, el quale sancto Francesco, chiamava suo vescovo, una volta predicando in concistorio denanzi al Papa et a li Cardinali, nel quale concistorio erano de diverse nationi, cioè Greci, Latini, Franciosi, Todeschi, Schiavi, Anghelisi et d'altre nationi et diverse lingue del mondo, infiammato de Spirito Sancto, sì ferventemente et intelligibilmente propose et parlò de la parola de Dio, che tucti quelli che erano in concistorio, qualunque fossero de diversi linguaggi, chiaramente intendèno le sue parole tucte distinctamente, como si avesse parlato in linguaggio di ciascuno de loro; che tucti stavano stupefacti, et pareva ad loro che fosse renovato quello antico miracolo de li Apostoli nel tempo de la Pentecoste, li quali parlavano in virtù de lo Spirito Sancto in omni linguaggio.
Et dicevano insieme el un et l'altro con admiratione: "Hor non è di Spagna costui che predica? Hor como odiamo noi costui che predica in nostro linguaggio?"
El Papa similmente, considerando et maravigliandosi de la profundità de le sue parole diceva: "Veramente costui è archa del Testamento et armario de la Scriptura divina".
Ad laude de Christo. Amen.
XL
COMO SANCTO ANTONIO MARAVIGLIOSAMENTE PREDICO' A LI PESCI
Volendo Yhesu Christo benedecto monstrare la grande sanctità del suo fedelissimo servo sancto Antonio, et como devotamente era da udire la sua predicatione et la sua sancta doctrina; per li animali non rascionevili una volta, intra l'altre, per li pesci represe la schioccheza de l'infedeli heretici, ad modo como nel Testamento Vecchio anticamente per la bocca de l'asina aveva ripresa la ignorantia de Balaam (Numeri: XXII; 21-30 ).
Onde essendo una volta sancto Antonio ad Arimino, dove era grande moltitudine di heretici, volendoli reducere a lume de la vera fede de Christo et ad la via de la verità, multi dì predicò ad loro et disputava con loro de la fede de Christo et de la sancta Scriptura; ma egli, non solamente non consentivano ad li suoi sancti parlamenti, ma etiandio, como indurati et obstinati, non lo volevano odire. Un giorno per divina ispiratione sancto Antonio se ne andò ne la foce del fiume ad lato al mare (Il fiume è la Marecchia. "Ne la foce del fiume ad lato al mare" sorge, a memoria del fatto, una cappella); et standose così ad la riva del mare et del fiume, odite la sua parola, poi che li infedeli heretici la schifano de odire". Et decto che hebe così, subitamente venne ad lui ad la riva tanta moltitudine di pesci grandi, piccoli et menzani, che mai in tucto quel mare et fiume non ne fo veduta tanta moltitudine, ne sì grandi; et tucti tenevano le capi fuore de l'acqua et stavano attenti inverso la faccia de sancto Antonio, tutti in grandissima pace et mansuetudine et ordine: però che denanzi et più presso stavano li pesciolini minori, depo loro stavano li menzani, et derieto, dove stava l'acqua più profonda, stavano li pesci maiori.
Essendo adonque in cotale ordine et disposizione allocatili pesci, sancto Antonio comenzò sollennemente ad predicare et dire così: "Fratelli miei pesci, molto site, secondo la vostra possibilità, tenuti de regratiare el vostro Creatore, el quale ve ha dato così nobile elemento per vostra habitatione; sì como ve piace havete l'acque dulci et insalate, et have dati molti refugii per evitare le tempestadi; anche ve ha dato lo elemento chiaro et cibo che possiate vivere. Dio vostro creatore benigno et cortese, quando ve creò, sì ve conmandò che crescièssete et moltiplicàssete, et detteve la sua beneditione. Poi quando fo il diluvio generale, tucti l'altri animali morendo, voi soli reservò senza danno. Appresso ve ha date l'ale per potere discurrere, como ad voi piace. Ad voi fo conceduto de conservare Iona propheta per conmandamento de Dio, et depo el terzo dì gictarlo ad terra sano et salvo ( GIONA: II; 1-11 ). Voi offereste el censo al nostro Signore Yhesu Christo nanzi a la resurrectione ( MATTEO: XVII, 23-26 ), et depto, per singulare misterio: per le quale molte cose molto site tenuti ad laudare et benedire Dio, chè ve ha dati tanti beneficii più che ad l'altre creature".
Ad queste et ad simile parole et admagestramenti de sancto Antonio, comenzaro li pesci ad aprire la bocca et inchienare li capi, et con questi et altri signi de reverentia, secondo el modo ad loro possibile, laudavano Dio. Alhora sancto Antonio, vedendo tanta reverentia verso el loro Creatore, relegrandose in spirito, dixe ad alta voce: "Benedecto sia Dio eterno, però che più lo honorano li pesci che non fanno li homini heretici". Et questo più sancto Antonio predicava, tanto più la moltitudine de li pesci cresceva, et niuno se mutava del luoco che haveva preso.
Ad questo miracolo comenzò ad currere el popolo de la città, fra' quali ce trassero li heretici sopradecti; li quali vedendo così manifesto miracolo, conpucti ne li loro cuori, tucti se gictarono a li piedi de sancto Antonio per odire la sua predica. Et alhora sancto Antonio comenzò ad predicare de la fede catholica, et sì nobelmente predicò, che tucti quelli heretici se convertiero a la vera fede de Christo, et ritornaro. Et tucti li fedeli ne remasero con grande alegreza confortati et fortificati ne la fede. Et fato questo, sancto Antonio licentiò li pesci con la benedictione de Dio, et tutti se partièro con maravigliosi acti de alegrezza, et similmente el popolo.
Poi sancto Antonio stecte in Arimino molti dì, predicando et facendo molto fructo spirituale de l'anime.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XLI
DE FRATE SIMONE DE ASISI
Intorno al principio de l'Ordine, vivendo sancto Francesco, venne a l'Ordine uno iovene de Asisi, chiamato frate Simone; el quale Dio adornò de tanta gratia et contemplatione, che tucta la vita sua era specchio de santitade, secondo che io odecti da coloro che lungo tempo fuorono con lui. Costui rarissime volte era veduto fuore de la cella; et si alcuna volta stava con li frati, sempre favellava de Dio.
Costui non haveva mai imparata grammatica, et nondemeno sì profondamente parlava de Dio et de l'amore de Christo, che le sue parole parevano sopranaturali. Onde una sera, essendo gito ne la selva con frate Iacomo da Massa per parlare de Dio, et parlando dulcissimamente del divino amore, stectero tucta la nocte in quello parlamento, et la matina pareva ad loro essere stati un piccolo spatio, secondo che me recitò el decto frate Iacomo.
El decto frate Simone haveva in tanta suavità el dolceza de Spirito Sancto le divine visitationi amorose de Dio, che spesse volte, quando le sentiva venire, se poneva in su el lecto; però che la tranquilla soavità de lo Spirito Santo rechiedeva in lui non solo el reposo de l'anima,ma etiandio del corpo. Et in quelle cotale visitationi era molte volte rapto in Dio et deventava tucto insensibile a le cose corporale. Onde una volta, quando era così rapto et non sentiva de fuore co li sentimenti corporali, uno frate volendo havere de ciò esperientia et vedere si fosse como pareva de fuore, andò et prese un carbone de fuoco acceso et puseli in su el piede nudo, et frate Simone non ne sentì nulla, et non li fece nessuno segnale, advenga che ve stesse su tanto, che per sè medesimo se spense.
El decto frate Simone quando se poneva ad mensa, inanzi che prendesse cibo, per sè prendeva, et dava il cibo spirituale parlando de Dio; per lo cui devoto parlare se convertì uno iovene de Sancto Severino; el quale nel secolo era vanissimo et mundano, et de sangue era nobile et molto delicato del corpo. Et frate Simone, recevendo el decto iovene a l'Ordine, li reservava i panni et suoi vestimenti seculari; et egli stava con frate Simone per informarse de le observantie regulari. Di che lo demonio li mise sì forte tentatione carnale, che per niuno modo costui poteva resistere: per la qual cosa se ne andò ad frate Simone et dixegli: "Rendime le mie vestimenta che io recai dal secolo, però che io non posso più sostenere la tentatione". Et frate Simone, havendoli conpaxione, li diceva: "Siedi ecqui un poco con meco, figliolo". Et comenzò ad parlare de Dio, et subito omni tentatione se partiva; et poi ad tempo la tentatione retornava, et egli chiedendo li panni, frate Simone la cacciava col parlare de Dio.
Et facto così più volte, finalmente una nocte lo assalì sì forte più che non soleva, che per cosa del mondo non poteva resistere, andossene ad frate Simone redemandando al tucto li suoi panni. Alhora frate Simone, secondo che haveva usato da fare, lo fece sedere ad lato suo; et parlando de Dio, el iovene renchienò el capo nel grambio de frate Simone per melancolia et per tristitia. Alhora frate Simone per compazione levò gli occhi al cielo, et pregando Dio devotissimamente, fo rapto et fo da Dio exaudito; onde retornando egli, el iovene al tucto se sentì liberato da quella tentatione, como si mai non l'havesse sentita.
Anzi essendo mutata la tantatione in ardore de Spirito, però che s'era accostato al carbone infocato, tucto deventò infiammato de l'amore de Dio et del proximo; intanto che essendo preso una volta un malfattore, che gli devevano essere tracti ambedui gli occhi, costui se ne andò arditamente al Rectore nel pieno Consiglio, et con molte lacrime et devoti preghi demandò che ad sè fosse tracto un occhio, et al malfattore l'altro, ad ciò che non remanesse privato de ambedui. Ma quel Rectore vedendo el gran fervore de costui, facto el Consiglio, perdonò liberamente al malfattore.
Standose un iorno ne la selva frate Simone in oratione, et sentendo grande consolatione ne l'anima sua, una schiera de cornacchie con loro gridare li comenzaro ad fare grande noia; di che egli lo' conmandò nel nome de Yhesu Christo che se devessero partire et non tornarvi più. Et partendose li decti ucelli, da lì inanzi non fuorono mai più veduti nè llì, nè in tucta la contrada dentorno. Et questo fo manifesto ad tucta la Custodia de Fermo, ne la quale era el decto luoco.
Ad laude de Christo. Amen.
XLII
DE ALQUANTI FRATI DE LA MARCHA
La Provincia de la Marcha de Ancona fo anticamente, ad modo ch'el cielo de stelle, adornata de sancti Frati, li quali, como luminarie del cielo hanno adornato et illuminato el cielo, così el Ordine de sancto Francesco ha illuminato el mondo con exempli et con doctrina. Tra gli altri fuorono prima frate Lucido Antico, el quale veramente fo lucente per sanctità et ardente per carità divina; la cui gloriosa lingua, informata da lo Spirito Sancto, faceva maravigliosi fructi ne la predicatione.
Uno altro fo frate Bentivoglia da Sancto Severino, el quale fo veduto da frate Masseo essere levto in aera per grande spatio, stando egli ne la selva in oratione.
Per lo quale miracolo, essendo alhora el detto frate Masseo Piovano, lassò la Pieve et fecese Frate Minore, et fo puoi de tanta sanctità, che fece molti miracoli in vita et in morte; il corpo suo è riposto ad Morro.
El detto frate Bentivoglia, demorando una volta ad Travebonanti, solo, ad servire uno leproso, et avendo comandamento dal suo Mariure, che se devesse partire de llì et andare ad uno altro luoco, el quale era de lunga XV miglia, et non volendo abandonare quello leproso, con grande fervore de carità sì lo piglia et pònselo insu la spalla et portòlo da l'aurora insino al levare del sole per tutta quella via de XV miglia insino al detto luoco, dove era mandato, che se chiama Monte Sansavino. Il quale viagio, si fosse stato aquila, non averìa possuto fare in sì poco tempo: et de questo miracolo fo grande admiratione in tutto quel paese.
Uno altro fo frate Pietro da Montecello (Montecello; oggi Treia, in provincia di Macerata. Questo beato morì circa il 1304); el quale fo veduto da frate Servodei da Urbino, levato da terra cinque o vero sei braccia, insino a li piedi del Crucifixo ne la chiesa, innanzi al quale stava in orazione. Questo frate Pietro deiunava una volta la quaresima de Santo Michele Arcangelo con grande devotione, e l'ultimo dì de quella quaresima standose in chiesa in oratione, fo udito da uno frate iovine, che studiosamente stava nascosto sotto l'altare maiure per vedere qualche acto de la sua sanctità; et standose così, odì parlare con sancto Michele queste parole. Diceva sancto Michele: "Frate Pietro, tu ti sei fedelmente fatigato per me, et in molti modi hai afflicto el corpo tuo; ecco, io so' venuto ad consolarte et anche perchè tu demandi alcuna gratia, et te l'accatterò da Dio". Et frate Pietro respondeva; "Sanctissimo Principe de la Milizia celestiale, et fedele zelatore de l'onore divino et pietoso protectore de l'anime, io te demando questa gratia, che me impetri da Dio la perdonanza de li miei peccati". Respuse sancto Michele: "Chiedi altra gratia, però che questa te accatterò de leggero". Et frate Pietro non demandava altra gratia. Sancto Michele concluse et dixe: "Io per la fede che tu hai in me, te accatterò questa gratie et molte altre".
Et fornito questo parlamento, che durò per grande spatio, sancto Michele se partì, lassando frate Pietro molto consolato.
Ad laude de Christo. Amen.
XLIII
COMO LA VERGINE MARIA PUSE EL SUO BENEDECTO FIGLIOLO IN BRACCIO A FRATE CORRADO DA OFFIDA
Al tempo de questo frate Pietro da Monticello, fo un altro chiamato frate Corrado da Offida. El quale essendo insieme de famiglia nel luoco de Forano, ne la Custodia d'Ancona, el detto frate Corrado se ne andò un iorno ne la selva ad contemplare Dio, et frate Pietro secretametne se ne andò derieto ad lui per vedere quello che faceva frate Corrado. Stava in oratione et pregava la Vergine Maria devotamente, con grande pianto, che li accaptasse gratia dal suo benedecto Figliolo, che egli sentisse uno poco de quella dolceza,la quale sentì Simeone nel dì de la Purificatione, quando egli portò in braccio Yesu benedecto. Et facta questa oratione la Vergine Maria lo exaudì; chè sequitando la oratione venne la regina del cielo col suo benedecto Figliolo in braccio, con grandissima clarità et lume; et appressandose ad frate Corrado, sì gli puse in braccio quello benedecto Figliolo, lo quale recevendo devotissimamente, abbracciandolo et baciandolo et strengendoselo al pecto, tutto se strugeva et resolvea in amore divino, et inesplicabile devotione. Et frate Pietro similemente, el quale de nascosto vedeva omni cosa, così sentiva ne l'anima sua grandissima dolceza et consolatione.
Et partendose la Vergine Maria da frate Corrado, frate Pietro in frecta se tornò ad luoco, per non essere da lui veduto; ma poi che frate Corrado tornava tutto alegro et iocondo, frate Pietro li dixe: "O Celico, grande consolatione hai havuta hogi!" Et frate Corrado responde: "Que è quello che tu dici, frate Pietro? Que sai tu, que me habia havuto?" "Bene so io, ben so io, como la Vergine Maria col suo benedecto Figliolo hogi te ha visitato". Alhora frate Corrado, el quale como veramente humile desiderava essere secreto ne le gratie de Dio, et sì lo pregò che non lo dicesse ad persona. Et fo sì grande amore d'alhora inanzi intra ambedui questi frati, che uno cuore et una anima pareva che fosse intra loro in omni cosa.
Et detto frate Corrado una volta, nel luoco de Sarolo (Sarolo; Sirolo, tra Ancona e Recanati, Sull'Adriatico), con le sue orationi liberò una femina indemoniata, orando per lei tucta la nocte et la matina fugì per non essere honorato dal populo.
Ad laude de Christo. Amen.
XLIV
DEL DECTO FRATE CORRADO DA OFFIDA
El decto frate Corrado da Offida era zelatore de la evangelica povertà et de la Regola de sancto Francesco, et fo de sì religiosa vita et de sì grandi meriti apo Dio, che Christo benedecto ne la vita, et ne la morte lo honorò de molti miracoli.
Fra quali una volta, essendo venuto al luoco d'Offida forestiero forestiero; venuto al convento di Offida come ospite, essendo la sua ordinaria residenza altrove), li frati lo pregarono per amor de Dio et de la carità, che egli admonesse un iovene che stava in quello luoco, el quale se portava s' fanciullescamente et dissolutamente, che tucti gli altri frati turbava ne l'Officio divino, et de l'altre observantie regulari poco se curava. Di che frate Corrado per conpassione de quello iovene et per li preghi de gli altri frati, si lo chiamò da parte et in fervore de carità gli dixe sì efficace et devote parole de admagestramento, che co l'operatione de la divina gratia colui deventò subitamente, de fanciullo, vecchio de costumi, et fo sì obediente, benigno, humile et devoto, et sì pacifico et servente, et ad omni virtù studioso, che como prima per lui tucta la famiglia era turbata, così poi tucti ne erano consolati et contenti, et ciaschuno lo amava de core.
Or advenne, sì como piacque ad Dio, che pochi dì depo questa sua conversione, el dicto iovene infermò et morì, di che li frati molto se ne dogliono; et pochi dì depo la sua morte, apparì ad frate Corrado, che devotamente stava in oratione denanzi a l'altare maiure, et sì lo saluta umelmente como patre; et frate Corrado el demanda: "Chi sei tu?" Respuse colui: "Patre, io so' quello iovene che morì ad questi dì". Et frate Corrado dixe: "O figliolo carissimo, que è de te?" Et quello respose: "Patre mio carissimo, per la gratia de Dio et per la vostra Doctrina (Per la vostra doctrina; per i vostri insegnamenti), n'è bene, però che io non sò dannato, ma per certi miei peccati, li quali non hebi tempo de purgarli sufficientemente sostegno grandissime pene nel Purgatorio; ma io te prego, patre mio, che, como per la tua pietàa me sucurristi quando io era vivo, così hora te piaccia succurrerme ne le mie pene, dicendo per me alcuno paternostro, però che la tua oratione è molto accepta nel cospecto de Dio". Alhora, frate Corrado consentendo benignamente ad li suoi preghi et dicendo per lui una volta el paternostro cum REQUIEM ETERNAM, dixe quella anima:"O carissimo patre, quanto bene è questo, et quanto sento refrigerio hora! Io te prego che lo dichi un'altra volta". Et frate Corrado lo dice; et decto che fo, dice quella anima: "Patre mio, quando tu ori, tucta me sento alleviare: onde te prego che non resti pregare per me". Alhora frate Corrado vedendo che quella anima era così adiutata per le sue ortioni, dixe per lei cento paternostri; et forniti che fuorono, dixe quella anima: "Io te regratio, patre mio carissimo, da la parte de Dio, de la carità che hai avuta verso de me; però che per la tua oratione io so' liberata da omni pena, et hora ne vo al reame de vita eterna". Et decto questo, quella anima se partì. Alhora frate Corrado, per dare alegreza a li frati et conforto, recitò ad loro per ordine tutta la visione.
Ad laude de Christo. Amen.
XLV
COMO FO MOSTRATO AD FRATE PIETRO DA MONTECELLO, CHI HAVEVA AVUTO MAIURE DOLORE DE LA PASSIONE DE YHESU CHRISTO.
Al tempo che demoravano insieme ne la Custodia de Anchona frate Corrado et frate Pietro sopradecti, (li quali erano due stelle lucente ne la Provincia de la Marcha, et dui homini celestiali); però che fra loro era tanto amore et tanta carità che uno medesimo cuore et una anima parevano ambedui, egli se legarono insieme ad questo patto, che omni consolatione, la quale la benignità divina facesse ad loro, el uno ad l'altro el devesse revelare in carità.
Fermato insieme questo patto, advenne che uno iorno standose frate Pietro in oratione et pensando devotamente ne la passione de Christo, como la beatissima Matre de Yhesu Christo et Iohanni dilectissimo discipolo et sancto Francesco erano depincti ad piete de la croce, per dolore mortale crucifixi cum Christo, venneli desiderio de sapere quale de quelli tre haveva havuto maiure dolore de la passione de Christo, o la Matre la quale lo haveva generato, o el discipolo che sopra al pecto sua haveva dormito, o sancto Francesco che era cum Christo crucifixo.
Et stando in questo devoto pensiero, gli apparve la Vergine Maria, el discipolo Iohanni et sancto Francesco, vestiti de nobilissimi vestimenti de gloria; ma sancto Francesco pareva vestito de più bella vesta che sancto Iohanni.
Et stanto frate Pietro tutto expaventato de questa visione, sancto Iohanni el confortò et dixeli: "Non dubitare, carissimo frate, chè noi simo venuti a dechiararte del tuo dubio. Sappi adonque che la Matre de Christo et poi io ce dolemmo sopra omni creatura de la passione de Yhesu Christo; ma depo noi sancto Francescone hebe maiure dolore che nisuno altro; et però tu el vedi in tanta gloria". Et frate Pietro el demandò et dixe: "Sanctissimo Apostolo de Christo, dimme, perchè pare più bello el vestimento de sancto Francesco che' el tuo? " Responde sancto Iohani: "La cascione è questa: però che quando egli era nel mondo, portà più vili vestimenti de me".
Et decte queste parole, sancto Iohanni decte ad frate Pietro uno vestimento de gloria, el quale egli portava in mano, et dixteli: "Prendi questo vestimento, che io t'ho arrecato". Et volendo sancto Iohanni vestirlo, frate Pietro stupefacto cade in terra et comenzò ad gridare: "Frate Corrado, frate Corrado carissimo, succurri, presto vieni ad vedere cosa maravigliosa". Et in queste parole disparì questa visione. Venendo poi frate Corrado gli dixe omni cosa per ordine , et regratiarono a Dio.
Ad laude de Christo. Amen
XLVI
COMO FRATE IOHANNI DE LA PENNA INTRO' A L'ORDINE
Frate Iohanni da la Penna essendo fanciullo seculare ne la Provincia de la Marcha, una nocte gli apparve uno fanciullo bellissimo et chiamòlo dicendo: "O Iohanni, vanni ad sancto Stefano dove predica uno de li frati mei, a la cui doctrina credi et ad le sue parole attendi, però che io ve l'o mandato; et facto questo, haverai ad fare uno grande viagio, et poi verrai ad me". Di che costui incontinente se levò su et sentì grande mutatione ne l'anima sua. Et andando ad sancto Stefano, ce trovò grande moltitudine de homini et de femmine che stavano per odire la predica. Et colui che deveva predicare era uno Frate Minore, chiamato frate Filippo, el quale era uno de li primi frati che erano venuti ne la Marcha d' Ancona; et pochi luochi erano presi ne la Marcha.
Monta su questo frate et predica devotissimamente non con parole de sapientia humana, ma con virtù de lo Spirito Sancto, annuntiando el reame de vita eterna. Et finita la predica, el decto fanciullo se ne andò ad frate Filippo, et dixeli: "Patre, si ve piacesse receverme a l'Ordine, io farìa volentieri penitenza et serverìa al nostro Signore Yhesu Christo". Odendo questo frate Filippo, et conoscendo nel fanciullo una maravigliosa innocentia et prompta volontà ad servire Dio, sì gli dixe: "Verrai ad me el tale dì ad Racanati, et io te farò recevere". Nel quale luoco se deveva fare el Capitolo Provinciale. Di che el fanciullo, el quale era purissimo, se pensò che quello fosse el viagio grande che egli deveva fare, secondola revelatione che haveva havuta, et puoi andarsene ad Paradiso; et così credeva fare, incontanente che fusse recevuto a l'Ordine. Andando adonque, fo recevuto.
Et vedendo ch' el suo pensieri non se forniva alhora, dicendo el Ministro in Capitolo chi volesse andare ne la Provincia de Provenza, per merito de la sancta obedientia lui gli darìa licentia volentieri, venneli volontà de andarvi, pensando nel cuore suo che quello fosse el grande viagio che deveva fare prima che andasse ad Paradiso; ma vergognavase de dirlo. In fine confidandose de frate Filippo, el quale lo haveva facto recevere a l'Ordine, le pregò caramente che gli accaptasse quella gratia de andare in Provenza. Alhora frate Filippo, vedendo la sua sancta purità et intentione, sì li accaptò questa licentia; onde frate Iohanni con grande letitia se mosse ad andare, havendo questa opinione che, fornita quella via, se ne anderìa ad Paradiso.
Ma, como piacque ad Dio, egli stecte in quella Provincia XXV anni in questa aspectatione et desiderio, vivendo in grandissima honestà et sanctità exemplare, vivendo et crescendo in virtù et gratia de Dio; et era sommamente amato da' frati et da' secolari.
Standose un iorno devotamente in oratione et piangendo et lamentandose, perchè el suo desiderio non se adempiva, et ch'el suo peregrinagio troppo se prolungava: alhora gli apparve Yhesu Christo benedecto, al cui aspecto l'anima sua fo al tucto liquefacta, et dixeli così: "Figliolo frate Iohanni, demandame ciò che tu vuoli". Et egli respuse: "Signor mio, non so altro que domandare si non te, però che io non desidero niuna altra cosa; ma de questo solo te prego, che me perdoni tucti li miei peccati, et che io te veda una volta, quando ne haverò maiure bisogno che me facci gratia". Dixe Yhesu Christo: "Exaudita è la tua petitione". Et decto questo, se partì, et frate Iohanni remase tucto consolato et confortato.
Finalmente, odendo li frati de la Marcha la fama de la sua sanctitade, ordenarono col Generale, che gli mandò la obedientia, che tornasse ne la Marcha; la quale obedientia egli recevendo, lietamente se mise in camino pensando che, fornita quella via, se ne devesse andare ad Paradiso, secondo la promessa. Ma tornato che fo ne la Marcha, visse in epsa XXX anni, et non era cognosciuto da niuno suo parente; et omni dì aspectava la misericordia de Dio, che gli adempiesse quella promissione. Et in questo tempo più volte fece el officio del Guardianato con grande descretione, et Dio per li meriti suoi adoperò molti miracoli.
Et tra gli altri doni che egli recevecte da Dio, si hebe lo spirito de la prophetia; onde andando egli una volta fuor del luoco, uno suo novitio fo conbactuto dal demonio et sì fortemente tentato, che egli, acconsentendo a la tentatione, deliberò infra se medesimo uscire de l'Ordine subito como frate Ioanni tornava de fuori: la quale tentatione et deliberatione sentendo frate Iohanni per spirito, incontinente ritornò ad casa, et sì chiama ad se queto novitio, et diceli: "Io voglio che tu te confessi". Et prima che egli lo confessasse, gli recitò tucta la sua tentatione, secondo che Dio gli haveva revelata, et concluse et dixe: "Figliolo, perchè tu me hai aspectato et non te volisti partire senza la mia benedictione, Dio te ha facta questa gratia, che mai de questo Ordine tu non uscirai, ma morrai ne l'Ordine, con la divina gratia". Alhora el decto novitio fo confirmato in buona volontà, et remanendo ne l'Ordine deventò sancto homo.
Et tucte queste cose recità ad me frate Ugolino del decto frate Iohanni.
El quale era de animo alegro et reposato, er rare volte favellava, et era homo de grande oratione, et depo Matutino non tornava a la cella, ma stavase in chiesa in orationo insino al dì. Et stando egli una volta in oratione, sì gli apparse l'angelo de Dio et dixeli così: "Frate Iohanni, egli è fornito el tuo viagio, el quale tanto tempo hai aspectato; et però io te annuncio da la parte de Dio, che tu demandi qualunque gratia tu vuoli. Et anco te dico che tu elegi quale tu vuoli; o uno dì de Purgatorio, o septe dì de pene in questo mondo". Et elegendo frate Iohanni piutosto septe dì de pene in questo mondo, subito infirmò de diverse infirmitade; però che gli prese la febre forte, et la gotta ne le mani et ne li piedi, el male del fianco et molte altre malone: ma quello che peio li faceva, si era che uno demonio gli stava inanzi et teneva in mano una grande carta scripta, dove erano li peccati che mai haveva facti et pensati, et dicevali: "Per questi peccati, che tu hai facti et pensati, et dicevali: "Per questi peccati che tu hai facti col pensiero et co la lingua et co l'opere, tu sii dannato nel profondo de l'inferno". Et egli non se recordava de niun bene che mai avesse facto, nè che fosse frate, nè stato ne l'Ordine; ma così se pensava essere dannato, come quello demonio gli diceva. Onde quando egli era demandato come stesse, respondeva: "Sto male, però ch'io sò dannato".
Vedendo questo , li frati mandarono per un frate antico chiamto frate Matteo da Monterubiano, che era sancto homo et grande amico de frate Iohani sopradecto. Et gionse el decto frate Matteo el septimo dì de la tribolatione, et demandòlo como stava. Et egli respose: "Sto male, chè so' dannato". Alhora gli dixe: "Frate Matteo, non te ricordi tu, che molte volte te sii confessato da me, et io integramente te ho absoluto de tutti li tuoi peccati? Non te ricordi tu anchor che hai servito ad Dio in questo Ordine tanti anni? Appresso, non te ricordi tu che la misericordia de Dio excede tutti li peccati del mondo, et che Yhesu Christo benedecto per noi recomprare pagò infinito prezo? Et però habi buona speranza chè per certo tu sirai salvo". Et in questo dire de frate Matteo, però che era fornito el termino de la sua purgatione, la tentatione se partì et venne la consolatione.
Et con grande letitia et gaudio dice frate Iohanni ad frate Matteo: "Però che tu sii affatigato et l'hora è tarda, io te prego che te vadi ad reposare". Et frate Matteo non lo voleva lassare; ma pur finalmente ad grande sua instantia se partì da lui et andòse ad posare. Et frate Iohanni remase solo col frate ch'el serviva. Et eccote venire Yhesu Christo benedecto con grande splendore et suavità de odore, secondo che li haveva promesso de apparirli una altra volta, quando egli haveva maiure bisogno, et perfectamente lo sanò da omni infirmitade et malatia. Alhora frate Iohanni, con le mano iuncte regratiandolo che con optimo fine aveva terminato il suo grande viagio de la misera vita presente; et ne le mano de Yhesu Christo benedecto, che sì lungo tempo lo haveva aspectato. Et è reposto el corpo suo nel luoco de la Penna de Sancto Iohanni.
Ad laude de Christo. Amen.
XLVII
DE FRATE HUMILE ET DE FRATE PACIFICO SUO FRATELLO
Ne la decta Provincia de la Marcha, fuorono dui fratelli ne l'ordine, depo la morte de sancto Francesco, el uno habe nome frate Humile et l'altro frate Pacifico; li quali fuorono homini de grande sanctitade et perfectione; el uno, cioè frate Humile, stava nel luoco de Soffiano, et ivi se morì; l'altro se stava in uno luoco assai de lunga da lui. Or como piacque ad Dio, frate Pacifico un iorno, standose in oratione in uno luoco solitario, fo rapto in extasi et vide l'anima de suo fratello frate Humille andare in cielo dericta, senza niuno impedimento; la quale alhora se parteva dal corpo.
Or advenne poi, depo molti anni, questo frate Pacifico che remase fo posto de famiglia nel decto luoco de Soffiano, dove era morto el suo fratello. In quel tempo li frati, ad petitione del Signore de Monteforte, mutarono el decto luoco in uno altro; et fra l'altre cose che li frati traslatarono, furono le reliquie de li frati che erano morti in quello luoco. Et venendo ad la sepoltura de frate Humile, el suo fratello prese el ossa sue et sì le lavò con buono vino, et involsele in una tovaglia bianca, et con grande reverentia et devotione le baciava et piangeva: di che gli altri frati se maravigliavano et non havevano bono exemplo de lui; però che essendo egli homo de grande sanctità, pareva che per amore sensuale et carnale piangesse el suo fratello, et che più devotione monstrasse a le sue reliquie, che ad quelle de gli altri frati, li quali non erano stati de minore sanctità che quelle de frate Humille, et erano degne de reverentia como le sue.
Conoscendo frate Pacifico la sinistra imaginatione de li frati, satisfece loro et dixe: "Fratelli miei carissimi, non ve maravigliate, perchè a l'ossa del mio fratello io ho facto quello che non ho facto ad l'altri; però che, benedecto sia Dio, non me ha mai tracto amore carnale, como voi vedete, ma pertanto ho facto così, chè quando el mio fratello passo de questa vita, orando io in uno luoco remoto da lui, vidi l'anima sua derictamente andare in cielo; et però io s' certo, che le sue ossa sonno sancte et debono essere in paradiso; et dìcove che si Dio me havesse conceduta tanta certeza de gli altri frati, quella medesima reverentia haverìa facta a l'ossa loro". Per la qual cosa vedendo li frati la sua devota et sancta intentione, fuorono da lui ben edificati et laudarono Dio, el quale fa così maravigliose cose ad li suoi sancti frati.
Ad laude de Christo. Amen.
XLVIII
COMO UNO SANCTO FRATE FO CONFORTATO DA LA VERGINE MARIA
Nel prenominato luoco de Soffiano fo anticamente uno frate Minore de tanta sanctità et gratia, che tucto pareva divino, et spesse volte era rapto in Dio. Standose questo frate alcuna volta tucto absorto et elevato in Dio, però che haveva la gratia de la contemplatione, venivano ad lui ucelli de diverse maniere et domesticamente se posavano sopra le sue spalle, et sopra el capo, et in su le braccia, et ne le mani, et cantavano maravigliosamente. Era costui molto solitario et rare volte parlava, ma quando era demandato de cosa veruna, respondeva sì gratiosamente che più tosto pareva angelo che homo, et era de grandissima oratione; et li frati lo havevano in grandissima reverentia.
Fornendo questo frate el fine de la vita sua, secondo la dispensatione divina infirmò ad morte, in tanto che veruna cosa poteva pigliare, et cum questo non voleva ricevere alcuna medicina carnale, ma tucta la sua speranza era nel medico spirituale Yhesu Christo benedecto et su la sua benedecta madre; da la quale meritò essere visitato et confortato. Onde standose in su el letto et desponendose ad la morte con tutta la sua devotione, ecco che li apparve la gloriosa Madre de Christo, cum grandissima multitudine de Angeli et sancte vergini cum meraviglioso splendore, et appresòse al letto suo. Onde egli vedendola prese grandissimo conforto et alegreza, quanto a l'anima et quanto al corpo, et comenzòla ad pregare humilemente chè prieghi el suo Figliolo che per li suoi meriti lo traha de questa pregione de la misera carne. Et perseverando in questo prego cum molte lacrime, la Vergine gloriosa gli respuse chiamandolo per nome, et dicendo: "Non dubitare, figliolo, però che el tuo priego è exaudito, et io sò venuta per confortarte un poco, nanzi che tu te parti de questa vita".
Era allato alla Vergine Maria tre sancte vergine, le quali portavano in mano tre bossoli di latovaro di smisurato odore e soavità. Allora la vergine Maria gloriosa prese et aperse uno di queli bossoli, et tucta la casa fo ripiena d'odore; et prendendo di quello lattovaro con uno cucchiaio, lo diede allo 'nfermo, il quale sì stosto com'egli l'ebbe assaggiato, lo 'nfermo sentì sì grande conforto et tanta dolcezza, che l'anima non parea che potesse stare nel corpo, onde cominciò a dire: "Non più, o suavissima Matre di Yhesu Christo, vergine Maria benedecta, et salvatrice de l'umana generatione; non più, o medica benedecta; non più chè io non posso sostenere tanta soavità". ma la pietosa Matre, pure porgendo spesso ad lo 'nfermo de quello electuario, votà el primo vascello.
Et ella poi prese el secondo, mectevi el cocchiaio per darne ad costui; et egli dolcemente se rammaricava et diceva: "O dulcissima Matre de Dio, se l'anima mia è tutta liquefacta per l'odore et suavità del primo electuario, como porrò io sostenere el secondo? Io te prego, benedecta sopra tucti i santi, chè tu non me ne dìe più". Responde la Vergine Maria: "Assaggia, figliolo, pure un poco del secondo vascello". Et dandogline un poco dixe: "Omai, figliolo, tu ne hai tanto che ti può bastare. Confortate, però che presto verrò per te et menarotti al reame del mio Figliolo, el quale tu hai sempre desiderato".
Et dicto questo, se partì da lui, et remase sì confortato et consolato per la dolcezza, che per più dì visse satio et forte senza niuno cibo corporale. Et depo alquanti dì, alegramente parlando con li frati, con grande letitia et gaudio passò de questa vita misera et andòsene ad vita eterna.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
XLIX
DE FRATE IOHANNE DE LA VERNIA NATIVO DE LA MARCHA
Tra l'altri devoti et sancti frati et figlioli de sancto Francesco, i quali sonno la gloria del patre, secondo che dice Salomone, fo ad li dicti tempi ne la dicta Provincia de la Marcha el venerabile servo de Dio frate Iohanni da Fermo, el quale, per gran tempo che demorò nel sacro luoco de la Vernia, et ivi passò de questa vita, se chiama pure frate Iohanni de la Verna; però che fo homo de singulare vita et de gran sanctità.
Questo frate Iohanni, essendo fanciullo seculare, desiderava con tucto el cuore la via de la penitenza, la quale mantiene la munditia del corpo et de l'anima; onde, essendo piccolo fanciullo, comenzò ad portare la panziera alle carne nude, e' l circho de ferro per fare grande abstinentia; et maximamente quando dimorava con li canonici de sancto Pietro de Fermo, li quali vivevano splendidamente, et egli fugiva le dilitie corporali et mancerava el corpo suo cum grande rigidità de abstinentia. Ma havendo in ciò i conpagni molto contrati, li quali li spogliavano la panziera, et in diversi modi impedivano la sua abstinentia; egli spirato da Dio pensò de lassare el mondo con li suoi amatori et offerirse tucto ne le braccia del Cruxifixo, con l'abito del crocifixo sancto Francesco. Et così fece.
Essendo adonque recevuto a l'Ordine così fanciullo et conmesso a la cura del Magestro de li Novitii, deventò sì spirituale et devoto, che alcuna volta, odendo el decto Magestro parlare de Dio, el cuor suo se strugeva como la cera al fuoco; et così con grande suavità de gratia se rescaldava ne l'amore divino, che egli, non potendo star fermo, nè sostenere tanta suavità, se levava, et como ebrio de spirito discurreva hor per l'orto, hor per la selva, hor per la chiesa, secondo che la fiamma et l'impeto de lo spirito lo spengeva.
Poi, in processo de tempo, la divina gratia continuamente fece questa creatura angelica crescere de virtù in virtù et in doni celestiali et divine revelationi et rapti, in tanto che la mente sua alcuna volta era elevata ad splendore de' Cherubini, alcuna volta ad ardore de ' Seraphini, alcuna volta ad amorosi et excessivi abbracciamenti de Yhesu Christo, et non solamente per gusti spirituali dentro, ma etiandio per expressi signi da fuore, et gusti corporali. Et singularmente per exessivo modo una volta accese el suo cuore la fiamma del divino amore, che durò questa fiamma ben tre anni; nel quale tempo riceveva molte consolationi et visitationi divine et spesse volte era rapto in Dio; et brevemente nel decto tempo egli pareva tutto infocato et inceso ne l'amore de Yhesu Christo. Et questo fo nel sacro Monte de la Verna.
Ma però che Dio ha singulare cura de li suoi figlioli, dando ad loro, secondo diversi tempi, hora adversità, secondo che vede el loro bisogno ad mantenerli humili, overo per accendere el desiderio più ad le cose spirituali; piacque ad la bontà divina, dopo tre anni subtrahere da frate Iohanni questa fiamma de divino amore, et privòlo d' ogni consolatione spirituale; di che frate Iohanni remase senza lume et senza amore de Dio et tucto sconzolato, afflicto et adolorato. Per la qual cosa egli se ne andava per la selva così angoscioso discurrendo de là et de quà, chiamando con voci, con pianti e con suspiri el dilecto Sposo de l'anima sua, el quale se era nascosto el partito da lui, et senza cui presentia l'anima sua non trovava nè requie, nè riposo; ma in niun modo, nè in niun luogo poteva trovare el dolce Gesù, nè abbacterse ad quelli gusti de l'amore de Christo, como era usato. Et bastòli questa tribulatione molti dì, ne li quali egli perseverò in continuo piangere et sospirare et in pregare Dio che per la sua pietà gli rendesse el Dilecto de l'anima sua.
Quando piacque ad Dio de havere provta assai la sua patientia et acceso el suo desiderio, un iorno che frate Iohanni se andava per la selva così tribulato et afflicto, per lassezza se pure ad sedere ad lato ad uno fago (faggio), et stava con la faccia tutta bagnata per le lacrime et guardando verso el cielo; incontinente apparve Yhesu Christo presso ad lui nel vioctolo onde frate Iohanni era venuto, ma non diceva nulla. Et vedendolo frate Iohanni et reconoscendolo ch'egli era Yhesu Christo presso ad lui nel vioctolo onde frate Iohanni era venuto, ma non diceva nulla. Et vedendolo frate Iohanni et reconoscendolo ch' egli era Yhesu Christo, subito gli se gictò ad li piedi et con exmesurato pianto lo pregava devotissimamente, et diceva: "Succurrime, Signor mio, però che senza te, Angello, mansuetissimo, io sto in angoscie et in paura; senza te, Figliolo de Dio altissimo, io sto in confusione et in vergogna; senza te io sto spogliato de ogni bene, però che tu sii vera luce de l'anime; senza te io sò perduto et dannato, però che sii vita de l'anime et vita de le vite; senza te sò sterile et arido, però che tu sii fonte d'ogni dono et gratia; senza te io sò al tutto exconsolato, però che tu sii Yhesu nostra redemptione, amore et desiderio, pane confortativo et vino che relegra li cuori de li Angeli, et de tucti li Sancti. Illumina me, Magestro gratioso, et pastore pietosissimo, però che io sò tua pecorella, ben che indigna".
Ma però che el desiderio de li sancti homini, li quali Iddio indutia ad exaudire, sì li accende ad maiure amore et merito, Yhesu benedecto se parte senza exaudirlo et vàsene per lo vioctolo sopradicto. Alhora frate Iohanni se glieva su et curreli derieto et da capo se gli gictò ad li piedi, et con una sancta importunità sì lo retiene et con devotissime lacrime sì lo preca et dice: "O Yhesu dulcissimo, habi misericordia de me tribulato; exaudiscime per la moltitudine de la tua misericordia et per la verità de la salute tua, et rendime la letitia de la faccia tua et del tuo pretioso exguardo, però che de la tua misericordia è piena tucta la terra". Et Yhesu Christo anchora se partì et non gli dice nulla, nè gli dà alcuna consolatione; et fa como la madre al fanciullino quando gli fa bramare la poppa, et fàselo venire derieto piangendo, ad ciò che la prenda poi più volentieri.
Et frate Iohanni cum maiure fervore et desiderio sequita Christo; et ioncto che fo ad lui, Christo benedecto se rivolta verso lui et guardandolo col viso gratioso et alegro, aperse le sue sanctissime braccia et abracciòlo dulcissimamente. Et in quello aprire de braccia vide frate Iohanni uscire del suo sanctissimo pecto ragi de luce maravigliosa, i quali alluminarono tucta la selva et lui ne l'anima et nel corpo.
Alhora frate Iohanni se inginocchiò a li piedi de Yhesu Christo, et ad modo che ad la Magdalena li porse li piedi ad baciare benignamente; et frate Iohanni gli prese con somma reverentia et baciandoli gli bagnò con tante lacrime che apreva una altra Magdalena; et diceva: "Io te prego, Signor mio, che tu non guardi a li miei peccati, ma per la tua sanctissima passione, resuscita l'anima mia ne la gratia del tuo amore, cum ciò sia cosa che questo sia il tuo conmandamento, che noi te amiamo cum tucto el cuore et con tucto l'affecto (MATTEO; XXII, 37: MARCO; XII, 30: LUCA; X, 27); el quale conmandamento niuno pò adempire senza el tuo adiutorio. Aiutame adonque, dulcissimo Figliolo de Dio, sì che io ami te con tucto el mio core et con tucte le mie forze".
Et stando così in questo parlare innanzi a li piedi de Christo, fo exaudito, et rehebe da lui la prima gratia, cioè la fiamma del divino amore, et tucto se sentì renovato et consolato; et conoscendo el dono de la divina gratia essere retornato ad lui, comenzò ad regratiare Christo benedecto et devotamente abbracciare li suoi sanctissimi piedi. Et puoi rizandose per riguardare el Salvatore in faccia, Christo, gli porse le sue mano sanctissime ad basciare; et frate Iohanni se accostò al pecto de Yhesu Christo et abbracciollo et con grande devotione basciò quello sacratissimo pecto, et Christo abbracciò et basciò lui similemente. Et in questo abbracciamento sentì frate Iohanni tanto odore divino, che si tucte le spetie e l'altre cose adorifere del mondo fossero state radunate insieme, sarìano parute puza ad comparatione de quello odore; et alhora frate Iohanni fo tucto rapto et consolato et illuminato, et duròli quello odore ne la sua cella parecchi mesi. Et d'alhora innanzi da la sua bocca, abevarata ad la fonte de la divina Sapientia nel sacrato pecto del Salvatore, uscivano parole maravigliose et celestiali, le quali mutavano li cuori di chi le odiva et facevano grandi fructi a l'anime. Et nel vioctolo de la selva, nel quale stectero quelli gratiosi piedi de Christo, et per buono spatio d'entorno, sentiva frate Iohanni quello odore, vedeva quello splendore, quando andava a llì, ad grande tempo da poi.
Ritornando in sè frate Iohanni poi et disparendo la presentia corporale de Christo depo quello rapto, egli remase sì illuminato ne l'anima, che, benchè non fosse homo litterato per humano studio, non di meno maravigliosamente solveva le questioni subtilissime de la Trinità divina et de li profundi misterii de la Scriptura Sancta. Et molte volte puoi, parlando denanti al Papa et a li Cardinali, ad li Regi et Baroni, et Magestri et Dottori tucti li metteva in grande stupore per l'alteza de le sue parole et profonde sententie che diceva.
Ad laude de Christo. Amen.
L
COMO PER LA MESSA DE FRATE IOHANNI MOLTE ANIME FUORONO LIBERATE
Dicendo una volta frate Iohanni la Messa el dì depo Omniasancti per l'anime de tucti morti, secondo che la Sancta Chiesa ha ordinato, offerse con tanto affetto de carità e con tanta compassione quello altissimo Sacrificio (el quale per la sua efficacia l'anime de li morti desiderano sopra omni altro bene che per loro se possa fare), che pareva che egli tucto se extrugesse per pietà et carità fraterna. Per la qual cosa in quella Messa levando el Corpo de Christo et offerendo ad Dio padre el Sacrificio pregandolo per amore del suo benedecto Figliolo Yhesu Christo, che per ricomperare l'anime perdute volse morire in Croce, gli devesse piacere de liberare da le pene del Purgatorio l'anime de li morti da lui create e recomperate; incontinente egli vide quasi infinite anime uscire del Purgatorio, ad modo de faville de fuoco innumerabili che uscivano de una fornace accesa, et videle salire in cielo per li meriti de la Passione de Yhesu Christo, el quale omni dì è offerto per li vivi et per li morti in quella Hostia sacratissima.
Ad laude de Yhesu Christo. Amen.
LI
COMO FRATE IOHANNI HEBE UNA VISIONE DE FRATE IACOBO DE FALLERONE
Al tempo che frate Iacobo da Fallerone, homo de grande sanctitò, el quale stava grandemente infermonel luoco de Magliano ne la Custodia de Fermo, odendo de la sua infirmità frate Iohanni supradecto, el quale demorava alhora nel luoco de la Massa, et perchè lo amava como suo caro patre, se puse in oratione per lui, pregando Dio devotamente che al decto frate Iacobo rendesse sanità del corpo, si fosse sua salute.
Et stando in questa devota oratione, fo rapto in exstasi et vide ne l'aere uno grande exercito de Angeli sancti stare sopra la cella sua, la quale era ne la selva, con tanto splendore, che tucta la contrada de intorno ne era alluminata. Et fra questi Angeli vide frate Iacobo, per cui egli pregava, stare in vestimenti candidi tutto resplendente, vìdivi anchora fra loro sancto Francesco adornato de le sacre Stigmate de Yhesu Christo con multa gloria. Vìvidi anche et ricognobevi frate Lucido sancto, et frate Matteo Antiquo da Monterubbiano et altri frati, li quali non haveva mai veduti nè cognosciuti in questa vita. Et riguardando così frate Iohanni quella beata schiera de Sancti con grande dilecto, gli fo revelato de certo la salvatione de frate Iacobo, et che de quella infirmità deveva morire; ma non così presto, et depo la morte, deveva andare ad Paradiso. De la quale revelatione frate Iohanni haveva tanta alegreza per la salute de l'anima sua, che de la morte corporale poco se doleva, ma con grande dolceza lo chiamava fra sè medesimo dicendo: "Frate Iacobo, mio dolce padre; frate Iacobo, mio dolce fratello; frate Iacobo , fidelissimo servo et amico de Dio; frate Iacobo, conpagno de li Angeli et consorte di li Beati". E così in questa certezza che ne haveva per divina rivelatione ritornò in sè, et subito se
partì del luoco et andò ad Magliano ad visitare frate Iacobo.
Et trovandolo sì aggravato che appena poteva parlare, sì gli annuntiò la morte del corpo et la salute de l'anima et la gloria, secondo la certeza che ne haveva havuta per quella revelatione; di che frate Iacobo tucto realegrato ne l'animo et ne la faccia, lo recevette con grande letitia, regratiandolo de le buone novelle che gli portava e reconmendandose ad lui devotamente. Alhora frate Iohanni lo pregò caramente che depo la morte sua devesse tornare ad lui et parlargli de lo stato suo; et frate Iacobo gli promise, si piacesse ad Dio de permetterlo. Et decte queste parole, appressandose el hora del suo passamento, frate Iacobo comenzò ad dire quello verso del salmo devotamente: IN PACE IN IDIPSUM DORMIAM ET REQUIESCAM (SALMO IV, 9). Et decto questo verso, con lieta faccia passò de questa vita.
Et puoi che fo seppellito, frate Iohanni se retornò al luoco de la Massa et aspectava la promessa de frate Iacobo, che tornasse ad lui in quel dì che haveva promesso. Ma el decto dì gli apparve Yhesu Christo con grande conpagnia de Angeli et de Sancti, fra quali non era frate Iacobo; onde frate Iohanni, maravigliandose molto, recomandòlo devotamente ad Christo. Puoi el dì seguente, orando frate Iohanni ne la selva, gli apparve frate Iacobo accompagnato da li Angeli, tutto glorioso et lieto, et frate Iohanni gli dixe: "O patre, perchè non sii tornato ad me quel dì che promettesti?". Et frate Iacobo respuse: "Però che io haveva bisogno de una purgazione; ma in quella hora che Yhesu Christo te apparì et me gli reconmendasti, fusti exaudito et liberòmi da omni pena. Et alhora io apparì ad frate Iacobo, laico sancto, da la Massa, che serviva ad Messa et vide la Hostia consacrata convertita et mutata in forma de uno bellissimo fanciullo vivo, quando se levò el Signore, et dixeli: "Hogi con quello fanciullo me ne vo ad vita eterna, al quale reame niuno poteva andare senza lui". Et decte queste parole, frate Iacobo exparì et andòsene in cielo con tucta quella sancta conpagnia de Angeli; et frate Iohanni remase tucto consolato.
Morì el decto frate Iacobo la vigilia de sancto Iacobo Apostolo del mese di luglio (24 luglio ) nel supradicto luoco de Magliano; nel quale per i suoi meriti la divina bontà adoperò molti miracoli depo la sua morte.
Ad laude Christo. Amen.
LII
COMO FRATE IOHANNI VIDE TUCTE LE COSE CREATE
El sopradecto frate Iohanni, però che perfectamente haveva abnegatoomni dilecto et consolatione mundana, et in Dio haveva posta tucta la sua speranza, la divina bontà li donava maravigliose consolationi et revelationi, specialmente nelle sollennità de Christo; onde una volta appressandose la Natività de Yhesu Christo, ne la quale egli aspectava consolatione de la dolce humanità de Yhesu Christo benedecto, lo Spirito Sancto gli mise sì excessivo amore ne l'anima sua de la carità de Christo, per la quale se era humiliato ad prendere la nostra humanità, che veramente gli pareva che l'anima gli fosse tracta dal corpo et che ardesse como una fornace. El quale ardore non potendo sofferire, tucto se angosciava et struggevasi et gridava ad alta voce, però che per lo impeto de lo Spirito Sancto et per lo troppo fervore de l'amore non se poteva contenere dal gridare.
Et in quella hora che quello exmesurato fervore gli veniva, haveva certa speranza de la sua salute, intanto che, si alhora fusse morto, non credeva passare per lo Purgatorio. Et questo amore gli durò ben sei mesi, benchè quello excessivo fervore non avesse così continuo, ma venevali certe hore del dì.
Et in questo tempo et poi recevecte molte consolationi et visioni maravigliose da Dio; et più volte fo rapto, sì come vide quel frate che da prima scripse queste cose.
Fra le quali, una volta fo sì elevato in Dio et rapto, che vide in lui Creatore tucte le cose create celestiali et terrene, et tucte le loro perfectioni et gradi et ordini distincti. Et alhora conobe chiaramente como omni cosa creata representava el suo Creatore, et como Dio è di sopra, dentro, et de fuore, et da lato ad tutte le cose create. Appresso conobe uno Dio in Tre Persone, et la infinita carità la quale fece incarnare el Figliolo de Dio per la obedienza del Padre. Et finalmente conobe che non c'era niuna altra via per andare ad vita eterna, si non per Yhesu Christo benedecto, el quale è via, verità et vita (GIOVANNI; XIV, 6) de l'anime.
Ad laude de Christo. Amen.
LIII
MIRABILE COSA CHE ADVENNE AD FRATE JOHANNI DICENDO LA MESSA
Ancora el decto frate Iohanni dicendo la Messa nel sopradecto luoco de Magliano, secondo che recitarono li frati che furono presenti, advenne una volta, la prima notte depo la ottava de sancto Lorenzo, infra la ottava de l'Assumptione de la Donna, havendo decto Matutino in chiesa con gli altri frati, et sopravenendo in lui la illuminatione de la sancta contemplatione, se ne andò ne l'orto ad contemplare la passione de Christo, et despùsese cum tucta la sua devotione ad celebrare la Messa, la quale gli toccava la matina ad cantare. Et stando in contemplatione de le parole sacramentali cioè: HOC EST ENIM CORPUS MEUM, et considerando la infinita carità de Christo, per la quale ce volse non solamente recomperare col suo pretioso sangue, ma etiandio lassarce per cibo de le nostre anime el suo dignissimo Corpo et Sangue; comenzòli ad crescere in tanto fervore et in tanta suavità lo amore del dolce Yhesu Christo, che l'anima sua non poteva più sostenere tanta dolceza, ma gridava forte, et como ebrio de spirito fra sè medesimo non restava de dire: HOC EST CORPUS MEUM; però che dicendo queste parole, gli pareva vedere Christo benedecto con la Vergine Maria et con moltitudine d'Angeli. Et in questo era illuminato da lo Spirito Sancto de tutti profundi et alti misteri de quello altissimo Sacramento.
Et venuta l'aurora egli entrò in chiesa con quello fervore et con quelle parole non credendo essere odito da persona; ma in coro stava uno frate in oratione, el quale vedeva et odiva tucto. Et non potendo in quello fervore contenerse per la abundantia de la divina gratia, gridava ad alta voce; et tanto stecte in questo modo, che fo hora de dire la Messa; onde, essendo parato, andò a l'altare.
Et comenzando la Messa, quanto più seguiva oltra, tanto più gli cresceva el amore divino et quello ardore de la caritade, col quale egli era dato ad uno sentimento de Dio ineffabile, el quale egli medesimo non sapeva et non poteva exprimere con la lingua. Di che temendo egli che quello fervore et sentimento de Dio non durasse tanto che egli non potesse fornire la Messa, fo in grande dubio et non sapeva qual parte prendersi, o de procedere oltra ne la Messa o de aspectare. Ma perchè altre volte gli era advenuto simile cosa, el Signore haveva sì temperato quello fervore, che non gli era convenuto lassare la Messa. Or confidandosi de poter far così questa volta, con gran timore se mise ad procedere oltra ne la Messa.
Et pervenendo infine al prefatio de la Donna, gli comenzò si ad crescere la divina illuminatione et suavità de l'amore divino, che venendo ad la parola che dice “Qui pridie” appena poteva sostenere tanta suavità et dolceza.
Finalmente iognendo a l'acto de la consecratione et dicendo sopra l'ostia le parole debite, cioè: HOC EST, dixe, et non poteva procedere più oltra, ma pur queste replicava. La cascione perchè egli non poteva procedere più oltra, si era che sentiva et vedeva la presentia de Christo cum multitudine de Angeli, la cui maiestà egli non poteva sofferire; et vedeva che Christo non intrava ne l'hostia, o vero che l'ostia non se transubstantiava nel Corpo de Christo, si egli non proferiva l'altra metà de le parole, cioè; CORPUS MEUM. Di que stando in questa ansietà et non procedendo più oltra, el guardiano et gli altri frati et molti secolari che erano in chiesa per odire la Messa, se appressarono a l'altare et stavano tucti expaventati ad vedere et considerare l'acti de frate Iohanni; et multi de loro piangevano per devotione.
A la fine, depo lungo spatio, frate Iohanni proferì: CORPUS MEUM, ad altra voce; et subito la forma del pane exparì, et ne l'hostia apparì Yhesu Christo benedetto incarnato et glorificato, et demostròli la humilità et la carità la quale omni dì lo fa venire ne le mani del sacerdote, quando consacra l'ostia. Per la qual cosa egli fo anchora più elevato in dolcezza de contemplazione. Onde levato che hebe l'ostia e calice consacrato, egli fo rapto fuore de sè medesimo; et essendo l'anima suspesa da li sentimenti corporali, el corpo suo cadè indietro, et si non che fo sostenuto dal guardiano, che gli stava derieto, che temeva de ciò, egli sirìa caduto supino in terra. Accorendovi li frati et li secolari li quali erano in chiesa, homini et donne, si lo portarono in sacristia como morto, però chè l'corpo suo era raffredato como corpo de homo morto, et de dita de le mano erano attrappate sì forte, che non se potevano ponto distendere nè muovere. Et in questo modo stette così rapto infino ad terza. Et però che io fui presente ad questo, desiderava de sapere quello che Dio haveva operato inverso de lui, onde egli, però che se fidava molto de me, me narrò tucto el facto per ordine. Et fra l'altre cose me dixe che consecrando egli el Corpo de Christo, e l'Sangue el quale era in su l'altare, et inanzi, el cuore suo era liquido como cera stemperata, et la carne sua gli pareva che fosse senza ossa, per tal modo che quasi non poteva levar le braccia nè le mani per fare el segno de la croce sopra al calice. Anco me dixe che inanzi che se facesse prete, gli era stato rivelato che deveva venire meno ne la Messa; ma, però che haveva decte molte. Messe et questo non gli era advenuto, pensava che la rivelatione non fosse stata da Dio. Et nientedemeno el dì denanti l'Assumptione de la Donna, nel quale el sopradecto caso gli advenne, ancho gli era stato da Dio revelato che quel caso gli deveva advenire circa la festa de l'Assumptione, ma poi non se ne ricordava de la revelatione.
Ad laude de Christo. Amen
F I N E
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